08 Apr 2020

SFATIAMO i FALSI MITI SULLO SMARTWORKING

SFATIAMO i FALSI MITI SULLO SMARTWORKING

Lo Smart Working (o lavoro “agile”) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro dipendente, svolto tipicamente da casa. Diversamente dal telelavoro lo smart work può permettere non solo una flessibilità del luogo di lavoro ma anche una flessibilità di orario. Fare smartworking vuol dire infatti applicare un modello nuovo di fare lavoro, svincolato dal concetto di tempo e da una particolare sede fisica che quindi può sia coincidere con l’abitazione del dipendente ma spaziare in altri scenari quali spazi di co-working o anche sfruttare in modo diverso e smart lo spazio aziendale ad esempio con attività di desk-sharing. Molte aziende hanno ancora delle perplessità e dei dubbi su questa modalità di lavoro.

Principalmente ci sono dei falsi miti sullo smart working che portano le aziende ad avere dei dubbi, falsi miti che riguardano soprattutto la produttività del lavoratore. Prima di capire cosa pensano le aziende è importante analizzare la reale difficoltà dello smart working, questo perché è necessaria maturità e disciplina personale per non perdere realmente il tempo. Ritrovarsi a lavorare “liberamente” sfruttando la flessibilità di luogo e tempo di lavoro autonomamente richiede ottima organizzazione e soprattutto concentrazione, questo perché il rischio di distrazione è ovviamente maggiore. Problemi che in parte sono presenti anche in ufficio e non sempre la presenza del capo cambia la situazione. I datori di lavoro pensano infatti che la loro presenza aumenta la produttività e la concentrazione del lavoratore, questo significa che l’eventuale assenza porta il lavoratore ad approfittarsene e rende lo smart working inutile.

Il primo falso mito :

Le persone se ne approfittano. Si tende a pensare che i dipendenti se sono lontani dalla vista del proprio capo non lavorino bene, che approfittino dell’autonomia che il modello dello smart working concede loro e questo non è vero ma, al contrario , lavorare “per obiettivi” responsabilizza le persone e le renda più produttive.

Il secondo falso mito:

Lo smartworking non permette la diffusione dello spirito aziendale creando isolamento.

Purtroppo questo non è altro che il frutto di una cultura ancora non matura ma soprattutto, ancora una volta, dell’uso improprio dei termini che portano a pensare che si possa fare smartwotking solo da casa, cosa assolutamente lontana dalla verità. Questo falso mito deriva da una confusione tra lo smart working e il telelavoro che ha effettivamente questo inconveniente”: il lavoratore  nel primo caso sceglie liberamente come alternare il lavoro in ufficio con il lavoro da altri luoghi (per esempio altre sedi della propria stessa azienda, spazi di coworking), nel secondo invece è stabilmente a casa.

Il terzo falso mito :

Lo smart working può essere apportato solo per alcuni lavori, in questo caso evitare categoricamente tale possibilità è errato, si deve di certo modificare il metodo e capire come sfruttarlo al meglio.

Il quarto falso mito:

Lo smartworking è solo questione di cultura. La tecnologia è un accessorio secondario.

Anche questa affermazione non è totalmente corretta. Sebbene la cultura manageriale è sicuramente importante e costituisce un elemento imprescindibile, la tecnologia spesso considerata una pura commodity costituisce, nello smartworking, un pilastro fondamentale per la buona riuscita del progetto. Aldilà dello svolgimento puro della mansione attraverso gli strumenti informatici, non si può fare a meno di comunicare e condividere in entrambe le direzioni affinché le attività di dipendenti e collaboratori trovino il corretto allineamento che porti al raggiungimento del risultato aziendale, la vera anima dello smartworking.

UN PROBLEMA REALE: LA COMUNICAZIONE

Uno dei principali rischi dello smart working dipende dal come si comunica. I problemi connessi alla comunicazione possono essere molti, e molto diversi: in primo luogo, il lavoratore agile può avere problemi nel comunicare ai colleghi e al capo le proprie difficoltà e le proprie sensazioni.

La comunicazione può essere molta, troppa, ma non efficace; poca e non abbastanza, o giusta, ma senza dettagli: calibrare ciò che si dice al proprio team da remoto, non è facile e serve pratica per capire cosa comunicare, e quando farlo.

Comunicare significa un insieme di azioni, come ascoltare, vedere, parlare, ma la comunicazione tramite tastiera è solo una minuscola parte di tutto questo. Mentre digitate, vi state perdendo gran parte di ciò che uno dice, ovvero gesti, tono di voce, espressioni facciali. Così comunicare con i colleghi può diventare davvero complesso ma vi sono alcune soluzioni che possono semplificare il processo. Innanzitutto, bisogna darsi tempo per capire quali siano le modalità migliori per noi: c’è chi preferisce la mail, chi la chat, e chi la chiamata perché si fa prima. Idealmente parlando, la cosa migliore è stabilire delle priorità, e utilizzare un canale (come Slack ad esempio) dove il team si aggiorna in tempo reale su ciò che succede.

Non bisogna dire ai colleghi tutto ciò che si fa per controllarsi a vicenda e far vedere che si sta lavorando, ma per tenersi semplicemente aggiornati e facilitare il lavoro altrui. Inoltre, si dovrebbero prediligere le chiamate-video smartworking.

 

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