10 Apr 2019

Intelligenza Artificiale: cos’è e a cosa serve

Intelligenza Artificiale: cos’è e a cosa serve

Quello che colpisce dell’Intelligenza Artificiale, al di là che l’espressione viene normalmente scritta con le due iniziali maiuscole a denotarne l’eccezionalità, è che solo due anni fa non se ne parlava quasi al di fuori di circoli molto specialistici. Non è solo perché la tecnologia digitale sta stravolgendo ogni ambito della vita e del lavoro. Ma perché in modi ancora un po’ confusi si tende a considerare l’IA come la punta più avanzata della rivoluzione digitale. Il che tutto sommato è anche abbastanza vero.

Ma cos’è realmente l’Intelligenza Artificiale e come si è sviluppata?

l’Intelligenza Artificiale è un ramo dell’informatica che permette la programmazione e progettazione di sistemi sia hardware che software che permettono di dotare le macchine di determinate caratteristiche che vengono considerate tipicamente umane quali, ad esempio, le percezioni visive, spazio-temporali e decisionali. Si tratta cioè, non solo di intelligenza intesa come capacità di calcolo o di conoscenza di dati astratti, ma anche e soprattutto di tutte quelle differenti forme di intelligenza che sono riconosciute dalla teoria di Gardner, e che vanno dall’intelligenza spaziale a quella sociale, da quella cinestetica a quella introspettiva.
Un sistema intelligente, infatti, viene realizzato cercando di ricreare una o più di queste differenti forme di intelligenza che, anche se spesso definite come semplicemente umane, in realtà possono essere ricondotte a particolari comportamenti riproducibili da alcune macchine.
Ovviamente, la cosa è molto più complicata e comprende molte tecnologie e funzioni diverse. Fondamentali, oltre all’apprendimento autonomo, sono il riconoscimento visuale e vocale, i sensori e l’Internet of Things, l’evoluzione della comprensione e dell’utilizzo del linguaggio naturale, le capacità di interazione uomo-macchina, solo per citarne alcune. E le funzioni sono ormai le più disparate, in produzione, marketing, vendite, risorse umane, finanza e amministrazione. Così come sale ogni giorno la penetrazione negli ambiti professionali come quello medico, quello giuridico, i diversi settori scientifici ma anche la musica e l’entertainment.

Coscienza, conoscenza e problem solving

Alla base delle problematiche legate allo sviluppo di sistemi e programmi di Intelligenza Artificiale vi sono tre parametri che rappresentano i cardini del comportamento umano, ossia una conoscenza non sterile, una coscienza che permetta di prendere decisioni non solo secondo la logica e l’abilità di risolvere problemi in maniera differente anche a seconda dei contesti nei quali ci si trova.
L’uso dei reti neurali e di algoritmi in grado di riprodurre ragionamenti tipici degli esseri umani nelle differenti situazioni, hanno permesso ai sistemi intelligenti di migliorare sempre di più le diverse capacità di comportamento. Per poter realizzare ciò, la ricerca si è concentrata non solo sullo sviluppo di algoritmi sempre nuovi, ma soprattutto su algoritmi sempre più numerosi, che potessero imitare i diversi comportamenti a seconda degli stimoli ambientali. Tali algoritmi complessi, inseriti all’interno di sistemi intelligenti, sono quindi in grado di ‘prendere decisioni’ ossia di effettuare scelte a seconda dei contesti in cui sono inseriti. Nel caso degli algoritmi connessi ai sistemi intelligenti dei veicoli, ad esempio, un’automobile senza conducente può decidere, in caso di pericolo, se sterzare o frenare a seconda della situazione, ossia a seconda che le informazioni inviate dai vari sensori permettano di calcolare una maggiore percentuale di sicurezza per il conducente e i passeggeri con una frenata o con una sterzata.

Machine Learning: l’apprendimento automatico

Uno dei principali passi avanti nella storia dell’Intelligenza Artificiale è stata fatta quando si sono potuti ricreare degli algoritmi specifici, in grado di far migliorare il comportamento della macchina (inteso come capacità di agire e prendere decisioni) che può così imparare tramite l’esperienza, proprio come gli esseri umani. Sviluppare algoritmi in grado di imparare dai propri errori è fondamentale per realizzare sistemi intelligenti che operano in contesti per i quali i programmatori non possono a priori prevedere tutte le possibilità di sviluppo e i contesti in cui il sistema si trova a operare. Tramite l’apprendimento automatico (machine learning), quindi, una macchina è in grado di imparare a svolgere una determinata azione anche se tale azione non è mai stata programmata tra le azioni possibili.
Dietro di questo particolare ramo dell’Intelligenza Artificiale vi è stata da sempre (e vi è ancora) una profonda ricerca, sia teorica che pratica, basata, tra le altre cose, sulla teoria computazionale dell’apprendimento e sul riconoscimento dei pattern. La complessità dell’apprendimento automatico ha portato a dover suddividere tre differenti possibilità, a seconda delle richieste di apprendimento che vengono fatte alla macchina. Si parla allora di apprendimento supervisionato, di apprendimento non supervisionato e di apprendimento per rinforzo. La differenza tra le tre modalità sta soprattutto nel differente contesto entro cui si deve muovere la macchina per apprendere le regole generali e particolari che lo portano alla conoscenza. Nell’apprendimento supervisionato, in particolare, alla macchina vengono forniti degli esempi di obiettivi da raggiungere, mostrando le relazioni tra input, output, e risultato. Dall’insieme dei dati mostrati, la macchina deve essere in grado di estrapolare una regola generale, che possa permettere, ogni volta che venga stimolata con un determinato input, di scegliere l’output corretto per il raggiungimento dell’obiettivo.
Nel caso di apprendimento non supervisionato, invece, la macchina dovrà essere in grado di effettuare scelte senza essere stato prima ‘educato’ alle differenti possibilità di output a seconda degli input selezionati. In questo caso, quindi, il computer non ha un maestro che gli permetta un apprendimento ma impara esclusivamente dai propri errori. Infine, le macchine che vengono istruite tramite un apprendimento per rinforzo si trovano ad avere un’interazione con un ambiente nel quale le caratteristiche sono variabili. Si tratta, quindi, di un ambiente dinamico, all’interno del quale la macchina dovrà muoversi per portare a termine un obiettivo non avendo nessun tipo di indicazione se non, alla conclusione della prova, la possibilità di sapere se è riuscita o meno a raggiungere lo scopo iniziale.
L’apprendimento automatico è stato reso possibile dallo sviluppo delle reti neurali artificiali, ossia un particolare modello matematico che, ispirandosi ai neuroni e alle reti neurali umane, punta alla soluzione dei diversi problemi a seconda delle possibilità di conoscere gli input e i risultati ottenuti a seconda delle scelte effettuate. Il nome di rete neurale deriva dal fatto che questo modello matematico è caratterizzato da una serie di interconnessioni tra tutte le diverse informazioni necessarie per i diversi calcoli. Inoltre, proprio come le reti neurali biologiche, anche una rete neurale artificiale ha la caratteristica di essere adattativa, ossia di saper variare la sua struttura adattandola alle specifiche necessità derivanti dalle diverse informazioni ottenute nelle diverse fasi di apprendimento. Dal punto di vista matematico, una rete neurale può essere definita come una funzione composta, ossia dipendente da altre funzioni a loro volta definibili in maniera differente a seconda di ulteriori funzioni dalle quali esse dipendono. Questo significa che nulla, all’interno di una rete neurale, può essere lasciato al caso: ogni azione del sistema intelligente sarà sempre il risultato dell’elaborazione di calcoli volti a verificare i parametri e a definire le incognite che definiscono le funzioni stesse.

Conclusioni

In sostanza è che è arrivata l’ora di introdurre queste tecnologie in azienda, anche se non ogni aspetto è stato ancora valutato ed è giunto a maturazione. Basta citare due degli aspetti più importanti: il primo riguarda la collaborazione uomo-macchina, di cui si stanno definendo le potenzialità ma anche i limiti. Superata una visione iniziale alquanto allarmistica su una possibile sostituzione di lavoro umano con l’IA, non possiamo comunque ignorare un potenziale di disoccupazione tecnologica che la collaborazione potrà attenuare ma non necessariamente eliminare. Il secondo aspetto è quello cognitivo, poiché siamo ormai oltre la soglia della possibile comprensione da parte degli umani dei processi algoritmici delle macchine, il che induce a pensare con una certa apprensione alle relative possibilità di controllo. Questo secondo aspetto ingloba anche tutte le importantissime questioni etiche che vanno ben al di là dei rischi legati ai droni, all’auto autonoma o alla genetica, ma si estendono a una relazione tra uomo e tecnologie che va ancora totalmente definita.
Siamo comunque in un’era trasformativa che occorre imparare a comprendere e a gestire, ed è giunto per ogni impresa, dalla grande piattaforma globale alla piccola azienda artigiana, il momento di fare i conti con l’IA.

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