29 Apr 2020

LA GESTIONE DI UN TEAM A DISTANZA

LA GESTIONE DI UN TEAM A DISTANZA

Il coronavirus ha cambiato il mondo del lavoro e la sua organizzazione, forzando le aziende ad abbracciare il lavoro da remoto come non era mai successo prima. La sfida non è scevra di problemi e difficoltà, come ad esempio quello di gestire un team di lavoro a distanza.

L’idea di gestire un team di lavoro a distanza fino a soli 20 anni fa era pura follia. Internet ha cambiato la storia, e le Aziende stanno imparando ad adeguarsi. Nel mondo moderno in continua evoluzione e in rapido sviluppo, è quasi impossibile immaginare qualcosa di stabile e stazionario. La comunicazione, il lavoro di squadra e la società stessa sono cambiate radicalmente. Oggigiorno, infatti, sempre più aziende e freelance offrono i loro servizi a livello globale, trasformando il posto di lavoro virtuale da una mera eccezione alla normalità. Questa tendenza offre innumerevoli opportunità a professionisti ed aziende da ogni angolo del mondo. In Italia sempre più aziende attivano processi di lavoro a distanza, trasferendo parte del lavoro del personale in modalità remota. Gestire in modo efficace una squadra da remoto rappresenta, quindi, la nuova sfida per i project manager!

Ecco allora una serie di suggerimenti per aiutare il project manager nella organizzazione e gestione di un team di lavoro a distanza.

  1. Scegliere i profili più giusti per il team

Il primo punto fondamentale riguarda la scelta dei profili più giusti per il team. Tutti sognano di lavorare comodamente da casa, ma solo pochi riescono a farlo. Riuscirci effettivamente con professionalità e senza farsi sopraffare dalle attività quotidiane non è semplice. In un ufficio tradizionale, l’ambiente è forzatamente più sociale e si interagisce con i colleghi anche perché evitarli è praticamente impossibile. Alcune persone hanno bisogno di quel livello extra di responsabilità sociale per funzionare correttamente nella loro posizione ma ci sono anche altre persone che riescono a gestirsi da sole, riuscendo, anche a distanza, ad organizzare il proprio carico di lavoro in autonomia e ad essere allineate con il lavoro del team. È fondamentale quindi assumere questo secondo tipo di lavoratore in un team che deve lavorare a distanza. Questa persona non ha bisogno di stare con gli altri per lavorare febbrilmente e proficuamente al suo compito. Squadre remote efficaci sono composte da individui auto-motivati che possono completare i compiti in tempo senza essere gestiti da vicino. Questi lavoratori devono essere impegnati nella comunicazione e sanno che una comunicazione chiara, dettagliata e continua è vitale per un team in buona salute. Inoltre, si impegneranno e faranno ogni sforzo per interagire con il resto del team ogni giorno. In generale, però, è molto più facile fingere di essere un professionista su Internet che nella vita reale. Pertanto, prima di assumere qualcuno, è necessario assicurarsi della sua competenza, della sua esperienza e delle sue conoscenze del settore. Ma come si fa quindi a sapere se una persona è realmente quella giusta per il lavoro? Una possibile e semplice soluzione è di iniziare con una prova e probabilmente basteranno un paio di settimane per capire se il collaboratore è valido per il progetto o se è meglio cercare ancora.

  1. La Comunicazione

Il secondo punto su cui focalizzarsi è quello della comunicazione che risulta essere una chiave fondamentale all’interno della gestione di un gruppo di lavoro a distanza. Una comunicazione chiara e regolare è la chiave del successo di qualsiasi lavoro di squadra ed infatti nel caso di team remoti, l’interazione continua e fluida rappresenta la linfa vitale. Oggigiorno c’è un’abbondanza di servizi gratuiti o a pagamento che facilitano la gestione del team virtuale. A seconda dello scopo della comunicazione e della sua urgenza, si può scegliere lo strumento più adatto ai membri del team. La chat, ad esempio, si è dimostrato da subito uno strumento molto apprezzato e diffuso. Essa rappresenta infatti un unico luogo per comunicare, parlare dei singoli progetti ed avere la cronistoria di quanto accaduto. Capita spesso, infatti, che nelle discussioni emergano attività da farsi, non programmate o previste. Chattare con i colleghi, anche senza parlare sempre di lavoro, non danneggia certamente il processo ma al contrario, aiuterà le persone a legarsi più strettamente, proprio come una squadra. Questo aiuterà ogni componente a sentirsi importante per gli altri membri del team. Dunque se in generale, la strategia migliore è quella di avere tutto in un solo luogo, esistono alcuni casi in cui è necessario utilizzare altri strumenti di comunicazione. Questo avviene quando le situazioni si complicano e ci sono problemi che devono essere gestiti “faccia a faccia”. Skype, Google Hangouts, GoToMeeting o altri software di videoconferenza sono a volte indispensabili per una collaborazione remota di successo. A volte, è necessario vedere le emozioni di una persona e parlarci direttamente per capire come stanno andando le cose. Tutto ciò serve ad avere il polso di cosa sta realmente accadendo dall’altra parte. Inoltre, è consigliabile inoltre pianificare dei meeting regolari, settimanali o mensili e la cadenza sarà dettata dalla frequenza con cui è necessario comunicare con il team. In questo modo, è possibile capire lo spirito con cui i collaboratori stanno lavorando e questo di conseguenza aiuterà il Project Manager ed essere sicuro dell’allineamento del Team sugli obiettivi di progetto.

Gli strumenti utili per la comunicazione

Gli strumenti che vengono utilizzati per la comunicazione ed il controllo all’interno del team sono importanti ma, sfortunatamente, non determinano sempre il successo del progetto su cui si sta lavorando. Il successo del progetto infatti dipende sempre dalle persone assunte e dal modo in cui si costruisce il processo di lavoro complessivo. Quando si ha a che fare con un team a distanza, la risposta ad una domanda del project manager potrebbe non essere immediata ed infatti, a volte, il project manager potrebbe aspettare molte ore prima di ricevere una risposta. Questo a causa, ad esempio, di una differenza di fuso orario. Ecco perché è necessario implementare un sistema facile e trasparente di tracciamento e segnalazione dei progressi. Ogni professionista dovrebbe avere una chiara visione e comprensione del passo che sta facendo e di quello che verrà dopo. Strumenti per la gestione del team in remoto aiutano tutti i membri del team ad essere sulla stessa linea d’onda.

 In generale questi strumenti aiutano le persone a:

  • rimanere organizzate;
  • pianificare il lavoro in modo efficace,
  • essere più produttive.

Ruoli, obiettivi e aspettative ben definiti aiutano ogni membro del team a svolgere i task in modo più produttivo e indipendente.

  1. L’importanza dei feedback e la fiducia

Un ulteriore punto fondamentale è dato dal fatto che ogni relazione salutare si basa sulla fiducia e sulla comunicazione e ovviamente la gestione remota del team non fa eccezione a questa regola.

Il project manager deve essere consapevole delle aspettative della squadra ed i collaboratori, a loro volta, dovrebbero sapere esattamente cosa il project manager si aspetta da loro. È facile infatti perdere la motivazione e “la guida” quando si lavora lontano dal resto del team e quando la comunicazione non è eccellente. Per questo costruire un ascolto empatico è fondamentale e proprio per questo motivo un buon manager di team remoto non dovrebbe solo preoccuparsi del completamento delle attività.

Dovrebbe anche mostrare un genuino interesse per il benessere generale dei membri del team,interessarsi della loro soddisfazione per il lavoro ed essere attento ad eventuali ulteriori aspettative. L’auto-motivazione di un dipendente è un must per i lavori a distanza ed infatti essa non durerà per sempre senza una corretta comunicazione, feedback e interazione.

Inoltre, anche chiedere regolarmente al team un feedback è fondamentale. Se si sono ingaggiate persone preparate e volenterose, perché non chiedere loro quanto sono soddisfatti del modo in cui stanno andando le cose? Perché non chiedere quali sono le loro idee su eventuali miglioramenti dei processi aziendali? Una nuova prospettiva ed una idea pervenuta dal Team remoto, può migliorare molto lo sviluppo del progetto.

In conclusione è possibile affermare quanto il mondo della tecnologia sia fantastico e quanto possa rendere quasi tutto possibile. Ma, d’altro canto, siamo esseri umani e per noi “essere in relazione” è un elemento fondamentale. Nell’era della tecnologia si sta mostrando in tutta la sua pienezza l’altro aspetto della medaglia. Gestire team remoti quindi rappresenta sicuramente una sfida in quanto a distanza, organizzare il processo di lavoro, monitorare le attività dei membri del team e tenere traccia del flusso del lavoro è molto più difficile che in un ufficio. Tuttavia, i semplici consigli all’interno di questo articolo aiuteranno in questo compito.

In questo modo, sarà possibile avere un gruppo di dipendenti fedeli, laboriosi, produttivi e soddisfatti che aiuteranno a raggiungere prima gli obiettivi aziendali.

 

29 Apr 2020

Paura e Coraggio? Paura e coraggio.

Paura e Coraggio? Paura e coraggio.

Nel corso degli eventi persistono sempre molte frasi in cui le persone per sdrammatizzare i momenti bui propri o altrui dicono che bisogna avere la forza necessaria di dover superare le proprie paure, che la vita è una continua battaglia ma nessuno poi spiega bene come bisogna agire o come bisogna affrontare tutto ciò. Le informazioni provenienti dall’esterno non sono di certo ben incoraggianti difatti non fanno altro che aumentare le nostre angosce o perplessità. Le varie tipologie di paure, a parte alcune innate, che viviamo durante il corso della nostra vita come il contesto ambientale e sociale, la famiglia, le nostre relazioni, ci possono condizionare sull’insorgenza di nuove paure.

Inoltre tutto ciò che si presenta di nuovo e che non possiamo gestire viene visto come minaccioso, come un piccolo sonaglio o campanello d’allarme che ci consente poi di scappare da ciò. Ciò può essere del tutto controproducente inoltre non permette di fortificarci. Dalla paura non si può scappare. Cosa possiamo fare?

Dobbiamo accettarla così come ci si presenta, convincersi che non bisogna abbattersi e superarla non del tutto ma a piccoli passi.

Cosa serve in tutto ciò? Il coraggio.

Il coraggio non è pertanto una dote innata, ma è un tipo di comportamento che apprendiamo nell’arco della nostra vita. Il solo pensiero di affrontare la paura e minimizzare l’emozione in sé che si prova è già un atto di coraggio. Avere coraggio significa avere la prontezza di affrontare al meglio qualsiasi sfida ti si capiti, specie nei momenti in cui le cose non sembrano andare come si deve.

Le persone munite di coraggio non sono sempre persone tutte d’un pezzo o forti come sembrano. Infatti di solito si rivelano essere semplici persone comuni. Un esempio lampante in questo momento ricollega questo termine a quelle persone che fanno dei lavori che richiedono tanta forza di volontà e tanti sacrifici come i dottori e gli infermieri.

Avere coraggio non vuole dire non avere paura: vuol dire continuare il proprio cammino, nonostante la paura. Senza paura non c’è coraggio, senza coraggio la paura non esiste. Sono due facce della stessa medaglia, due linfe vitali che aiutano l’individuo a crescere ed evolversi per il meglio nel corso della sua esistenza.

Quali sono i consigli per vincere la paura?

Ecco qui semplici suggerimenti di vita quotidiana per il controllo delle piccole paure o di leggeri stati d’ansia.

“Ti serve un po’ di tempo per te, non andar di fretta.”

Non pensare al fatto che l’ansia ti stia divorando. Scrivi su un quaderno i tuoi pensieri. O se non ti piace scrivere prepara una tazza di thè, concentrandoti unicamente su ciò che fai enon sul resto. Concentrati su un unico obiettivo e ammira il distacco.

“Controlla il tuo battito cardiaco.”

Se avverti un battito cardiaco più veloce o hai le mani sudate, non ti agitare, non opporti alle tue sensazioni, non sono pericolose. Osserva, ascolta, impara. Siediti, o distenditi. Appoggia una mano sulla pancia e controlla il ritmo del tuo respiro. Dopodichè respira lentamente, e ascolta il tuo respiro.

“Affronta tutto ciò che temi.”

Se eviti quello che ti fa paura, la tua paura aumenterà. Avrai paura anche di te stesso. Affronta ciò che ti spaventa. Se oggi non riesci a prendere l’ascensore, ripromettiti di riprovarci domani.

“Chiedi in giro e combatti la paura.”

Hai paura di rimanere intrappolato in un ascensore? Hai paura di essere aggredito da qualche animale? Chiedi a quante persone è successo. A nessuno? Allora rifletti. Se riesci ad esprimere ciò che provi ti sentirai meglio. Parlane con un amico, un familiare – se pensi che ti possano sopportare. Altrimenti parlane con uno psicologo. Li hanno costruiti per quello.

“Evita la ricerca della perfezione.”

Vorresti essere perfetto? Aspiri alla perfezione? Hai paura di non farcela? Vivi nel terrore di non essere all’altezza, di non poterla raggiungere? La perfezione non esiste, rilassati.

“Pensa ad un luogo che ti rende serena.”

Prenditi un momento, e chiudi gli occhi. Immagina un luogo sicuro e tranquillo. Potrebbe essere un angolo che ami della tua casa, una spiaggia lungo la quale hai camminato, un sentiero di montagna, un prato fiorito. Potrebbe essere un luogo, un ricordo felice dell’infanzia o una persona. Rilassati.

22 Apr 2020

OTTIMISMO E PENSIERI POSITIVI PER VIVERE MEGLIO

OTTIMISMO E PENSIERI POSITIVI PER VIVERE MEGLIO
È importante riuscire a mantenere l’ottimismo in questo momento difficile, durante l’emergenza Coronavirus. In queste condizioni eccezionali è del tutto normale provare emozioni negative come paura, ansia, rabbia, confusione, senso di inutilità e impotenza. Eppure resistere e riuscire ad affrontarle è possibile anche nelle condizioni più dure e dolorose, e persino riuscire in esse a prosperare e rifiorire. Essere ottimisti non significa recitare frasi magiche senza convinzione. Avere un atteggiamento positivo equivale ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni e sentirsi in grado di intervenire sulla propria realtà.  L’ottimismo è la disposizione psicologica che induce a scegliere e considerare prevalentemente i lati migliori della realtà, oppure ad attendersi uno sviluppo favorevole del corso degli eventi. In numerosi studi, una visione ottimistica è associata in modo significativo a una migliore salute, che ricordiamo essere diversa dalla semplice assenza di malattia come sancito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità già nel 1998 e che corrisponde a «uno stato dinamico di completo benessere fisico, mentale, sociale e spirituale, non mera assenza di malattia».

Come afferma Pietro Trabucchi, autore di numerosi libri sulla perseveranza e la resilienza, possediamo dentro di noi come un insieme di risorse che abbiamo ereditato dal passato e che costituiscono la nostra resilienza. Ed è proprio la resilienza la norma negli esseri umani, non la fragilità; la resilienza psicologica, ovvero la capacità di persistere nel perseguire obiettivi difficili, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà che ci si presentano. È dunque una capacità umana universale quella di affrontare, superare e addirittura uscire rinforzati da esperienze negative. Per cui una delle chiavi per riuscire ad aumentare i nostri stati positivi e prosperare anche in mezzo alle difficoltà  è la capacità di mantenere e sviluppare un pensiero ottimista.

IL PENSIERO FALSO- POSITIVO

Il pensiero per essere efficace non può rifiutare la realtà, piuttosto dovrebbe aiutare ad affrontarla al meglio. Il vero pensiero positivo favorisce l’incontro con le tue potenzialità interiori, con le tue capacità. Un pensiero per essere considerato positivo non può essere superficiale ed escludere, piuttosto deve andare in profondità, favorire la comprensione (dal latino com-prendere ‘com’+’prehendere’ ossia “prendere con“).Pensare “va tutto bene” anche quando si sta soffrendo equivale a negare e rifiutare la sofferenza. Il dolore per essere superato non va negato ma vissuto ed ascoltato. Per questo per gestire le emozioni è necessario imparare a scegliere con cura i pensieri che formuliamo. Anche se i pensieri sembrano nascere spontaneamente, essi provengono da una parte molto profonda di noi. Una volta giunti nella sfera della consapevolezza possiamo scegliere quali di essi coltivare e rafforzare, quali invece è necessario lasciare andare.

COME SVILUPPARE IL PENSIERO POSITIVO

Martin Seligman, uno dei ricercatori più famosi dell’ottimismo, nonché fondatore della Psicologia Positiva, afferma come essere ottimisti dipenda dallo stile di attribuzione che siamo soliti adottare. Lo stile di attribuzione non è altro che il modo in cui abitualmente spieghiamo a noi stessi perché accadono eventi che ci riguardano.
In generale chi è ottimista ritiene che gli eventi positivi che gli succedono (per esempio una promozione, un bel voto, il fidanzamento con un buon partner etc.) dipendano dalle proprie caratteristiche, che considera stabili e durature e che riguardano la sua persona. La persona pessimista ritiene che gli eventi positivi siano dovuti al caso o alla fortuna o ad altro. In pratica, chi è ottimista ritiene che le cose negative siano dovute a situazioni limitate e non del tutto controllabili da lui, mentre il pessimista è tipico incolparsi delle  situazioni negative che gli capitano come se dipendessero da lui e da sue caratteristiche permanenti. Per qualcuno l’ottimismo è un atteggiamento spontaneo e una filosofia di vita: altri invece, stentano a vedere il bicchiere mezzo pieno e tendono ad avere una visione più problematica degli eventi quotidiani. Eppure, ormai lo sappiamo bene, il pensiero positivo è un alleato importante del buon vivere e vale senz’altro la pena imparare qualche facile strategia che ci aiuti vivere meglio.
UN SALVADANAIO DI RICORDI BELLI – Invece di focalizzare l’attenzione su quello che non va, concentriamoci sui momenti piacevoli che ci capita di trascorrere.  Visto che, specie quando siamo giù di corda, è facile avere la memoria corta, creiamo un luogo in cui collocare la nostra collezione di ricordi felici. Può essere una cartella nel Pc o nello smartphone in cui salvare le foto di momenti lieti e divertenti.
PENSIAMO AGLI ALTRI – Invece di consumarci nel risentimento per qualcosa che ci aspettavamo di ricevere e che invece non è arrivato, concentriamoci su un gesto generoso da compiere a favore di qualcun altro. Il rancore e la delusione sono sentimenti negativi che ci avvelenano e che ci costano, tra l’altro, molte energie.
PARLARE POSITIVO – Il linguaggio deriva dal nostro modo di pensare, ma nello stesso lo condiziona. Se, alzandoci al mattino, ripetiamo in continuazione quanto ci sentiamo stanchi, avvertiremo ancora di più la fatica. Troviamo un modo per esprimere il concetto in modo alternativo. Qualche esempio? “E’ dura ma ce la posso fare!”;“Stasera andrò a letto più presto”
ALLENA LA PROSPETTIVA POSITIVA – Ogni sera prima di andare a dormire scrivi tre cose che sono andate bene durante la giornata e spiega i motivi per cui questo è accaduto.
UNA PREOCCUPAZIONE ALLA VOLTA E SOLO SE SERVE – Ammettiamolo: ci arrabbiamo spesso per piccole cose di scarsa importanza. Impariamo a pesare i nostri motivi di risentimento e a riservarli a ciò che davvero conta. Un piccolo trucco: quando sentiamo che la collera monta, chiediamoci se domani mattina saremo ancora arrabbiati per quella cosa: se la risposta è no, tanto vale sfogarsi per qualche minuto e poi dimenticare tutto subito.

22 Apr 2020

COME GESTIRE RIUNIONI A DISTANZA IN MODO EFFICACE

COME GESTIRE RIUNIONI A DISTANZA IN MODO EFFICACE

Da ormai più di un mese molte sono le aziende che sono costrette a lavorare con modalità di telelavoro. Per telelavoro si intende un modo di lavorare indipendente dalla localizzazione geografica dell’ufficio o dell’azienda, facilitato dall’uso di strumenti informatici e telematici e caratterizzato da una flessibilità sia nell’organizzazione, sia nella modalità di svolgimento. Lavorare a distanza significa organizzarsi non solo il proprio lavoro ma anche quello dell’intero gruppo che deve continuare a cooperare senza la possibilità di una presenza fisica. Quindi, l’obiettivo è quello di mantenere il contatto con i propri colleghi (lavorando ognuno dalla propria abitazione) e assicurare la continuità del business anche in questo periodo di emergenza.

Tra le varie attività del lavoro a distanza, quella che viene considerata dai lavoratori come la più “scomoda” riguarda la gestione efficace delle riunioni. Si tratta di una situazione che mostra sicuramente le maggiori differenze rispetto alla normale routine quotidiana di costante presenza fisica.

Perché le riunioni sono così fondamentali?

Durante le riunioni si scambiano idee, si assegnano incarichi, si assumono impegni e il brain storming assume un ruolo centrale. Faccia a faccia, in collegamento virtuale o combinando entrambe le modalità, le riunioni sono un’opportunità per confrontarsi con i colleghi, discutere di progetti critici e problematiche, individuare i passi successivi da compiere per portare a termine il lavoro in corso e collaborare per ottenerne altri. Se strutturate efficacemente, le riunioni sono produttive, stimolanti e fruttuose, poiché diventano un potente strumento decisionale, di aggregazione e motivazionale. In caso contrario, risultano fonte di distrazione, sono noiose e prive di scopo: un’enorme perdita di tempo. Le riunioni hanno lo scopo di condurre le persone a comunicare. Un gruppo di persone che si riunisce, condividerà informazioni di valore o proporrà idee innovative. Per raggiungere un risultato positivo, è fondamentale mettere assieme le persone giuste e far capire a ciascuno il proprio ruolo.

Per questo motivo di seguito verranno definiti alcuni punti-chiave per gestire al meglio le riunioni in telelavoro, sia dal punto di vista tecnologico, che da quello organizzativo e di coordinamento.

Organizzare riunioni a distanza

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Definire un regolamento

In una riunione online può essere difficile gestire gli interventi dei vari partecipanti, con il rischio di avere più voci in contemporanea e ridurre al minimo la comprensione. Creare un regolamento di gestione della riunione può semplificarne lo svolgimento e renderla più efficace. Ecco un paio di consigli:

  • richiedere l’intervento attraverso l’alzata di mano (in presenza di supporto video) oppure prenotando il proprio turno nella chat della conference call;
  • spegnere il microfono quando non si deve parlare;
  • dare un limite massimo per le presentazioni, dando priorità ad interazione e confronto, perché la soglia dell’attenzione “a distanza” è più bassa rispetto alle riunioni in compresenza.

I compiti dell’organizzatore

L’organizzatore deve:

  • Identificare obiettivi chiari;
  • Impostare un ordine del giorno e condividerlo per tempo;
  • Fornire materiali di lettura preparatori;
  • Fornire i collegamenti corretti, i numeri di chiamata e i codici di accesso, testando inoltre gli strumenti di collaborazione virtuale in anticipo;
  • Al termine della riunione riassumere i punti chiave per assicuravi un allineamento del pensiero generale;
  • Definire le “azioni” da fare appena terminata la riunione, in modo tale che ogni partecipante sappia esattamente come agire in risposta alle tematiche affrontate. Solitamente è buona prassi che il meeting sia seguito da una email/documento riepilogativo condiviso dall’organizzatore (o un suo collaboratore) con tutti i partecipanti.

Il ruolo dei partecipanti

I partecipanti devono:

  • Posizionarsi in un ambiente tranquillo per ridurre al minimo i suoni e le distrazioni mentre si effettua la chiamata;
  • Comprendete il proprio ruolo nella riunione e lo scopo della stessa;
  • Prepararsi adeguatamente: leggere l’ordine del giorno e i materiali per la riunione;
  • Lasciarsi coinvolgere: ascoltate, riflettete e contribuite;
  • Restare concentrati: resistete alla tentazione di occuparvi di più compiti contemporaneamente;
  • Prestare attenzione alle azioni per cui sono i responsabili.

Punti-chiave tecnologici

  • Prima di tutto bisogna utilizzare una tecnologia di facile integrazione: non c’è uno standard univoco per le video conference, per cui è necessario assicurarsi che la propria piattaforma sia di facile integrazione con altri sistemi. Alcune soluzioni più utilizzate a livello aziendale sono: Microsoft Teams, Zoom, Skype for business.
  • La qualità video: la comunicazione non-verbale è fondamentale nel comprendere i messaggi e questa, nelle riunioni in telelavoro, può facilmente essere persa se la qualità del video non è buona (espressioni facciali, gesti, postura). Per questo dotarsi di una strumentazione adeguata è fondamentale: una fotocamera di qualità e una connessione internet stabile e potente, che eviti cadute di linea e continue interruzioni.
  • La qualità audio: Un’acustica scadente in una chiamata in conferenza spesso è arginabile tramite dispositivi vivavoce con sistema di cancellazione dell’eco. Cuffie/auricolari e microfono a cancellazione del rumore sono uno strumento indispensabile per chi partecipa a una chiamata. E, se gli utenti che non intervengono possono escludere il proprio microfono, la chiamata in conferenza è più comprensibile e produttiva;
  • Prove generali: è importante fare sempre una prova generale della strumentazione per non farsi trovare impreparato nel momento della riunione.
  • Batteria carica: assicuratevi che il vostro pc/telefono sia sufficientemente carico ad alimentare il vostro dispositivo per tutta la riunione, anche qualora dovesse dilungarsi.
  • Sistema di backup: Tieniti sempre pronto con una soluzione di backup, in modo tale che se qualcosa andasse storto puoi ridurre al minimo lo spreco di tempo e proporre una soluzione alternativa per il regolare svolgimento del meeting. Ad esempio è possibile gestire l’audio attraverso il telefono, pur mantenendo la riproduzione video con lo schermo del PC.

Le 7 virtù per il mondo delle riunioni virtuali

  1. CHIAREZZA: Parlate quando necessario e chiaramente per essere sentiti e compresi.
  2. COERENZA: Negli ambienti virtuali, i partecipanti incappano in numerose distrazioni. Pertanto, attenetevi all’ordine del giorno. Potrete poi consentire al gruppo di introdurre ulteriori argomenti alla fine dell’incontro.
  3. MODERAZIONE: Potenza e tono della voce svolgono un ruolo molto importante, specialmente nelle riunioni con solo audio: a volte tutto dipende da come si pronuncia una frase e non dal suo contenuto.
  4. SILENZIO: Se non è il vostro turno, restate in silenzio. Il rumore di fondo crea distrazione.
  5. INTRAPRENDENZA: Siate attivi nella conversazione, ma non prevaricate. Quando si partecipa in remoto a un incontro, è fin troppo semplice distrarsi oppure intervenire senza dare modo agli altri di confutare le vostre affermazioni.
  6. PAZIENZA: Abbiate particolare tatto con i partecipanti la cui lingua madre non è quella utilizzata nella riunione. Ascoltate attentamente e parlate lentamente.
  7. IMPEGNO: È semplice distrarsi quando si partecipa a una riunione in chiamata. Concentratevi su quanto viene detto e intervenite nella discussione quando è possibile.

 

#restiamoumani #restiamouniti e #restiamoacasa

15 Apr 2020

La violenza domestica durante la quarantena: qualche misura per prevenirla

La violenza domestica durante la quarantena: qualche misura per prevenirla

Dall’entrata in vigore delle misure restrittive del governo per il contenimento del Coronavirus, i cittadini devono stare a casa perché solo lì possono stare al sicuro.

Ma questo vale per tutti?

Sicuramente stare a casa aiuta la gente a proteggersi dai contagi di questo nuovo virus ma non si può dire altrettanto per tutte quelle donne che sono vittime di violenza domestica. Per loro la casa non è assolutamente un luogo sicuro: restare a casa e condividere costantemente lo spazio con i propri aggressori per molte donne potrebbe creare le circostanze in cui la propria incolumità viene ulteriormente compromessa.

Da quando il Governo ha ordinato ai cittadini di restare a casa, i centralini dei centri antiviolenza hanno smesso di squillare. Infatti, è complicato per una donna che è rinchiusa in casa con l’uomo maltrattante riuscire a chiamare per chiedere aiuto. Questo accade, secondo le operatrici, durante i weekend o i periodi di vacanza quando le donne si trovano a stretto contatto con i loro partner abusanti e quindi i momenti per telefonare o chiedere aiuto sono sempre più difficili da trovare.

Durante la quarantena, il rischio è prolungato.

E mentre il mondo è alle prese per sconfiggere questo nuovo virus, le violenze continuano.

È importante ricordare che quando si vivono situazioni stressanti, la violenza può aumentare. Infatti, secondo Claire Barnett, responsabile nel Regno Unito di UN Women, è ormai dimostrato che in tempi di incertezza economica e instabilità sociale gli abusi tra le mura di casa aumentano: «Quando le comunità subiscono ulteriori stress, i tassi di violenza crescono».

Tutto questo rappresenta anche un enorme rischio per i bambini: vivere in un contesto di violenza domestica mina profondamente il bisogno di sicurezza di bambini e bambine, alterando il loro benessere e compromettendo il loro sviluppo sotto diversi punti di vista.

Prevenire la violenza durante la quarantena

Per le vittime di violenza domestica costrette a rimanere a casa con i loro molestatori, è fondamentale trovare il modo di ridurre al minimo l’esposizione a aggressioni. Quando un maltrattatore e una vittima vengono messi in quarantena insieme, l’obiettivo è quello di adottare misure volte a prevenire l’aggressività.

Ecco a voi qualche consiglio utile per prevenire la violenza domestica in questo periodo delicato:

  • Pianificare la sicurezza domestica

Tra le preoccupazioni per le minacce alla salute fisica, alcuni maltrattatori possono manipolare le vittime trattenendo l’accesso a farmaci, cibo e altri prodotti utili. Alcune vittime che si sono trovate in questo dilemma possono scegliere di lasciare una scorta di beni sanitari essenziali a familiari o vicini se temono che il loro partner possa sequestrare le loro provviste in casa, al fine di garantirsi l’accesso a ciò di cui hanno bisogno.

  • Eliminare le potenziali armi

I familiari che vivono con un individuo violento possono limitare preventivamente l’accesso alle armi. Non si tratta solo di armi da fuoco, perché un partner violento nei momenti di rabbia potrebbe usare qualsiasi cosa come arma: coltelli affilati, oggetti pesanti e/o con bordi affilati a portata di mano anche se posizionati in alto. Guardatevi intorno nella cucina per vedere quanto sarebbe facile, nella maggior parte delle occasioni, afferrare qualcosa che potrebbe essere usato come arma. Oggetti comuni come elettrodomestici o grosse tazze, possono essere riposti in modo sicuro, in alto negli armadi o in altri luoghi che richiedono più tempo e maggiore difficoltà per essere raggiunti. Le potenziali vittime ripuliscono i pensili in tutte le stanze da oggetti facili da afferrare che possono essere usati come armi.

  • Utilizzare gli spazi disponibili

Le vittime possono decidere di andare a fare una breve passeggiata fuori per prendere un po’ d’aria. A volte un’altra opzione consiste nel fare una pausa su un balcone o addirittura in un veicolo chiuso a chiave, a condizione che le vittime ricordino di prendere sempre con sé il telefono, l’iPad, le medicine o qualsiasi altra cosa di cui possano aver bisogno.

Si consiglia inoltre alle vittime di assicurarsi che tutti i loro dispositivi rimangano carichi, anche a casa, nel caso in cui debbano fare una chiamata d’emergenza per evitare maltrattamenti.

  • La distrazione come difesa

I partner in relazioni instabili, bloccati a casa insieme, possono definire alcune attività piacevoli, programmi televisivi o persino pasti speciali che potrebbero essere utilizzati per distogliere l’attenzione dagli affronti. È importante distogliere l’attenzione tempestivamente, prima che la rabbia raggiunga un livello eccessivo. Quando ci sono più membri della famiglia che vivono con un individuo instabile, potrebbero spartirsi questa responsabilità per contare sulla forza della maggioranza, condividendo così gli sforzi ragionevoli.

L’obiettivo è di creare un diversivo che può aiutare a ridurre la tensione.

  • Il supporto fondamentale 

Molti maltrattatori hanno un comportamento migliore in presenza di altri, ma in questo periodo è difficile avere più persone vicine.  In caso di emergenza, e quando si vuole cercare aiuto, è utile concordare una parola dal significato neutro da usare in una telefonata a un familiare o un amico, che potrà poi venire in vostro aiuto o chiamare, se necessario, i soccorsi.

Come chiedere aiuto ai tempi del Coronavirus

I Centri antiviolenza nazionali garantiscono la prosecuzione dell’attività e sono disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per consulenze telefoniche e accoglienza delle persone che hanno bisogno di aiuto. In caso di violenza domestica si può chiamare il numero nazionale 1522, sempre attivo e gratuito, con “un’accoglienza disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo”. È possibile anche consultare il sito “dire contro la violenza”, per individuare il centro più vicino alla vittima, per chiedere aiuto. In caso di pericolo immediato, invece, ci si può rivolgere alle forze dell’ordine o al pronto intervento, chiamando i numeri 112 (carabinieri), 113 (polizia) o 188 (emergenza sanitaria). Nonostante le restrizioni imposte dal decreto, le vittime di violenza possono uscire di casa, per recarsi in un centro o dalle forze dell’ordine e chiedere aiuto: si tratta, infatti di una situazione di necessità.

 

15 Apr 2020

COME AFFRONTARE UN COLLOQUIO A DISTANZA

COME AFFRONTARE UN COLLOQUIO A DISTANZA

Molte aziende non si stanno fermando e, anzi, sono alla ricerca di nuove risorse per permettere la continuità lavorativa. Se fino a qualche mese fa, sempre più spesso, veniva chiesto ai candidati se fossero stati disponibili per un video-colloquio conoscitivo, ultimamente questa è diventato obbligatorio. I colloqui, compresi quelli video, tendono a verificare le skills già proposte nel curriculum vitae della risorsa. Durante il colloquio, l’azienda tende a capire la persona, il carattere, in modo da percepire le future possibilità lavorative. Le skills cambiano da lavoro a lavoro, quelle che non passano mai di moda sono: la flessibilità, l’adattamento, lo spirito di squadra, l’essere una persona positiva, determinata e concentrata. A seconda di ogni lavoro, poi, queste skills possono modificarsi. Ecco le regole per affrontare al meglio un colloquio di lavoro a distanza, in particolare via Skype: tutto quello che c’è da sapere per fare una buona impressione.

La tempistica, per cominciare

Della serie, chi ben comincia: assicuratevi di non essere in ritardo, e se i vostri selezionatori sono all’estero ricordatevi di prendere in considerazione i diversi fusi orari. Verificate, inoltre, le impostazioni della privacy in modo che il selezionatore possa trovarvi e contattarvi facilmente. Per non creare confusione, decidete prima chi sarà ad effettuare la chiamata. Infine, assicuratevi di avere un “piano B”: scambiatevi prima i numeri di telefono nel caso in cui possano insorgere dei problemi, e concordate un alternativa (come ad esempio, un colloquio di “riserva” al telefono).

Aspetti tecnici da controllare

La video-intervista richiede anche una preparazione “tecnica”. Assicurati che tutti i dispositivi siano funzionanti (computer, webcam, microfono, connessione a internet, etc.) e che siano assicurate la qualità dell’audio e del video. Per evitare qualsiasi tipo di disturbo dall’esterno, consigliamo di silenziare gli altri dispositivi attorno a te.

Attenti all’ambiente

L’ambiente che ci circonda: tutto deve essere perfetto. A familiari o coinquilini dite del colloquio e chiedete di non essere disturbatati. Inoltre, sul vostro computer chiudere qualsiasi programma che possa essere fonte di distrazione durante il colloquio: social network, email, musica.. Infine lo sfondo: quello che si vede dietro di voi dev’essere in ordine.

Scegliere un abbigliamento adatto

Scegli un abbigliamento adatto ad un qualsiasi colloquio face-to-face e che non si riduca alle solo zone inquadrate durante il colloquio; un imprevisto o la richiesta di un documento lontano dalla postazione potrebbe richiederti di alzarti, sii sempre pronto a qualsiasi evenienza.

Il video-colloquio consente la lista scritta da controllare

Uno dei lati positivi del video-colloquio è che hai la possibilità di avere davanti a te un elenco di memo utili per la chiacchierata: dalle informazioni sull’azienda alle qualità che meglio ti descrivono, dall’annuncio di lavoro alle competenze più in linea da sfoggiare per quell’opportunità. Ovviamente, non si può leggere il proprio testo di presentazione, ma una struttura del discorso può aiutare per sentirsi più sicuri e combattere l’ansia.

La ripresa del video-colloquio non deve essere troppo vicina

Anche se mediato da una webcam, la comunicazione con il recruiter deve tenere conto dello spazio e delle distanze giuste. Una ripresa troppo ravvicinata, infatti, può creare disagio nell’ascoltatore; come al contrario, un’inquadratura lontana trasmette distacco. Inoltre, fai attenzione che la telecamera sia sempre all’altezza del tuo sguardo.


Adesso è il momento: buona fortuna. 

08 Apr 2020

L’insonnia: consigli utili per combatterla

L’insonnia: consigli utili per combatterla

Gli eventi stressanti della quotidianità possono influire sulla qualità del sonno. Soprattutto in questo momento delicato, ci troviamo faccia a faccia con il regno della notte: è il periodo dell’insonnia.

Che cos’è l’insonnia?

L’insonnia è un disturbo del sonno caratterizzato da una difficoltà di inizio, durata, mantenimento o qualità del sonno. Si tratta di un disturbo molto diffuso, che interessa circa il 30% della popolazione, soprattutto le donne e gli anziani. Il disturbo determina una serie di conseguenze diurne negative. Tra queste, le principali sono cattivo umore, irritabilità, difficoltà cognitive, eccessiva sonnolenza durante le ore del giorno.

Secondo l’International Classification of Sleep Disorders (ASDA, 2005) è possibile distinguere cinque forme di insonnia primaria: disturbo di insonnia da adattamento, insonnia soggettivainsonnia da inadeguata igiene del sonnoinsonnia idiopaticainsonnia psicofisiologica.

L’insonnia psicofisiologica è la più comune forma di insonnia primaria poiché si sviluppa a causa di due elementi principali: le preoccupazioni del soggetto riguardo all’insonnia e alcuni processi di condizionamento. E se nemmeno stasera riuscissi a dormire? Dopo una occasionale notte insonne dovuta a motivi di stress, eventi ansiogeni o traumatici, lutti o problemi di salute, il soggetto, in prossimità dell’ora in cui abitualmente va a dormire, svilupperebbe dei pensieri intrusivi disfunzionali riguardo all’insonnia (“e se nemmeno stasera riuscissi a dormire?”, “non ci vorrebbe proprio un’altra nottata in bianco!”, “devo assolutamente riuscire a dormire”, “domani ho una giornata impegnativa, non posso permettermi di non dormire”), che hanno conseguenze negative per il sonno.

Succede che a furia di sforzarsi nel dormire, la persona ottiene un risultato paradossale: rimanere sveglio.

Al circolo vizioso cognitivo si aggiunge un condizionamento che investe tanto gli stimoli interni quanto quelli ambientali. I pensieri e gli stati mentali, ma anche la camera da letto, le abitudini serali e i rituali che si svolgono prima di coricarsi si associano allo stare a letto con il rimanere svegli e il non riposare. È proprio per la presenza di fattori di mantenimento cognitivi e comportamentali che un’insonnia acuta e situazionale (dovuta ad un particolare periodo o evento) si trasforma gradualmente in un’insonnia cronica.

L’ansia, lo stress e le tensioni quotidiane costituiscono i principali imputati nell’origine dell’insonnia. Oltre alla componente psicologica, anche altri fattori gravano pesantemente sulla qualità del sonno. Tra questi, ricordiamo: abuso di sostanze eccitanti, alcolismo, ansia, dolore, malattie del sistema nervoso, rumori esterni, sindrome delle gambe senza riposo, sindrome premestruale, sospensione di farmaci ipnotici, tossicodipendenza.

Un ulteriore fattore di rischio ben definito per l’insonnia è l’utilizzo dello smartphone. Infatti, molte volte quando abbiamo difficoltà nell’addormentarci, tendiamo ad utilizzare il nostro telefono senza sapere che gli schermi illuminati di smartphone e tablet emettono le cosiddette onde blu, ovvero luce a breve lunghezza d’onda che ha un forte impatto sulla sonnolenza diurna, poiché ritarda il rilascio della melatonina, rendendo così più difficile prendere sonno di notte. Così facendo, lo schermo luminoso va a danneggiare i nostri ritmi circadiani, influenzando così la successiva fase REM (Rapid Eye Movement), fase del sonno fondamentale per l’apprendimento e la memoria: se andiamo a dormire più tardi del solito, ma continuiamo a svegliarci alla stessa ora, la nostra fase REM ne risulta fortemente accorciata e non dobbiamo dunque stupirci se le nostre capacità mnestiche e cognitive il giorno dopo non siano adeguate!

Le conseguenze dell’insonnia

 L’insonnia fa male alla salute e ha conseguenze negative sulla qualità della vita.

  • Le persone che dormono in media meno di sette ore hanno probabilità più alte di avere valori della pressione sanguina superiori alla norma.
  • Chi dorme poco e male, inoltre, presenta eccessiva sonnolenza diurna e deficit di attenzione, concentrazione e memoria che influiscono negativamente sull’attività lavorativa.
  • Ad essere colpita è anche la nostra capacità di regolare le emozioni. Quante volte ci è capitato di essere intrattabili e troppo emotivi dopo una nottataccia? Probabilmente in quelle circostanze la capacità del cervello di regolare le emozioni è compromessa dalla fatica.
  • Tra le varie conseguenze della deprivazione del sonno troviamo anche la paranoia, ovvero uno sforzo mentale teso a immaginare tutte le possibili intenzioni malevole degli altri. Dormire male ci porta a pensare male e soprattutto a costruire riflessioni paranoiche, talvolta irrealistiche, che possono avere come lo spiacevole effetto di rovinare le nostre relazioni sociali.

Cura e trattamento

Un intervento talvolta necessario per intervenire sull’insonnia è la psicoterapia cognitivo-comportamentale: essa consiste essenzialmente in una psicoeducazione, in un rafforzamento delle associazioni tra il letto e il momento di andare a dormire e in una ristrutturazione dei pensieri disfunzionali legati al sonno. Il trattamento dell’insonnia ha come obiettivo primario quello di migliorare la qualità e la quantità del sonno e i sintomi diurni correlati al disturbo.

Consigli per combattere l’insonnia

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In questi giorni caratterizzati da ansia e insonnia, il sonno può spaventarci. Ci sono però delle tecniche pratiche e immaginative che possiamo sfruttare per contrastare l’insonnia.

  • Lo stress e l’ansia incidono negativamente sulla qualità del sonno.
  • Praticare yoga o corsi di rilassamento.
  • Seguire uno stile di vita corretto.
  • Individuare la causa responsabile dell’insonnia prima di intraprendere qualsiasi terapia.
  • Andare a dormire circa sempre alla stessa ora.
  • Quando l’insonnia dipende da alcolismo o tossicodipendenza, seguire una terapia farmacologica specifica, eventualmente associata ad un supporto psicologico.
  • Bere un bicchiere di latte caldo prima del riposo notturno. Il latte contiene un amminoacido essenziale (triptofano) in grado di esercitare una modesta azione sedativa
  • Alzarsi presto alla mattina e andare a dormire entro la mezzanotte.
  • Allestire a dovere la camera da letto. È stato dimostrato che tingere le pareti di verde e profumare l’ambiente con essenza alla lavanda favorisce il sonno.
  • Isolare acusticamente la camera da letto. I rumori forti possono ostacolare l’addormentamento e indurre insonnia.
  • Regolare la temperatura della camera da letto. Un eccesso di caldo o di freddo può rendere difficoltoso l’addormentamento.
  • Concentrarsi su qualcosa di piacevole, cercando di allontanare le preoccupazioni della giornata.
  • Imparare le corrette tecniche di respirazione, in modo da favorire il
  • Fare un bagno caldo prima di dormire costituisce un buon rimedio, piacevole e rilassante, contro l’insonnia.

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Concludo con le parole dello psichiatra e psicoterapeuta Morelli:

Quando arriva l’insonnia non si sta a letto. Ci si alza e ci si veste. Come se dovessimo uscire con qualcuno: un’amica misteriosa, un’energia creativa che abbiamo messo da parte. Il miglior farmaco per l’insonnia è la creatività: una penna in mano e si scrive una fiaba, un racconto ma non la propria storia perché ci riporterebbe al passato. Creiamo uno stato interiore di attesa: chissà chi arriverà stasera? Ma la mia attesa non è di qualcuno che venga a suonare la porta ma l’attesa di qualcosa che viene dall’interno, dal profondo. L’anima ovvero la nostra psiche non si presenta mai all’esterno ma si presenta con una fantasia, un’immaginazione. Intanto però la psiche non vuole che io busso alla sua porta, la psiche non vuole essere vista ma vuole entrare piano piano nel mio mondo allora devo distrarmi con delle azioni (scrivere, disegnare, leggere qualcosa che mi appassioni). Non bisogna pensare all’insonnia perché l’anima vuole tenerci svegli, vuole che ci occupiamo di qualcosa di cui non ci siamo ancora occupati. Insomma l’insonnia è un buon territorio per rinascere. Sto collocando me stesso in un posto dove non devo aspettare il sonno ma aspettare qualcosa che arrivi da me.

 

08 Apr 2020

SFATIAMO i FALSI MITI SULLO SMARTWORKING

SFATIAMO i FALSI MITI SULLO SMARTWORKING

Lo Smart Working (o lavoro “agile”) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro dipendente, svolto tipicamente da casa. Diversamente dal telelavoro lo smart work può permettere non solo una flessibilità del luogo di lavoro ma anche una flessibilità di orario. Fare smartworking vuol dire infatti applicare un modello nuovo di fare lavoro, svincolato dal concetto di tempo e da una particolare sede fisica che quindi può sia coincidere con l’abitazione del dipendente ma spaziare in altri scenari quali spazi di co-working o anche sfruttare in modo diverso e smart lo spazio aziendale ad esempio con attività di desk-sharing. Molte aziende hanno ancora delle perplessità e dei dubbi su questa modalità di lavoro.

Principalmente ci sono dei falsi miti sullo smart working che portano le aziende ad avere dei dubbi, falsi miti che riguardano soprattutto la produttività del lavoratore. Prima di capire cosa pensano le aziende è importante analizzare la reale difficoltà dello smart working, questo perché è necessaria maturità e disciplina personale per non perdere realmente il tempo. Ritrovarsi a lavorare “liberamente” sfruttando la flessibilità di luogo e tempo di lavoro autonomamente richiede ottima organizzazione e soprattutto concentrazione, questo perché il rischio di distrazione è ovviamente maggiore. Problemi che in parte sono presenti anche in ufficio e non sempre la presenza del capo cambia la situazione. I datori di lavoro pensano infatti che la loro presenza aumenta la produttività e la concentrazione del lavoratore, questo significa che l’eventuale assenza porta il lavoratore ad approfittarsene e rende lo smart working inutile.

Il primo falso mito :

Le persone se ne approfittano. Si tende a pensare che i dipendenti se sono lontani dalla vista del proprio capo non lavorino bene, che approfittino dell’autonomia che il modello dello smart working concede loro e questo non è vero ma, al contrario , lavorare “per obiettivi” responsabilizza le persone e le renda più produttive.

Il secondo falso mito:

Lo smartworking non permette la diffusione dello spirito aziendale creando isolamento.

Purtroppo questo non è altro che il frutto di una cultura ancora non matura ma soprattutto, ancora una volta, dell’uso improprio dei termini che portano a pensare che si possa fare smartwotking solo da casa, cosa assolutamente lontana dalla verità. Questo falso mito deriva da una confusione tra lo smart working e il telelavoro che ha effettivamente questo inconveniente”: il lavoratore  nel primo caso sceglie liberamente come alternare il lavoro in ufficio con il lavoro da altri luoghi (per esempio altre sedi della propria stessa azienda, spazi di coworking), nel secondo invece è stabilmente a casa.

Il terzo falso mito :

Lo smart working può essere apportato solo per alcuni lavori, in questo caso evitare categoricamente tale possibilità è errato, si deve di certo modificare il metodo e capire come sfruttarlo al meglio.

Il quarto falso mito:

Lo smartworking è solo questione di cultura. La tecnologia è un accessorio secondario.

Anche questa affermazione non è totalmente corretta. Sebbene la cultura manageriale è sicuramente importante e costituisce un elemento imprescindibile, la tecnologia spesso considerata una pura commodity costituisce, nello smartworking, un pilastro fondamentale per la buona riuscita del progetto. Aldilà dello svolgimento puro della mansione attraverso gli strumenti informatici, non si può fare a meno di comunicare e condividere in entrambe le direzioni affinché le attività di dipendenti e collaboratori trovino il corretto allineamento che porti al raggiungimento del risultato aziendale, la vera anima dello smartworking.

UN PROBLEMA REALE: LA COMUNICAZIONE

Uno dei principali rischi dello smart working dipende dal come si comunica. I problemi connessi alla comunicazione possono essere molti, e molto diversi: in primo luogo, il lavoratore agile può avere problemi nel comunicare ai colleghi e al capo le proprie difficoltà e le proprie sensazioni.

La comunicazione può essere molta, troppa, ma non efficace; poca e non abbastanza, o giusta, ma senza dettagli: calibrare ciò che si dice al proprio team da remoto, non è facile e serve pratica per capire cosa comunicare, e quando farlo.

Comunicare significa un insieme di azioni, come ascoltare, vedere, parlare, ma la comunicazione tramite tastiera è solo una minuscola parte di tutto questo. Mentre digitate, vi state perdendo gran parte di ciò che uno dice, ovvero gesti, tono di voce, espressioni facciali. Così comunicare con i colleghi può diventare davvero complesso ma vi sono alcune soluzioni che possono semplificare il processo. Innanzitutto, bisogna darsi tempo per capire quali siano le modalità migliori per noi: c’è chi preferisce la mail, chi la chat, e chi la chiamata perché si fa prima. Idealmente parlando, la cosa migliore è stabilire delle priorità, e utilizzare un canale (come Slack ad esempio) dove il team si aggiorna in tempo reale su ciò che succede.

Non bisogna dire ai colleghi tutto ciò che si fa per controllarsi a vicenda e far vedere che si sta lavorando, ma per tenersi semplicemente aggiornati e facilitare il lavoro altrui. Inoltre, si dovrebbero prediligere le chiamate-video smartworking.

 

01 Apr 2020

COME PARLARE AI BAMBINI DI CORONAVIRUS

COME PARLARE AI BAMBINI DI CORONAVIRUS

Le possibili conseguenze dell’epidemia da Coronavirus vanno spiegate anche ai più piccoli. Con un linguaggio chiaro, tranquillo e diretto, è il caso di raccontare tutta la verità ai bambini, che tra qualche anno si ritroveranno a studiare la più importante epidemia dell’ultimo secolo sui banchi di scuola.

È importante spiegare ai bambini ciò che sta avvenendo intorno a loro. Il non ricevere spiegazioni dagli adulti in un contesto di tensione rischia infatti di generare un’ansia ancora maggiore rispetto a quella che può generare una consapevolezza ben gestita. Quando parliamo con i bambini è importante sintonizzarsi sulle loro paure e non sulle nostre. Ai bambini che ci chiedono se abbiamo paura, rispondiamo evitando di negare o di minimizzare. Possiamo spiegare loro che stiamo vivendo una situazione nuova e complessa da cui usciremo sicuramente. Il comportamento degli adulti è importantissimo perché bisogna trasmettere tranquillità e sicurezza quando si è a propria volta preoccupati per sé stessi o per la salute di un proprio caro. A volte, quest’ansia, si può trasmettere inconsapevolmente e se non siamo in grado di controllare il panico, i nostri figli lo capiscono subito. Dunque, serve mettere in campo strategie che abbassano il nostro stress, come concentrarsi sul respiro, o spostare l’attenzione sulle cose che ci aiutano a stare bene.

Ma soprattutto, è indispensabile riuscire a trasmettere fiducia. Anche perché i piccoli non aspettano le spiegazioni degli adulti per interpretare il mondo, ma si creano una loro personale idea. Per questo è fondamentale parlare con loro, anche per evitare che la loro idea si formi sbagliata o confusa.

Cosa dire ai più piccoli di quanto sta accadendo in Italia e nel mondo?

Con un figlio di meno di 5 anni, è meglio attendere le sue domande. Oltre questa età, invece, è opportuno affrontare la questione da subito. I bambini, dai 3 anni in su, percepiscono cosa sta accadendo e riconoscono il cambiamento nelle abitudini quotidiane. È importante essere sinceri spiegando cosa è un virus, come si trasmette, cosa può causare e come possiamo difenderci. Si spiega ai bambini quanto sia importante in questo momento lavarsi spesso le mani, facendo compiere questo atto da soli per responsabilizzarli. In questo momento ognuno di noi ha un compito per combattere il virus. Spieghiamo che i medici e gli infermieri stanno lavorando tanto e molto duramente, i farmacisti, il personale dei negozi devono lavorare per dare le cose essenziali a tutti noi, i poliziotti, carabinieri e i vigili sono in prima linea per far rispettare le misure di sicurezza. È opportuno spiegare anche, che non avendo un farmaco efficace contro questa malattia, in attesa di una vaccinazione, per difenderci possiamo anzi dobbiamo solo evitare il contatto con l’agente. E se a essere colpito dal Coronavirus fosse uno dei genitori? Non bisogna mentire, inventando ad esempio che il papà o la mamma sono al lavoro ma bisogna spiegare al bambino che il genitore è isolato perché è l’unica opportunità per evitare il contagio e per favorire la guarigione.

Consigli per i genitori

  • Non spostate i bambini da una casa all’altra: i bambini, come gli adulti, devono in questo momento restare a casa. Possono naturalmente stare su balconi, terrazze o cortili non condominialiNon è consigliabile la passeggiata al parco, specie se ci sono altri bambini o adulti.
  • Insegnate al bambino a lavarsi spesso le mani con acqua e sapone per almeno 1 minuto cantando due volte “tanti auguri a te”.
  • Ponete attenzione agli smartphone. Pulite spesso i dispositivi, compresi telecomandi e joystick, ed evitate di farli utilizzare da altre persone, anche della stessa famiglia, contemporaneamente.
  • Pulire periodicamente le superfici dove il bambino gioca o studia con disinfettanti a base di alcol (etanolo) al 75% o a base di cloro all’1% (candeggina).
  • Non lasciate troppo tempo i bambini da soli davanti a smartphone e al PC. I bambini sotto i 2 anni non devono utilizzare gli strumenti elettronici.
  • Evitate di far assumere farmaci antivirali e antibiotici, a meno che non siano prescritti dal medico.
  • Se il bambino ha la febbre, restate a casa, somministrate paracetamolo e avvertite al telefono il vostro pediatra senza recarvi però al suo studio, né tanto meno al pronto soccorso. Il pediatra al telefono saprà consigliarvi su cosa fare.
  • Seguite l’alimentazione di tutta la famiglia in modo sano e vario moderando i dolci, mangiate frutta e verdura di stagione, bevete acqua ed evitate bevande zuccherate come bibite o succhi di frutta.
  • Evitate di lasciare la televisione accesa continuamente. I telegiornali possono utilizzare un linguaggio non appropriato per i bambini. Le notizie vanno filtrate e tradotte in un linguaggio adatto ai bambini, in base all’età. Non bisogna dare per scontato che i bambini abbiano gli stessi nostri timori.

Cosa fare con i bambini a casa?

Aiutiamo ogni giorno i bambini a porsi degli obiettivi.

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  • Stare a casa non vuol dire trascurarsi, facciamo in modo che i bambini si lavino e si vestano ogni giorno come se andassero a scuola.
  • Attività di disegno libero: è un modo per canalizzare le emozioni e i sentimenti, a volte anche nascosti, che vivono. Ovviamente è importante che gli adulti mostrino interesse per ciò che i bambini realizzano. 
  • Giochi di movimento come ballare, saltare, fare esercizi sul tappeto.
  • Cantare e ascoltare la musica con i bambini.
  • Leggere assieme libri adatti per le diverse età fin da piccolissimi: alcune biblioteche hanno messo on line i loro libri e fanno molte proposte di lettura.
  • Vi sono trasmissioni per bambini e ragazzi. E’ importante scegliere le trasmissioni per età. Sul 43 (Rai Yoyo) c’è di nuovo l’Albero Azzurro per bambini fra i 4 e i 7 anni, un bel programma che forse molti genitori hanno visto da bambini.

Possiamo concludere che è importante essere sempre chiari e dire la verità ai nostri bambini, spiegando che non sempre quello che accade è sotto il nostro controllo. È fondamentale trasmettere ai bambini che questo è un momento difficile, ciascuno deve poter fare il proprio meglio, e bisogna avere fiducia e gratitudine per tutti coloro che stanno lavorando sodo per risolvere il problema. Si potrebbero trovare nuovi modi per mantenere le relazioni con gli altri parenti o amici a distanza. L’obiettivo è far vivere ai bimbi questo periodo di crisi il più possibile con serenità e ottimismo raccontando comunque loro la verità.

#restiamoumani #restiamouniti e #restiamoacasa

01 Apr 2020

COME CAMBIERÀ LA NOSTRA VITA DOPO IL CORONAVIRUS?

COME CAMBIERÀ LA NOSTRA VITA DOPO IL CORONAVIRUS?

Quando l’epidemia del coronavirus sarà terminata la nostra quotidianità non sarà più la stessa. Il giorno in cui riusciremo di casa, andremo a cena fuori, cammineremo nei parchi e torneremo a fare mille altre azioni che avevamo sempre dato per scontate, saremo diversi, cambiati da settimane di quarantena. Le raccomandazioni del governo, dal lavarsi le mani all’evitare assembramenti, probabilmente rimarranno impresse nella nostra mente per anni. Ma come sarà l’Italia dopo l’ondata di Covid-19? Come saremo noi quando non saremo più in emergenza? Riusciremo a tornare com’eravamo prima? O sarà necessario ripensare il nostro modo di essere?

COME SARA’ IL MONDO DOPO IL CORONAVIRUS?

A cambiare non è stata solo la nostra vita quotidiana. La pandemia ha già cambiato il pianeta. L’inquinamento si è fermato, ha rallentato la sua corsa, ha dato respiro alla Terra. Perché è l’essere umano ad aver rallentato la sua attività che stava togliendo fiato a un pianeta sul quale i cambiamenti climatici erano quasi arrivati a un punto di non ritorno. Da quando la Cina ha fermato una provincia da 60 milioni di persone, lo smog nel paese asiatico ha cominciato a diminuire. E lo stesso è accaduto in Italia. Macchine ferme, fabbriche chiuse, l’inquinamento è cominciato a diminuire lentamente ma inesorabilmente.

L’IMPATTO DELLA PANDEMIA SULLA NOSTRA VITA

Quale sarà l’impatto di questa pandemia sulle nostre vite dipenderà dall’effetto che scaturirà una volta che tutto questo sarà finito: ci sarà la paura di ritornare alla vita di prima o un’esplosione di voglia di normalità, come accade dopo la fine di una guerra? Oltre alle abitudini dei singoli cittadini, o alla loro più o meno forte voglia di socialità, ci sono altri aspetti della vita quotidiana che potrebbero subire dei cambiamenti. In primis, i ristoranti, l’andare a teatro o i meeting con i colleghi. Modi per divagare o per lavorare, che ad oggi hanno subito uno stop forzato e un cambio di passo non indifferente: molti ristoranti si sono convertiti al servizio a domicilio, per la gioia dei loro clienti, e le riunioni si sono digitalizzate grazie alle piattaforme che tutti abbiamo imparato a conoscere. Abbiamo scoperto la tecnologia. A causa dell’emergenza coronavirus tutti hanno avuto modo di conoscere e usare la tecnologia di massa, che consente azioni che prima erano quasi esclusivamente svolte «in presenza», come comprare un abito sartoriale, oppure fare lezione. Non perché non ci fossero anche prima le possibilità di ricorrere alla tecnologia, ma perché non era necessario. Per alcuni ambiti però rimarrà il desiderio di toccare e di vivere un’esperienza fisica.

IL LAVORO DOPO LA PANDEMIA

Questa corsa obbligata allo smartworking cambierà il modo di lavorare in maniera permanente? Il passaggio al lavoro agile di massa non può essere dato per scontato. Le esperienze di smartworking che conoscevamo erano solitamente piuttosto limitate: un lavoratore stava a casa uno o due giorni a settimana. Organizzare uno smartworking perché un ufficio non esiste più è molto diverso.

È indubbio che il settore che per primo è stato colpito è il turismo. Mentre il manifatturiero può riprendersi grazie all’ecommerce, le aziende che si occupano di far viaggiare le persone andranno incontro a costi più alti e potranno ripartire solamente quando l’emergenza sarà davvero finita.

CAMBIERANNO LE NOSTRE COMPETENZE

Fin ora abbiamo inseguito solo le ‘hard’ e ‘soft skills’ richieste dall’Industria 4.0 perdendo le ‘deep skills’ o meglio: la conoscenza (il saper stare con gli altri è conoscenza sociale), la moralità, la responsabilità che sono meccanismi tutti diversi dalla mera ‘competenza a fare e solo a fare-produrre’ – e insieme avevamo perduto anche la capacità di ‘essere’ e quindi di poter restare umani.

NON SAREMO PIÙ GLI STESSI

Non saremo più gli stessi, come non lo siamo già ora. Confinati in casa, isolati socialmente, costretti a non poter salutare i nostri cari, obbligati a cambiare modalità di lavoro e di studio. Ma “costretti” in qualche modo a riformulare i nostri rapporti.

Tutto dovrà essere ripensato, rimodulato in base all’esperienza che stiamo vivendo oggi. Che ci cambierà. Ci deve cambiare. E lo sta già facendo, anche se magari non ce ne rendiamo nemmeno conto, presi come siamo a vivere la vita giorno per giorno. Forse – soprattutto – e ‘usando’ ciò che ha scritto magistralmente Silvia Avallone sul ‘Corriere della sera’ rivolgendosi soprattutto ai giovani, questa è l’occasione perfetta per “imparare a disobbedire a quella vita in cui era obbligatorio sembrare felici e farlo vedere, in cui vigeva lo strapotere del visibile, l’assoluto della competizione. In cui dovevamo fare sempre meglio e ottenere sempre di più. Cosa ce ne facciamo adesso di tutta quella montagna di apparenza, a cosa ci è servito quell’egocentrismo esagerato? Prendiamone atto: l’invisibile è molto più potente. Ciò che proviamo non si vede. Ciò che siamo non si vede. I desideri, i segreti, i pensieri, l’anima, non si vedono”.

Forse’ re-impareremo a vivere più lentamente, assaporando la vita senza dover subire (alienandoci da noi stessi, dalla vita, dalla bellezza), i ‘tempi ciclo’ dettati e imposti dal metronomo sempre più accelerato del tecno-capitalismo.

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