31 Lug 2018

La leadership nelle organizzazioni

La leadership nelle organizzazioni
Tutte le ricerche portate avanti negli anni indicano che nella leadership sono essenziali competenze personali unite a competenze ambientali. 
Le principali caratteristiche personali per la leadership sono:

  • Tolleranza allo stress;
  • Maturità emozionale (atteggiamento non difensivo, stabilità emotiva, autocontrollo, empatia, persuasione);
  • Integrità dei comportamenti rispetto ai valori proclamati;
  • Fiducia in se stessi;
  • Competenze tecniche sul lavoro;
  • Abilità concettuali (capacità di analizzare e identificare soluzioni a problemi complessi tramite l’utilizzo di modelli astratti);
  • Abilità gestionali (pianificare, delegare, supervisionare).

Le principali caratteristiche ambientali sono:

  • Tipologia del compito da svolgere (nuovo / sconosciuto, sequenziale / parallelo, prevedibile / imprevedibile, ecc.);
  • Caratteristiche del gruppo di lavoro (esperto / inesperto, conflittuale / cooperativo, strutturato / informale);
  • Ambiente organizzativo (prevedibile / imprevedibile, complesso / semplice, esigente / indifferente, ecc.).

Stili di Leadership

  • Autoritario: esercita il potere in modo dispotico. Non fornisce spiegazioni e la rete di comunicazione è centralizzata. Le decisioni sono prese senza alcuna consultazione del gruppo di lavoro. Può funzionare in situazioni di emergenza. Non funziona in presenza di persone competenti ed esperte;
  • Democratico: si caratterizza per la struttura comunicativa aperta che favorisce la partecipazione e il confronto. Sono accettate le critiche e viene utilizzato un sistema di deleghe e di condivisione delle responsabilità. Può funzionare in situazioni non emergenziali e dove viene data priorità al clima aziendale piuttosto che alla produttività;
  • Lassista: la presenza o assenza del leader non comportano differenze significative nell’organizzazione. Non fornisce regole e non effettua la supervisione dei lavori. Può funzionare in situazioni stabili in un gruppo di lavoro formato da persone competenti ed esperte;
  • Transazionale: il leader e i follower sono agenti di negoziazione che trattano per massimizzare la propria posizione relativa. La motivazione del collaboratore è dovuta alla possibilità del leader di erogare forme di ricompensa, sia di tipo economico sia psicologico. Il leader agisce anticipando le deviazioni della performance dallo standard e adotta lo stile laissez-faire, evitando di assumersi responsabilità. Può funzionare quando il leader non deve collaborare a lungo con i followers e in contesti nei quali si lavora su standard e obiettivi precisi;
  • Trasformazionale: il leader ottiene la collaborazione ponendosi come esempio per i collaboratori. il rapporto che si instaura si basa sulla condivisione dei valori organizzativi con lo scopo di spingere i collaboratori ad andare oltre i propri interessi individuali e a privilegiare il team. Può funzionare in presenza di obiettivi da raggiungere sul lungo termine e con collaboratori pronti a sposare una causa.
24 Lug 2018

Tecniche e strumenti di selezione del personale

Tecniche e strumenti di selezione del personale

La selezione del personale è un processo che ha come obiettivo la ricerca della persona che abbia le caratteristiche corrispondenti alla posizione disponibile. Non consiste nel semplice “avere fiuto”, ma richiede che siano seguite diverse fasi.

Il primo passo è la job analysis, costituita da due aspetti fondamentali:

job description: una descrizione dettagliata delle attività relative alla mansione;

job specification: la descrizione dei requisiti delle persone, che comprende le conoscenze, le abilità e le competenze ritenute necessarie per eseguire una certa professione.

La job analysis può essere effettuata attraverso quattro tecniche:

1. l’osservazione diretta: osservare la persona nel ruolo che andrebbe a ricoprire. E’ utilizzata per mansioni semplici, ha un costo elevato ma fornisce molte informazioni;

2. l’intervista: può accompagnare l’osservazione diretta o essere indipendente. Può essere strutturata, con domande predefinite, o semi-strutturata, con maggiore libertà di interazione;

3. episodi critici: consiste nell’identificare gli aspetti critici del comportamento e della prestazione;

4. il questionario: è costituito da un elenco di compiti, di responsabilità, a cui attribuire un punteggio ponderato. Ha un basso  costo.

Fatto ciò, occorre definire il profilo ideale, che comprende sia caratteristiche oggettive, come l’età, che caratteristiche psicologiche, come la motivazione; queste ultime, però, richiedono strumenti più specifici, utilizzabili solo da psicologi.

Dopo la job analysis, la selezione del personale procede con il reclutamento:

1. raccogliere le candidature potenzialmente interessanti. I candidati possono essere esterni all’azienda, oppure interni;

2. fare uno screening dei candidati e rimuovere i profili meno adeguati;

3. convocare i partecipanti ad un primo contatto con l’azienda.

A seguire c’è la selezione: permette al selezionatore di individuare le caratteristiche del candidato e viene fatta attraverso cinque tipologie di strumenti.

1. Intervista individuale: si divide in strutturata e non strutturata. L’intervista strutturata possiede maggiore attendibilità e validità predittiva rispetto alla non strutturata.

2. Intervista situazionale: si chiede al candidato di descrivere come si comporterebbe in una ipotetica situazione lavorativa.

3. Assessment Center: sono utili per comprendere lo stile di comportamento del candidato in gruppo.

4. Prove pratiche: consentono di mettere alla prova la persona non solo dal punto di vista delle dichiarazioni, ma anche della pratica della mansione.

5. Test psicometrici. 

Dopo aver redatto i profili di ogni candidato, il consulente presenta una lista di candidati alla committenza affinché questa possa operare la scelta finale di assunzione del candidato.

17 Lug 2018

Il feedback nelle organizzazioni

Il feedback nelle organizzazioni

In generale la parola Feedback rimanda alla conclusione di una riunione, di una formazione, o anche  alla fine di una settimana lavorativa tra capo e collaboratore. E’ sicuramente un elemento positivo nell’ambito di un’organizzazione quando entra a far parte di un processo culturale che coinvolge tutte le risorse umane presenti nell’azienda.

Quando viene introdotto per la prima volta all’interno di un’organizzazione può essere considerato un processo inutile e generare sconcerto, diffidenza e scetticismo.

Per gestire l’introduzione del feedback all’interno di un’organizzazione possono essere intraprese tre strade. 

  • Ottenere il consenso. E’ essenziale che chi ricopre un ruolo decisionale all’interno dell’azienda consideri il feedback fondamentale alla crescita dell’organizzazione e mostri questa sua opinione perchè altrimenti rischia di essere visto come un puro capriccio di qualche HR manager.
  • Evidenziare i benefici. La mancanza del feedback può riscontrarsi nel clima aziendale, nella poca fiducia tra i collaboratori o nel turnover. Tali elementi permettono di quantificare come il feedback possa avere un beneficio economico che sia anche calcolabile.
  • Non avere fretta. E’ impossibile innescare in maniera immediata tale processo in modo uniforme in un’organizzazione, ma bisogna partire dai soggetti più predisposti fino a che ogni elemento possa essere influenzato.
10 Lug 2018

Lifelong learning

Lifelong learning

Il lifelong learning è un approccio che ha come obiettivo quello di rimodellare e arricchire le conoscenze acquisite in passato attraverso se stessi. Nello specifico si tratta di un processo di auto-orientamento ed auto-formazione che adatta le competenze della persona a seconda dei nuovi bisogni, sia personali che sociali.

Parliamo, quindi, di una formazione ad personam che mira a migliorare la qualità della vita di un soggetto. Non interessa quindi competenze valide in modo universale, bensì un apprendimento continuo in linea con i cambiamenti del contesto sociale.

Differentemente dall’apprendimento tradizionale, nel lifelong learning l’individuo è l’unico responsabile di ciò che apprende, degli strumenti utilizzati e del contesto in cui sceglie di utilizzare le competenze.

Tre sono i processi implicati in questo particolare approccio:

  • l’apprendimento formale: percorsi d’istruzione e formazione che avvengono in appositi istituti e rilasciano diplomi/attestati;
  • l’apprendimento non formale: tutte quelle conoscenze e competenze apprese al di fuori di istituti formativi, ovvero all’interno di luoghi di associazione come aziende, sindacati, ecc.
  • l’apprendimento informale: quelle conoscenze e competenze apprese durante le proprie esperienze nel corso della vita.
03 Lug 2018

L’empowerment delle risorse umane

L’empowerment delle risorse umane

Per empowerment si intende il processo con cui viene sviluppata la capacità di singoli individui o di gruppi di compiere delle scelte e trasformarle in azioni. Fondamentali sono le capacità individuali e collettive che incrementano l’efficienza e l’equità del contesto organizzativo.

Questo concetto applicato al mondo del lavoro implica che ogni membro all’interno dell’azienda possa essere messo nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro al meglio delle proprie possibilità, poiché è il lavoratore stesso che sa meglio di chiunque altro cosa gli sia necessario per raggiungere l’optimum.

Come è possibile applicare l’empowerment in un contesto aziendale, trasformandolo in un un concetto concreto che porti valore aggiunto all’intera azienda e non rimanga un termine sospeso?

Ogni manager dovrebbe domandarsi come fare per creare le condizioni ideali per la crescita dei propri subordinati. La soluzione migliore consisterebbe nel lasciare che i dipendenti elaborino insieme una soluzione e decidano da soli. L’azienda può definire dei confini che aiutino a sapere entro quale limite ciascuno può prendere decisioni autonomamente senza interpellare un superiore.

I principali ostacoli al processo di empowerment di un gruppo di lavoro sono:

  1. Assenza di limiti: se le persone non sanno fino a che punto possono prendere decisioni autonomamente, sicuramente non ne prenderanno alcuna.
  2. Micromanagement: se un manager sminuisce una decisione presa da un suo sottoposto, distrugge ogni tipo di motivazione. Se la decisione è sbagliata, il manager dovrebbe semplicemente spiegare come fare a non sbagliare la volta successiva.
  3. Mancanza di spiegazioni e formazione: se lo staff non ha ben chiari i termini della strategia di empowerment, si sentirà insicuro e avrà paura di prendere decisioni. O saranno maggiori i rischi di compiere errori.
  4. Mancanza di follow-up: è compito di un manager indirizzare e seguire il suo team, rivederne le decisioni e aiutarlo a raggiungere una maggiore autonomia, con adeguati feedback da entrambe le parti.
  5. Mancanza di responsabilità: se il manager non fa proprie le decisioni prese dai suoi collaboratori, questi si sentiranno abbandonati e non supportati, perdendo fiducia in lui.

Questi ostacoli possono essere superati attraverso misure appropriate da parte del management:

  • Chiara definizione della strategia: obiettivi e compiti definiti per ciascun lavoratore.
  • Formazione del management: insegnare ai manager come lasciare autonomia ai membri del team e fidarsi di loro.
  • Uso di supporti appropriati (ad esempio, social network aziendali): per aiutare a costruire collaborazione.
  • Sviluppo di sistemi di revisione e valutazione a 360 gradi: per incoraggiare il dialogo tra un manager e la sua squadra e sviluppare strategie di formazione legate alle performance.

Un efficace empowerment delle risorse umane può portare l’azienda a livelli più elevati di innovazione e reattività alle richieste dei clienti, di motivazione e di soddisfazione del personale.

In conclusione, l’empowerment comporta un aumento della fiducia e delle competenze del personale, comunicando visione e obiettivi chiari.