
Il termine Psicologia Positiva designa una prospettiva teorica ed applicativa della psicologia – nata negli anni ’90 – che si occupa dello studio del benessere personale, costrutto al centro della qualità della vita.
Lo studio della qualità della vita, che ha ricevuto un’attenzione crescente negli ultimi trent’anni da parte di medicina, psicologia e sociologia, distingue gli indicatori oggettivi, quali la salute fisica, le condizioni abitative e lavorative, dagli indicatori soggettivi come la percezione del proprio benessere psicologico e il soddisfacimento delle proprie aspirazioni. Proprio questi ultimi sono stati centrali nello sviluppo di tale disciplina.
È importante evidenziare che quando si parla di psicologia positiva, non ci si riferisce ad una pseudoscienza speculativa in quanto, come altri filoni importanti della psicologia, anch’essa ha un forte fondamento scientifico.
Origini e sviluppo della Psicologia Positiva
La Psicologia Positiva nasce dagli studi dello psicologo statunitense Martin E. P. Seligman (riconosciuto come il padre della moderna Psicologia Positiva) sull’impotenza appresa (1975), termine che si riferisce a “quella sensazione di sfiducia persistente e totalizzante, che porta a desistere dall’affrontare un problema o una situazione in virtù del fatto che in passato sono state affrontate situazioni simili con esito negativo”.
Tale stato mentale è tipicamente legato al pensiero pessimistico ed è spesso comune in coloro che attribuiscono le cause dei propri fallimenti a sé stessi; esso è inoltre molto frequente negli individui che cadono vittima di stati depressivi.
A tal proposito, Seligman si è chiesto se la stessa catena cognitiva di cause alla base di questi atteggiamenti pessimistici potesse riguardare, in forma contraria, anche gli atteggiamenti ottimistici. Ed è proprio tale interrogativo che ha permesso di porre le basi per il fiorire di questa disciplina.
Riprendendo le parole di Seligman, “Se la psicologia ha ben compreso le cause che rendono infelice l’uomo, aiutandolo ad essere meno infelice, la Psicologia Positiva studia invece come è possibile renderlo felice.”.
In altri termini, invece di focalizzare i suoi studi e le sue attività di ricerca sul “problema”, l’autore ha fin dal principio orientato i suoi sforzi alla costruzione di un sistema finalizzato all’autorealizzazione, alla felicità e al benessere della persona, così come alla promozione del ruolo delle risorse positive e delle potenzialità individuali.
In senso più ampio, secondo Seligman la psicologia dovrebbe infatti dedicare pari attenzione agli aspetti patologici della persona così come agli aspetti positivi dell’esistenza umana (ad esempio, le emozioni piacevoli, le potenzialità, le virtù e le abilità dell’individuo).
Implicazioni pratiche degli interventi “positivi”
Lo spostamento di attenzione dal “problema” agli aspetti positivi dell’individuo ha permesso a tale disciplina di dare il via ad un processo di forte cambiamento paradigmatico che, a livello applicativo, si traduce con la messa a punto di programmi psicologici finalizzati allo sviluppo delle potenzialità, delle risorse, degli aspetti funzionali e delle abilità dell’individuo (più che alla cura dei suoi aspetti deficitari).
Tale cambiamento rende la psicologia positiva una disciplina capace di entrare in contatto – a livello sia teorico che applicativo – con numerose aree distanti dalla psicologia clinica quali, ad esempio, la psicologia scolastica-educativa, la psicologia sociale e, in senso più ampio, le varie discipline legate al mondo organizzativo.
Sono diverse le strategie che vengono proposte dalle teorie e ricerche della psicologia positiva.
Tra le principali è possibile evidenziare la costruzione di piani d’intervento volti a far nascere e alimentare speranze o l’investimento sui diversi punti di forza della persona (ad esempio, promuovere e rinforzare abilità interpersonali, coraggio, ottimismo, perseveranza, realismo, capacità di provare piacere, di riconoscere le responsabilità personali ecc.).
Applicazioni al mondo organizzativo
Gli interventi della psicologia positiva nell’ambito organizzativo sono in rapida diffusione negli ultimi anni.
Numerose ricerche hanno dimostrato che tale modello teorico permette di raggiungere importanti cambiamenti nel funzionamento aziendale e organizzativo, impattando positivamente sulle vendite, sulla produttività e, in particolar modo, sulle capacità di innovazione.
Il rapporto sulla politica globale di felicità e benessere del 2019 sottolinea inoltre l’esistenza di una stretta relazione positiva tra la competenza della felicità e la redditività complessiva dell’azienda.
Questi dati evidenziano come la felicità nei posti di lavoro – e quindi l’utilizzo di modelli teorici e di interventi provenienti dalla Psicologia Positiva – permetta di generare luoghi in cui le persone hanno la possibilità di fiorire mettendosi in relazione con gli altri e di raggiungere risultati individuali e collettivi che forniscano un senso profondo sia per l’individuo che per l’azienda.
Critiche e limitazioni
Nonostante la sua costante popolarità nel corso del tempo, la Psicologia Positiva è stata criticata per una serie di ragioni differenti.
In primo luogo, gli psicologi umanisti hanno sostenuto che con la psicologia positiva Seligman ha voluto rivendicare il merito per il lavoro già precedentemente svolto dalla psicologia umanistica. Effettivamente, psicologi umanistici come Carl Rogers e Abraham Maslow avevano già concentrato la loro ricerca sul lato positivo dell’esperienza umana anni prima che Seligman parlasse di psicologia positiva. Maslow aveva inoltre anche coniato il termine “psicologia positiva”, utilizzandolo nel suo libro “Motivazione e personalità”, già nel 1954.
Dalla loro, però, gli psicologi positivi insistono sul fatto che le loro teorie e ricerche, differentemente da quelle portate avanti dalla psicologia umanistica, si basano su prove empiriche.
Ciononostante, alcuni studiosi sostengono che la ricerca prodotta da tale disciplina non abbia una vera e propria validità scientifica e che sia anche in parte sopravvalutata.
Gli stessi critici ritengono inoltre che la psicologia positiva sia passata troppo rapidamente dalla teoria alla pratica e che quindi le scoperte discusse nelle loro trattazioni non siano abbastanza forti da supportare tali applicazioni nel mondo reale.
Infine, altri autori ancora sostengono come la psicologia positiva non riesca a prestare la giusta attenzione alle differenze individuali. Essa tende infatti a generalizzare i propri risultati all’intera popolazione, come se tutti gli individui funzionassero allo stesso modo.