24 Ott 2017

Pedagogia: il gioco come strumento cognitivo [39]

Pedagogia: il gioco come strumento cognitivo [39]

Tendenzialmente, negli anni passati il gioco è stato considerato esclusivamente come attività ludico-pratica, caratterizzata dalla spensieratezza e dal divertimento. Gli studi pedagogici a riguardo, hanno aperto nuove strade per una concezione di ‘gioco educativo’ solo a partire dagli studi di Bettelheim.

Bruno Bettelheim era convinto che l’esperienza formativa più importante che il gioco offre al bambino è la facoltà di utilizzare le fonti di energia dell’inconscio e dell’irrazionale per trarre la forza di affrontare compiti reali.

Attraverso il gioco, infatti, il bambino impara a comprendere il mondo, a sperimentare nuovi modi per soddisfare i propri bisogni e a scoprire nuovi percorsi di autonomia.

Diverse ricerche hanno permesso di stabilire una correlazione tra il gioco e lo sviluppo cognitivo del bambino. Si pensi, per fare un esempio, a J. Piaget per il quale il gioco è lo strumento primario per lo studio del processo cognitivo dei piccoli, intendendo il gioco come la più spontanea abitudine del pensiero infantile.

Piaget individua tre stadi del comportamento ludico: giochi di esercizio, giochi simbolici e giochi con regole. Questi stadi sono in diretta relazione con lo sviluppo dell’intelligenza la quale cresce ed accresce in funzione dell’età:

  • Giochi di esercizio: attraverso i quali il bambino sperimenta il movimento e la tonicità del proprio corpo. Sono quei giochi svolti da 0 a 2 anni, i cui principali compiti cognitivi sono la conquista dell’oggetto e la scoperta di nuove proprietà materiali e funzionali dell’oggetto stesso.
  • Giochi simbolici: dai 2 ai 6 anni, in cui si mantiene dinanzi agli occhi una realtà che non esiste o che è stata vista precedentemente. L’esempio più ovvio è il gioco della bambola con l’imitazione dei comportamenti adulti e dialoghi con la bambola.
  • Giochi con regole: dai 7 agli 11 anni, periodo in cui si sviluppa il ‘pensiero reversibile’, ovvero la capacità di pensare nello stesso momento a due cose differenti o svolgere un compito senza dimenticare quello che si stava svolgendo prima. Vengono, insomma, consolidate tutte le abilità acquisite precedentemente e ne vengono assimilate di nuove.

La capacità cognitiva è legata alla capacità di adattamento del bambino all’ambiente circostante. In questo senso, i fattori esterni possono o meno influenzare lo sviluppo ed è per questo che l’aumento dell’intelligenza deve essere considerato come processo individuale.

Piaget individua due fasi che caratterizzano l’adattamento all’ambiente circostante ed accompagnano il percorso cognitivo individuale per tutta la vita: l’assimilazione e l’accomodamento.

  • Assimilazione: l’elemento esterno viene inserito all’interno di schemi mentali senza che l’esperienza li alteri (ad esempio, il bambino che batte sul tavolo batterà tutti gli altri oggetti perché li ha inseriti all’interno dello schema mentale del ‘battere’).
  • Accomodamento: in questa fase i dati delle nuove esperienze modificano gli schemi già acquisiti (il bambino imparerà che se avrà una palla potrà farla rotolare e potrà, dunque, spostare l’oggetto dallo schema ‘battere’ allo schema ‘rotolare’).

Il 27 e 28 Ottobre durante il workshop “I metodi pedagogici: come sceglierli e utilizzarli nei vari contesti educativi”, la Dott.ssa Rita Laneve, Educatrice e Pedagogista, parlerà di numerosi metodi pedagogici (Montessori, Rousseau, etc.) che utilizzano proprio il gioco come strumento di apprendimento e di come sceglierli in base ai diversi ambienti scolastici.

Per le iscrizioni, è possibile contattare la segreteria di Psyche at Work all’indirizzo info@psycheatwork.com oppure chiamare il numero verde 800.301657.