17 Set 2019

Lo Smart working

Lo Smart working

Lo smart working, letteralmente lavoro agile, si configura come un nuovo approccio dell’organizzazione verso il lavoro e il dipendente, approccio capace di superare il format della prestazione vincolata ad una sede e a degli orari e di offrire spazio ad una cultura manageriale che fondi il perseguimento di obiettivi – e, dunque, misuri la performance – sui risultati anziché sul numero di ore lavorate ovvero di procedimenti curati.

Se prendiamo in considerazione la definizione che ne fornisce la legge, vale a dire una “modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementarne la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” appare possibile sinteticamente chiarire che nel nostro Paese – a legislazione vigente – lo smart working consiste in una prestazione lavorativa che si differenzia da quella comunemente in uso, in quanto eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva; inoltre, l’attività lavorativa può essere svolta tramite l’utilizzo di strumenti tecnologici che assicurano la maggiore flessibilizzazione dei processi lavorativi e permettono ai lavoratori di operare in asincrono.

I principi alla base dello smart working risultano essere, quindi, autonomia e responsabilità. Non è facile lavorare al di fuori degli spazi canonici (logistici e funzionali) dell’ufficio: richiede spiccate competenze di organizzazione, di orientamento agli obiettivi e ai risultati, di problem solving nonché di concentrazione, per non correre il rischio di farsi assorbire dalle pratiche quotidiane facilmente accessibili nell’ambiente (anche domestico) in cui si svolgerà il lavoro, o essere agevole preda di distrazioni nel caso di ambienti non convenzionali. E chiaramente è richiesto di avere solide competenze informatiche per poter tracciare e rendicontare il frutto del proprio lavoro, da discutere con una figura chiave: il leader agile, che ha il compito sia di ricondurre le regole agli obiettivi di lavoro, lontani da un approccio comando-controllo, sia di alimentare nuove modalità operative e prendere le decisioni per effettuare riunioni di lavoro.

Al leader agile spetta il compito di sostenere, attraverso un modello basato su feedback di miglioramento e di riconoscimento, le performance (oggettivamente inequivocabili) e i comportamenti del proprio team attraverso una cultura basata sulla fiducia, anche quando si verificano risultati disattesi rispetto agli obiettivi concordati. A questa figura compete di generare opportunità di crescita sugli errori dei colleghi, oltre che di rendersi il punto di riferimento stabile che riconduce ogni attività allo scopo primario di successo per l’azienda.

La fiducia diventa elemento essenziale nelle relazioni aziendali, fondamentali per un corretto funzionamento dell’impresa, mentre la flessibilità costituisce il tratto distintivo dei nuovi modelli di lavoro, che sempre più devono adeguarsi ai continui mutamenti del moderno contesto competitivo. Altri due aspetti chiave dello smart working si sostanziano nella collaborazione e nella comunicazione. L’autonomia sul lavoro, infine, favorisce un maggiore coinvolgimento dei dipendenti ad ogni livello dell’azienda.

Altro elemento che supporta lo smart working è il gruppo di lavoro, che per soddisfare i requisiti di complementarietà e di autosufficienza in termini di competenze e di ruoli, ha bisogno di nutrirsi attraverso la relazione: ecco che il coordinamento e lo scambio di conoscenze tra team risulta essere un ulteriore importante elemento attraverso il quale il leader agile diventa coach e può portare a valorizzare ed estendere esperienze virtuose, ma anche rendere note le esperienze più critiche su cui generare nuove soluzioni e opportunità di apprendimento utilizzando il confronto esteso e la leadership partecipativa, che mantengono il collante tra le persone al lavoro che facciano parte della stessa realtà.

Da qui il bisogno di fare crescere nei lavoratori la responsabilità del risultato, in grado di produrre effetti, rispetto alla crescente necessità di soddisfare le esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nello spirito del “work life balance”. Per raggiungere tali traguardi appare indispensabile, da un lato, favorire lo spirito di collaborazione con valorizzazione dei talenti, così da fare maturare relazioni professionali che fondino sulla gestione intelligente del lavoro; dall’altro, garantire l’accesso a strumenti e sistemi tecnologici che assicurino la massima condivisione delle informazioni e la veicolazione delle comunicazioni occorrenti ad elevare la performance delle persone al lavoro.

Emerge, dunque, l’esigenza di pensare a nuovi spazi fisici, evolvendo dal layout tradizionale, basato essenzialmente sulla fisicità delle pareti di un ufficio, verso una varietà di ambienti progettati per adattarsi al meglio a diverse tipologie di attività.

Il contesto innovativo può caratterizzarsi anche per la presenza di differenti professionalità, così da promuovere la costituzione di gruppi di lavoro in grado di catalizzare persone orientate all’innovazione e alla collaborazione come nell’esperienza del co-working [4], che si basa su tre parole chiave:

– sviluppo,
– imprenditorialità,
– innovazione.

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Tocca al processo di innovazione il merito di realizzare un ambiente molto più stimolante, in cui sono favorite la generazione di idee e l’innovazione, prodromiche a una maggiore opportunità di apprendimento non disgiunta, peraltro, da una riduzione dei costi immobiliari.

Il coworking, è un nuovo modo di lavorare in assenza di rivalità. I cosiddetti coworker possono interagire in modo tale che ognuno, pur svolgendo in maniera indipendente il proprio lavoro, metta il proprio talento al servizio di un progetto comune. Si tratta di quel luogo dinamico in cui diverse persone, anche non operanti nello stesso settore o medesimo progetto, lavorano condividendo l’ambiente fisico e le risorse di un normale ufficio. Ovviamente, anche quando il lavoratore svolga la propria prestazione fuori dai locali aziendali – non essendo necessario che utilizzi una postazione fissa – il datore di lavoro resta comunque responsabile della sicurezza sia dei lavoratori che dei dati e dei software della organizzazione, con l’onere di dovere garantire il pieno e regolare funzionamento di questi ultimi.

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