20 Dic 2017

Arrivederci a Gennaio!

Arrivederci a Gennaio!

Psyche at work chiude con successo la stagione dei workshop.

Lo staff di Psyche at Work prende una pausa in occasione delle feste natalizie e ne approfitta per ringraziare e augurare buone feste a tutti i partecipanti dei workshop, ai precedenti allievi e a coloro che inizieranno a Gennaio con il corso per Operatore all’Infanzia.

Questo primo semestre, ricco di attività e workshop ha ricevuto un ampio consenso da parte della clientela, felice di aver partecipato a corsi altamente professionali con docenti molto qualificati.

Psyche at Work crede in questo. Crede che per far sì che un’azienda continui il suo percorso sia essenziale curare i propri clienti ed essere a loro disposizione per qualsiasi dubbio o necessità.

Dalla formazione psicologica alle attività pratiche, fino a corsi specialistici dedicati all’imprenditoria, al marketing e alla gestione di inserzioni pubblicitarie, Psyche at Work cerca di offrire sempre il meglio al proprio pubblico per far sì che si diverta e apprenda allo stesso tempo.

Un esempio di questa filosofia aziendale è il workshop pratico dedicato al metodo Montessori, con un’alternanza tra insegnamento teorico ed esercitazioni pratiche durante il quale le partecipanti hanno imparato a realizzare personalmente lavoretti di Natale da riproporre ai propri allievi.

Nell’augurarvi un sereno natale e un felice anno nuovo, vi ricordiamo che dopo le festività natalizie saremo nuovamente operativi con il Corso per Operatore all’Infanzia a Bari, a partire dal 19 Gennaio presso la sede di Psyche at Work in Via Calefati 177.

Forte delle precedenti edizioni baresi del corso, da quest’anno Psyche at Work sarà presente nelle due nuove sedi di Lecce e Matera. A Lecce il corso partirà il 24 Febbraio presso la sede di Vecchio Stampo in Via Sozy Carafa 74, mentre a Matera partirà il 17 Marzo e si terrà presso la sede di Casa Netural in via Galileo Galilei 1.

 

Buone feste dallo staff di Psyche at Work!

19 Set 2017

Il bambino e la figura di attaccamento [34]

Il bambino e la figura di attaccamento [34]

L’attaccamento originario svolge la funzione di prototipo della sicurezza interiore per l’intera vita della persona, di un bisogno che persiste nel tempo, di una base sicura dalla quale la persona parte per vivere con fiducia la vita in modo autonomo”, così Erving Polster, il maggior esponente della psicoterapia della Gestalt, parla del rapporto tra attaccamento e sicurezza interiore.

Il legame di attaccamento tra adulto e bambino permette a quest’ultimo uno sviluppo lineare della propria personalità grazie all’atteggiamento positivo e responsivo dell’adulto che riesce a farlo sentire parte della famiglia e ne accresce autostima e capacità di gestione dello stress.

In che senso un atteggiamento del genere si riflette sulle capacità di gestione delle situazioni dell’adulto di domani?

Durante il primo scambio relazionale, il bambino sperimenta un legame con il caregiver che influenzerà i suoi comportamenti successivi coltivando un senso di autostima e di sicurezza interiore che tale primo legame ha contribuito a rafforzare nel bambino.

Nel caso in cui, però, non vi sia bidirezionalità in questo rapporto e il bambino avverta un’indisponibilità dell’adulto a cui fa riferimento, l’atteggiamento di risposta a tale comportamento è quello di chiusura e di vulnerabilità per paura della perdita dell’altro.

Ovviamente nei primi anni di vita il rapporto che influenza in maniera positiva o negativa il bambino è quello con la madre; tra madre e bimbo si sviluppa un sistema di comunicazione affettiva costituito da gesti, segnali mimici e vocali, etc. Anche il modo in cui il bambino viene tenuto in braccio e coccolato consente al caregiver di creare un rapporto con il proprio figlio, rapporto che si manifesta nella disponibilità emotiva e nel riconoscimento dei suoi segnali comunicativi.

Per verificare la qualità del rapporto che si è instaurato durante l’infanzia con il caregiver, la psicologa canadese Mary Ainsworth ha compiuto uno studio basato su una procedura standardizzata denominata “Strange Situation”: tale studio consiste in una serie di dati raccolti durante una situazione sperimentale in cui il bambino viene allontanato momentaneamente dalla madre e portato in un contesto non familiare.

Lo scopo è quello di studiare il comportamento del bambino in assenza della madre e al suo ritorno per comprendere le diverse reazioni dei piccoli e analizzare le varie tipologie di attaccamento infantile.

Vediamo i quattro stili di attaccamento che la ricerca della Ainsworth ha portato alla luce.

1)Attaccamento sicuro: la sicurezza dell’accessibilità materna rende il bambino tranquillo, non solo quando si trova con la madre ma anche in contesti esterni. Ha un comportamento autonomo ed è spinto verso la ricerca di nuove informazioni, nuove ipotesi e circostanze godendo di una buona sicurezza delle proprie capacità.

2)Attaccamento insicuro-evitante: i bambini evitanti probabilmente rispondono con un atteggiamento indifferente nei confronti del genitore perché hanno sentito poca disponibilità psicologica da parte della figura di attaccamento. Tale atteggiamento si riconosce nei bambini che si allontano con apparente indifferenza dalla madre e si riuniscono a questa con lo stesso atteggiamento: l’indifferenza del bambino è apparente perché attraverso la registrazione del battito cardiaco è possibile dimostrare una notevole attività emozionale.

3)Attaccamento insicuro-ambivalente: è caratterizzato da un eccessivo attaccamento nei confronti del caregiver e da una mancanza quasi totale di autonomia e di interesse verso l’ambiente circostante. Il bambino ambivalente mostra un grande disagio durante l’allontanamento dalla figura materna e il ritorno del genitore non è sufficiente a consolarlo. Il bambino con comportamento insicuro-ambivalente ha forse sperimentato l’instabilità del caregiver e desidera essere perennemente vicino alla madre per paura di perderla.

4)Attaccamento disorganizzato-disorientato: è l’atteggiamento tipico del bambino con caregiver spaventato o spaventoso; legge negli occhi della madre il pericolo e la paura e ad ogni suo allontanamento reagisce in modo ambiguo: può cercare vicinanza o mostrare comportamenti di evitamento, mostrare spavento o comportamenti bizzarri.

Capire questi atteggiamenti infantili e la tipologia del rapporto tra mamma e bambino, è fondamentale per l’educatrice che lavora quotidianamente a contatto con il bambino e con i suoi genitori. La Dott.ssa Ida Gervasi, Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Familiare, durante il workshop del 6 e 7 Ottobre “La relazione tra scuola e famiglia: istruzioni per l’uso”, parlerà dell’attaccamento infantile per permettere alle educatrici di intervenire in maniera adeguata nei vari casi che potrebbero presentarsi all’interno del gruppo classe.

Per le iscrizioni, è possibile contattare la segreteria di Psyche at Work all’indirizzo info@psycheatwork.com oppure chiamare il numero verde 800.301657.

12 Set 2017

Rapporto scuola-famiglia. Come la scuola può sostenere la famiglia di un bambino autistico [33]

Rapporto scuola-famiglia. Come la scuola può sostenere la famiglia di un bambino autistico [33]

L’inserimento a scuola del bambino autistico, è problematico non solo per lui ma anche e soprattutto per la famiglia che non possiede, a volte, adeguate competenze per gestire al meglio il problema. In questo caso, bisogna chiedersi quale sia il ruolo dell’educatore e quanto sia importante che la scuola collabori con la famiglia fornendo assistenza adeguata.

I genitori rappresentano i maggiori esperti a cui rivolgersi perché sono le persone più vicine al bambino e possono suggerire agli educatori delle tecniche e delle strategie utili che magari in passato sono risultate efficaci: pur non possedendo elevate competenze, conoscono le abitudini del bambino, ciò che lo spaventa e le situazioni in cui appare più tranquillo.

Seguendo il problema da questo punto di vista, ci rendiamo conto dell’importanza della cooperazione tra la famiglia e la scuola senza la quale l’educatore, seppur in possesso di titoli elevati e di una lunga esperienza, riuscirebbe ad intervenire solo in maniera parziale.

Nel febbraio del 2012 il Censis realizza un’indagine, “La dimensione nascosta delle disabilità” (goo.gl/zMn6hn), nella quale i dati più evidenti risultano quelli dell’abbandono dell’attività lavorativa delle mamme di bambini autistici per assisterli costantemente.

Questo perché? Perché la scuola non è ancora pronta ad affrontare il problema e a formare educatori in grado di assistere adeguatamente il bambino autistico.

Parliamo di un’indagine del 2012 sì, ma è pur vero che con il passare degli anni, anche se il Ministero ha fornito linee guida, indicazioni e percorsi sempre più specifici, la specializzazione per gli insegnanti di sostegno e per gli educatori rimane un percorso generalizzato che non comprende studi specifici per l’autismo.

La famiglia del bambino autistico sarebbe giustamente più tranquilla se vi fosse la presenza costante di persone preparate e di insegnanti di sostegno che conoscano bene i fondamenti della pedagogia inclusiva (le metodiche di Schopler, il condizionamento operante, i metodi di comunicazione aumentativa e alternativa).

La necessità di fornire un’assistenza adeguata in ambiente scolastico è sicuramente uno dei punti più importanti quando si parla di relazione scuola-famiglia ma, d’altra parte, non si può tralasciare una seconda questione accennata prima: il forte coinvolgimento di genitori e familiari da parte della scuola.

Il lavoro di rete messo in atto tra insegnanti, educatori, medici, assistenti e genitori è utile a creare una sinergia che si manifesta nella realizzazione di un piano educativo personalizzato, utile per monitorare gli eventuali miglioramenti o peggioramenti del bambino autistico.

La presenza dei genitori è fondamentale durante la stesura del piano educativo perché questo, per funzionare, ha bisogno di continuità nel raggiungimento di obiettivi e strategie anche a casa.

John Cheng Gorman scrive che ogni rapporto insegnante/genitore ha una fase iniziale, una fase di mantenimento e una fase finale.

Durante la fase iniziale l’insegnante deve guadagnarsi la fiducia dei genitori per una futura collaborazione ed individuare gli obiettivi specifici e le strategie di apprendimento.

Nella fase di mantenimento l’insegnante utilizza gli incontri e le comunicazioni per accrescere e migliorare la comunicazione.

La fase finale porta ad un periodo di transizione durante il quale l’insegnante deve incoraggiare la famiglia ad affrontare il successivo step scolastico.

Quest’ultima fase è la più problematica per gli insegnanti di sostegno e per gli educatori. Nei casi in cui si riesca a creare un buon rapporto tra insegnanti e genitori, questi ultimi potrebbero essere riluttanti e non accettare serenamente il passaggio del bambino autistico in altre mani.

L’argomento, parecchio complesso e delicato, verrà trattato dalla Dott.ssa Grazia Delezotti, Psicologa e Psicoterapeuta, esperta in autismo e disturbi dello sviluppo, durante il workshop “Il bambino al nido: rilevare e gestire anomalie dello sviluppo” organizzato per venerdì 29 e sabato 30 Settembre.

Un secondo appuntamento è previsto per venerdì 6 e sabato 7 Ottobre con il workshop “La relazione tra scuola e famiglia: istruzioni per l’uso” della Dott.ssa Ida Gervasi, Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Familiare, dedicato totalmente al rapporto tra ambiente scolastico e familiare.

Per le iscrizioni, è possibile contattare la segreteria di Psyche at Work all’indirizzo info@psycheatwork.com oppure chiamare il numero verde 800.301657.