07 Nov 2018

La social collaboration: l’individuo al centro dei processi aziendali

La social collaboration: l’individuo al centro dei processi aziendali

L’azienda che non riuscirà a ingaggiare i suoi utenti con la stessa esperienza d’uso che questi provano nella quotidianità frenerà di fatto il proprio potenziale d’innovazione. La capacità di far circolare, di gestire e di utilizzare le informazioni per accelerare i processi decisionali è oggi infatti un requisito indispensabile per ogni organizzazione. Ma per soddisfarlo, è necessario che l’innovazione sia orientata alla dimensione umana – a partire dalle capacità di comunicazione e di collaborazione – e che sia supportata da tecnologie – interfacce d’uso e intelligenza artificiale in primis – in grado di non creare discontinuità tra il modo in cui le persone vivono e lavorano.

L’obiettivo è quindi creare e diffondere la conoscenza, e stimolare e governare la circolazione delle informazioni attraverso forme di collaborazione efficienti e flessibili. Le piattaforme di social management rispondono a questa esigenza: da una parte rispecchiano il nuovo trend comunicativo social, dall’altra permettono di gestire meglio i processi, analizzare e storicizzare i flussi comunicativi  per creare una conoscenza aziendale condivisa e al contempo favorire l’engagement tra le persone.

Le aziende italiane stanno cogliendo l’importanza della collaborazione e dei suoi immediati impatti sulle performance aziendali. Da una recente indagine di IDC, emerge che oltre il 50% delle medie e grandi imprese italiane percepisce come benefici dell’adozione di una piattaforma di collaborazione la maggiore affidabilità e la maggiore velocità dei processi e delle persone.

L’imperativo della social collaboration è progettare i processi di comunicazione e collaborazione con l’individuo al centro: il dipendente, il partner, il cliente. Le imprese che ci stanno riuscendo stanno abbattendo i silos aziendali, alimentando la cultura del talento, migliorando l’interazione dell’intera organizzazione sul piano delle conversazioni, dei contenuti e dei dati, con l’ausilio di tecniche di intelligenza artificiale e di machine learning.

Naturalmente, esistono ancora barriere da superare, evidenzia IDC: per esempio, che non tutti i lavoratori sono “knowledge worker” e hanno compreso appieno le potenzialità delle tecnologie digitali; oppure il fatto che sono ancora poche le imprese italiane che investono per favorire l’engagement di tutte le tipologie di lavoratori; infine, che sebbene i modelli SaaS siano più agili, efficienti e a prova di futuro, molte aziende italiane ancora non ritengono il cloud un’alternativa in grado di offrire la sicurezza e i livelli di personalizzazione richiesti.

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