03 Ott 2017

L’educatrice come ‘base sicura’ e la difficoltà di separazione nell’inserimento alla scuola dell’infanzia [36]

L’educatrice come ‘base sicura’ e la difficoltà di separazione nell’inserimento alla scuola dell’infanzia [36]

L’inserimento al nido non è affatto un momento facile, né per il bambino, né per la mamma e neppure per le educatrici. È il momento dei primi distacchi vissuti come una sorta di abbandono da parte della madre e, più è forte il legame con essa, più è difficile per il bambino accettare la separazione. Una volta raggiunta la consapevolezza che la madre tornerà sicuramente a riprenderlo a fine giornata, il bambino riuscirà a calmarsi e a vivere in maniera gioiosa il periodo della scuola d’infanzia.

Ma, aspettando che questa consapevolezza sia acquisita dal bambino, come bisogna comportarsi nei casi in cui l’inserimento al nido avvenga in maniera traumatica? E quanto è importante creare un buon rapporto educatrice-bambino?

Sebbene il legame di attaccamento alla madre è stato per anni considerato unico per gli studiosi che sostenevano la prospettiva monotropica, vi sono anche altre figure con le quali è possibile che il bambino instauri un certo tipo di attaccamento, senza sostituirlo a quello materno, che siano delle presenze costanti e sicure (ad esempio l’educatrice).

La qualità della relazione tra educatrice e bambino è misurabile allo stesso modo di quella tra madre e bambino: se l’educatrice si mostrerà disposta ad accogliere e a rispondere ai bisogni emotivi del piccolo sarà la candidata ideale per una figura di attaccamento sicuro.

Quando il bambino ha la possibilità di sperimentare un attaccamento sicuro, a livello psicologico ha un diverso approccio verso il mondo esterno caratterizzato da sicurezza e da curiosità verso nuovi ambienti e diversi contesti. Il bambino che instaura un rapporto sicuro con la propria madre, sarà dunque più facilmente gestibile per l’educatrice poiché questo, spinto da una naturale curiosità verso nuove persone, sarà caratterialmente più aperto.

Alla luce di quanto esposto finora, è naturale che il ruolo dell’educatrice sia fondamentale per lo sviluppo socio-emotivo del bambino, soprattutto nel caso in cui quello abbia sperimentato un tipo di attaccamento insicuro con la madre.

In base al tipo di attaccamento sviluppato con le figure genitoriali è possibile stabilire se il bambino abbia la necessità di inserirsi al nido in tempi molto lunghi, con una iniziale fase di sperimentazione in presenza della madre e un distacco graduale. Altri bambini che sperimentano un tipo di attaccamento sicuro, non hanno bisogno di inserimenti lunghi: a loro basta osservare il nuovo ambiente, trovare dei giochi divertenti e piacevoli e dei nuovi amici con cui fare amicizia.

Ogni bambino necessita, dunque, dei suoi tempi per l’inserimento al nido ed è per questo che una costrizione forzata sarebbe solo un atto controproducente. Ma vi è, allora, un modo per facilitare l’ingresso al nido e renderlo meno traumatico per quei bambini che rifiutano di restarci?

Sicuramente, la prima accoglienza della madre e del bambino è importante per stabilire un contatto iniziale con il piccolo, rassicurandolo sulla struttura della giornata e sul sicuro ritorno della madre, magari accompagnandolo verso la scoperta di nuovi giochi e attività. Insomma, porsi sin da subito come ‘base sicura’ per incoraggiare il bambino ad allontanarsi spontaneamente e ad esplorare individualmente il nuovo ambiente per promuovere il senso di autonomia, diretta conseguenza del legame di attaccamento sicuro.

Nel workshop del 6 e 7 Ottobre “La relazione tra scuola e famiglia: istruzioni per l’uso” si parlerà di attaccamento infantile e del ruolo dell’educatrice come figura di attaccamento con la Dott.ssa Ida Gervasi, Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Familiare.

Per le iscrizioni, è possibile contattare la segreteria di Psyche at Work all’indirizzo info@psycheatwork.com oppure chiamare il numero verde 800.301657.

19 Set 2017

Il bambino e la figura di attaccamento [34]

Il bambino e la figura di attaccamento [34]

L’attaccamento originario svolge la funzione di prototipo della sicurezza interiore per l’intera vita della persona, di un bisogno che persiste nel tempo, di una base sicura dalla quale la persona parte per vivere con fiducia la vita in modo autonomo”, così Erving Polster, il maggior esponente della psicoterapia della Gestalt, parla del rapporto tra attaccamento e sicurezza interiore.

Il legame di attaccamento tra adulto e bambino permette a quest’ultimo uno sviluppo lineare della propria personalità grazie all’atteggiamento positivo e responsivo dell’adulto che riesce a farlo sentire parte della famiglia e ne accresce autostima e capacità di gestione dello stress.

In che senso un atteggiamento del genere si riflette sulle capacità di gestione delle situazioni dell’adulto di domani?

Durante il primo scambio relazionale, il bambino sperimenta un legame con il caregiver che influenzerà i suoi comportamenti successivi coltivando un senso di autostima e di sicurezza interiore che tale primo legame ha contribuito a rafforzare nel bambino.

Nel caso in cui, però, non vi sia bidirezionalità in questo rapporto e il bambino avverta un’indisponibilità dell’adulto a cui fa riferimento, l’atteggiamento di risposta a tale comportamento è quello di chiusura e di vulnerabilità per paura della perdita dell’altro.

Ovviamente nei primi anni di vita il rapporto che influenza in maniera positiva o negativa il bambino è quello con la madre; tra madre e bimbo si sviluppa un sistema di comunicazione affettiva costituito da gesti, segnali mimici e vocali, etc. Anche il modo in cui il bambino viene tenuto in braccio e coccolato consente al caregiver di creare un rapporto con il proprio figlio, rapporto che si manifesta nella disponibilità emotiva e nel riconoscimento dei suoi segnali comunicativi.

Per verificare la qualità del rapporto che si è instaurato durante l’infanzia con il caregiver, la psicologa canadese Mary Ainsworth ha compiuto uno studio basato su una procedura standardizzata denominata “Strange Situation”: tale studio consiste in una serie di dati raccolti durante una situazione sperimentale in cui il bambino viene allontanato momentaneamente dalla madre e portato in un contesto non familiare.

Lo scopo è quello di studiare il comportamento del bambino in assenza della madre e al suo ritorno per comprendere le diverse reazioni dei piccoli e analizzare le varie tipologie di attaccamento infantile.

Vediamo i quattro stili di attaccamento che la ricerca della Ainsworth ha portato alla luce.

1)Attaccamento sicuro: la sicurezza dell’accessibilità materna rende il bambino tranquillo, non solo quando si trova con la madre ma anche in contesti esterni. Ha un comportamento autonomo ed è spinto verso la ricerca di nuove informazioni, nuove ipotesi e circostanze godendo di una buona sicurezza delle proprie capacità.

2)Attaccamento insicuro-evitante: i bambini evitanti probabilmente rispondono con un atteggiamento indifferente nei confronti del genitore perché hanno sentito poca disponibilità psicologica da parte della figura di attaccamento. Tale atteggiamento si riconosce nei bambini che si allontano con apparente indifferenza dalla madre e si riuniscono a questa con lo stesso atteggiamento: l’indifferenza del bambino è apparente perché attraverso la registrazione del battito cardiaco è possibile dimostrare una notevole attività emozionale.

3)Attaccamento insicuro-ambivalente: è caratterizzato da un eccessivo attaccamento nei confronti del caregiver e da una mancanza quasi totale di autonomia e di interesse verso l’ambiente circostante. Il bambino ambivalente mostra un grande disagio durante l’allontanamento dalla figura materna e il ritorno del genitore non è sufficiente a consolarlo. Il bambino con comportamento insicuro-ambivalente ha forse sperimentato l’instabilità del caregiver e desidera essere perennemente vicino alla madre per paura di perderla.

4)Attaccamento disorganizzato-disorientato: è l’atteggiamento tipico del bambino con caregiver spaventato o spaventoso; legge negli occhi della madre il pericolo e la paura e ad ogni suo allontanamento reagisce in modo ambiguo: può cercare vicinanza o mostrare comportamenti di evitamento, mostrare spavento o comportamenti bizzarri.

Capire questi atteggiamenti infantili e la tipologia del rapporto tra mamma e bambino, è fondamentale per l’educatrice che lavora quotidianamente a contatto con il bambino e con i suoi genitori. La Dott.ssa Ida Gervasi, Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Familiare, durante il workshop del 6 e 7 Ottobre “La relazione tra scuola e famiglia: istruzioni per l’uso”, parlerà dell’attaccamento infantile per permettere alle educatrici di intervenire in maniera adeguata nei vari casi che potrebbero presentarsi all’interno del gruppo classe.

Per le iscrizioni, è possibile contattare la segreteria di Psyche at Work all’indirizzo info@psycheatwork.com oppure chiamare il numero verde 800.301657.