06 Mag 2020

Employer Branding: come sviluppare la propria strategia aziendale

Employer Branding: come sviluppare la propria strategia aziendale

Per essere competitive le aziende hanno bisogno di attrarre e mantenere talenti. Per riuscirci devono mettere in atto diverse strategie ed una di queste è l’employer branding. Quest’ultima aiuta l’azienda a essere più visibile e a creare affinità verso i dipendenti attuali e futuri. In sostanza si tratta di avere una cultura aziendale e di saperla comunicare bene, all’interno e all’esterno. E’ importante in quanto riguarda la percezione che gli altri hanno dell’azienda, stakeholder e  dipendenti compresi. Si può chiamare reputazione, senza confonderla però con una facciata dietro cui c’è il vuoto. Deve essere supportata da valori e azioni reali ed inoltre l’azienda deve anche saperla comunicare perché altrimenti rischia di perdere la gara dell’acquisizione di talenti.  Secondo uno studio del 2013 condotto su un campione di popolazione degli Stati Uniti che dice che l’84% dei lavoratori sarebbe disposto a cambiare azienda se venisse contattato da un’altra con una migliore reputazione. Fra l’altro quest’ultima è fondamentale per attrarre i millennial ed è proprio fra loro che ci sono la maggior parte dei talenti. A questo punto è chiaro che le aziende devono lavorare per conquistare il cuore e la mente dei dipendenti. La chiave è la cultura aziendale, la quale  influisce sul clima, sulla motivazione e anche sulla reputazione. Essa, per esempio, si deve percepire anche nelle offerte di lavoro preparate dalle Risorse Umane e poi nel processo di selezione. D’altra parte gli stessi professionisti delle HR sanno bene che l’employer branding è diventato un fattore essenziale. Questa strategia però non è nemmeno qualcosa che possa essere gestito esclusivamente dalle Risorse Umane. È chiaro che si devono mettere in movimento anche Management, Marketing e Comunicazione e per giocarsela davvero bene dovrebbero motivare gli stessi dipendenti a diventare advocate — ovvero ferventi sostenitori — dell’azienda. Ma quali sono in sostanza i benefici che ne trarrebbero? Tanto per cominciare un ambiente coinvolgente e appagante rende i dipendenti più motivati ed efficaci. In più, un lavoratore che si identifica con i valori dell’azienda è leale e quindi l’azienda guadagna in termini di retention e turnover. In questo modo l’azienda riesce ad attrarre più facilmente i candidati ideali.

Come funziona l’employer branding e la comunicazione interna/esterna

L’ascolto è essenziale e prima di pensare ad attrarre nuovi candidati bisogna pensare ai dipendenti che si hanno. In questo caso si può lavorare con un’indagine interna, magari sotto forma di sondaggio, per capire cosa pensano dell’azienda. Per esempio si può chiedere loro “Cosa diresti ai tuoi amici dell’azienda?” oppure “Cosa ti piace di più del tuo lavoro in azienda? Quali sono gli aspetti migliori?”. Anche le exit interview fanno capire cosa funziona e cosa no e tutto questo aiuta anche a sviluppare la cosiddetta Employee Value Proposition, ovvero cosa l’azienda può offrire ai propri dipendenti, cosa la distingue dalle altre aziende, quali sono i valori sui cui si fonda, e così via. È chiaro però che se i dipendenti raccontano che l’azienda non è soddisfacente o si lamentano di alcuni aspetti, a quel punto i problemi non vanno insabbiati ma affrontati in modo tale che i lavoratori si sentano ascoltati e coinvolti. Dopo la comunicazione interna si deve pensare a quella verso l’esterno e lì entrano in gioco tutta una serie di possibilità dall’offline all’online. Infatti i canali social — anche prima del sito — sono quelli che vengono presi in considerazione dai potenziali candidati. Perciò bisogna scegliere con cura i canali da attivare e poi bisogna usarli per bene, senza essere troppo autoreferenziali e curando l’ascolto e le conversazioni. L’employee advocacy è un ottimo strumento e diverse aziende hanno già messo in atto dei programmi appositi. Esso, inoltre, aiuta anche a costruire la comunicazione sui canali social. Infatti se i dipendenti sono coinvolti e l’azienda li gratifica poi saranno più propensi a parlarne sui social e a condividerne i contenuti. Le aziende, d’altro canto, devono ricordarsi di dare un minimo di educazione digitale e non è detto che tutti sappiano come muoversi online. In generale però la cosa interessante è che si lavora con i dipendenti che ci sono già. A volte, però, si rischia di vedere l’employer branding solo come qualcosa di utile ad attrarre nuovi candidati. Invece è importante anche per la retention, per far sentire partecipi i dipendenti che già si hanno. Ad esempio, le aziende che non possono competere con il salario, possono usufruire della cultura e del clima aziendale per poter trattenere i dipendenti migliori. E’ fondamentale renderli partecipi dei progetti dell’azienda, così come creare un ambiente in cui loro riescano a vedersi in futuro, in modo tale che riescano a immaginare una crescita professionale e umana.

La fase di uscita del dipendente

Anche la fase di uscita del dipendente, per quanto sia poco auspicabile, può servire a rafforzare la reputazione dell’azienda. Se l’ex-dipendente ha un buon ricordo dell’azienda può essere un valido advocate. In più,  l’exit interview è un momento molto utile per raccogliere dati e informazioni sulla percezione dell’azienda, su aspetti positivi e negativi. Quindi bisogna agire in concreto ed evitare che l’employer branding sia solo una questione di marketing. L’azienda deve avere degli obiettivi chiari e misurabili, prevedendo anche dei momenti in cui misurare le varie attività, valorizzando la propria immagine in modo tale da attirare i migliori talenti e trattenere i dipendenti che mantengono alta la produttività dell’azienda.

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