25 Gen 2023

Che cos’è l’employability?

Che cos’è l’employability?

La crescente responsabilizzazione degli individui rispetto alla gestione della propria carriera è una conseguenza dell’emergere di nuove forme di organizzazione e mansioni che permettono di sviluppare la propria carriera in più direzioni. Di conseguenza, è emerso il bisogno di sviluppare il concetto di employability : la probabilità di impiego non all’interno di una specifica organizzazione, ma rispetto al mercato globale. É possibile tradurre il termine employability con “occupabilità” ed indica l’insieme delle hard e soft skills che aumentano la probabilità di trovare lavoro.

É interessante notare come, per questo periodo storico, si parla di passaggio dalla job security alla employment security, ed il successo implica la capacità di gestire efficacemente la propria carriera indirizzandola nel migliore dei modi individuando le proprie priorità.

Come diventare employable?

È possibile contrastare l’insicurezza lavorativa attraverso lo sviluppo di hard e soft skills spendibili oggi e nel prossimo futuro lavorativo. Tra queste, di fondamentale importanza è la proattività, cioè la tendenza a controllare le varie situazioni favorendo anche il cambiamento. La proattività riguarda la capacità di anticipare le esigenze relative all’operatività del proprio lavoro per riuscire ad organizzarlo al meglio immergendosi nelle varie situazioni. Un altro predittore dell’occupabilità è l’autoefficacia emotiva, infatti, ottimi livelli di autostima e autoefficacia possono influenzare le valutazioni delle esperienze lavorative e delle competenze personali. L’autoefficacia implica la fiducia di una persona nelle proprie capacità, abilità e potenzialità determinando la possibilità di mettersi in gioco. Invece, l’autostima riguarda l’intima consapevolezza del proprio valore.

Ulteriori studi hanno utilizzato il five factor model per dimostrare come ci sia una correlazione positiva tra l’occupabilità e l’apertura mentale, coscienziosità ed estroversione. L’apertura mentale caratterizza  le personalità creative, originali e curiose. Invece, la coscienziosità coinvolge caratteristiche come la premura e comportamenti diretti all’obiettivo. Infine, l’estroversione comprende socievolezza, eccitabilità ed espressività emotiva.

In conclusione

In questa società liquida, emerge come siano importanti cinque elementi: apprendimento, formazione continua, competenza, progettualità ed orientamento.

18 Gen 2023

INTELLIGENZA SOCIALE: IL SEGRETO PER ESSERE UN BUON LEADER IN UN’ORGANIZZAZIONE

INTELLIGENZA SOCIALE: IL SEGRETO PER ESSERE UN BUON LEADER IN UN’ORGANIZZAZIONE

Non tutti i leader sono uguali, soprattutto dal punto di vista dei loro subordinati. Il leader è la figura che può influenzare gli altri membri di un gruppo più di quanto sia essa stessa influenzata. I suoi tratti caratteristici sono l’intelligenza, l’intuizione, la responsabilità e la socievolezza, ma tutto questo non basta a spiegarne l’efficacia. I comportamenti che mette in atto influenzano la sua riuscita e le prestazioni del team che dirige. Ma esistono leader migliori di altri? Non è facile rispondere a questa domanda: ad alcuni interessa soltanto raggiungere gli obiettivi; altri sono poco presenti; altri ancora vogliono produrre risultati contando sul lavoro di squadra e sui buoni rapporti di gruppo. Alla lunga, sembra che siano proprio questi ultimi, ovvero i leader orientati al compito e alle persone, a ottenere le prestazioni migliori dai loro seguaci. Un ruolo importante nel loro lavoro lo svolge la loro intelligenza sociale: aiuta a trasmettere entusiasmo, a confrontarsi con le sfide, a pianificare il raggiungimento di traguardi e ad empatizzare con le persone. Goleman e Boyatzis definiscono questo tipo di leader “sintonizzato”: i compiti e la relazione con i sottoposti risultano coordinati.

VARIE DEFINIZIONI DI INTELLIGENZA SOCIALE

Ma cosa s’intende per intelligenza sociale? In realtà tale costrutto è ancora alla ricerca di una definizione definitiva. Tra le concettualizzazioni più stimate vi è sicuramente quella dello psicologo Daniel Goleman, che ne parla come la capacità di interagire adeguatamente con altre persone. Il comportamento socialmente intelligente richiede, quindi, che ci immedesimiamo negli altri ascoltandoli e stabilendo una relazione empatica e quindi ad una facilitazione sociale. Parole non troppo distanti da quelle dello psicologo Edward Thorndike, che già nel 1920 teorizzava l’abilità umana di comprendere gli uomini e di agire in modo saggio nelle interazioni. Le definizioni che hanno fatto seguito, fino a quella di Goleman, hanno chiarito la natura multidimensionale dell’intelligenza sociale, arricchendo le nostre conoscenze sul costrutto.

UN COSTRUTTO MULTIDIMENSIONALE

Caratteristica importante dell’intelligenza sociale è la sua multidimensionalità, che si riflette in quelle che sono le varie sfaccettature che costituiscono questa capacità. Tra queste troviamo: la comprensione, ovvero il riconoscere i sentimenti di chi ci circonda; la memoria, per ricordare i nomi e le facce delle persone; la percezione sociale, per capire quali informazioni sono davvero importanti; la creatività, utile a generare più interpretazioni o soluzioni in una situazione e la conoscenza sociale, insieme di informazioni sul mondo e sulla cultura

COME ALLENARE LA PROPRIA INTELLIGENZA SOCIALE?

Un buon modo per iniziare a coltivare la propria intelligenza sociale può essere quello di provare a mettere in pratica alcuni dei seguenti accorgimenti quando ci si relaziona con gli altri:

  • Ascoltare l’interlocutore senza interrompere o cercare di essere il centro dell’attenzione;
  • Capire che ogni individuo è portatore di un proprio pensiero e di proprie convinzioni: comprendere queste differenze senza giudicare o voler dimostrare ad ogni costo l’esattezza del proprio punto di vista;
  • Mantenere un atteggiamento tranquillo senza alzare la voce, rivolgendosi alle persone in maniera appropriata anche quando si è coinvolti in una discussione;
  • Parlare con qualsiasi persona con rispetto dei suoi sentimenti e convinzioni, non criticare e mantenere un  atteggiamento orientato alla comprensione e alla ricerca degli aspetti positivi degli altri;
  • Prendere l’iniziativa nelle relazioni ed entrare in contatto anziché aspettare che siano gli altri a farlo per primi
11 Gen 2023

IL LAVORO DA CASA E CON PIÙ PAUSE POSSIBILI MIGLIORA LA PRODUTTIVITÀ

IL LAVORO DA  CASA E CON PIÙ PAUSE POSSIBILI MIGLIORA LA PRODUTTIVITÀ

Un gruppo di ricerca della Texas A&M University School of Public Health ha condotto uno studio che ha rilevato che è possibile migliorare la produttività dei dipendenti e il benessere dell’azienda grazie al lavoro a distanza, soprattutto dopo eventi traumatici che rendono impossibile il rientro nel posto di lavoro. Ciò è stato dimostrato prendendo in considerazione i disastri naturali e altri eventi che portano allo spostamento del luogo di lavoro. In particolare, lo studio ha valutato i dati tecnologici dei dipendenti prima, durante e dopo l’uragano Harvey.

Lo studio

Tra il 17 agosto e il 2 settembre 2017, la grande area di Houston è stata colpita da un devastante uragano di categoria 4, l’uragano Harvey. In un periodo di cinque giorni, le precipitazioni hanno raggiunto i 33 trilioni di galloni, colpendo più di 13 milioni di persone in Texas e Louisiana e costando danni stimati intorno ai 160 miliardi di dollari. A cause delle inondazioni estreme, molte aziende sono state costrette a chiudere le loro sedi e i loro uffici. Alcune aziende hanno incoraggiato il lavoro a distanza per evitare la completa perdita di produttività e funzionalità.

I risultati

Lo scopo di questo studio era valutare l’impatto dell’uragano Harvey sulla produttività sul posto di lavoro tra i dipendenti sfollati. Ciò che i ricercatori hanno scoperto è che l’uso totale del computer è diminuito durante l’uragano, ma è tornato rapidamente ai livelli pre-uragano sette mesi dopo l’evento. Al momento dell’uragano, non è stato osservato alcun cambiamento nel numero totale di ore di lavoro, ma un calo significativo nel numero di ore in cui i dipendenti hanno lavorato attivamente al computer. Per tutto il resto del periodo in cui i dipendenti sono stati completamente dislocati dal posto di lavoro fisico, è stato osservato un aumento sia della quantità totale di tempo di lavoro, sia del numero di ore di lavoro attive al computer. Il numero totale di ore di lavoro ha iniziato a diminuire una volta iniziato il ritorno graduale al posto di lavoro fisico e durante il periodo di rientro graduale, le ore di lavoro totali e le ore attive al computer totali sono diminuite. Durante il periodo in cui i dipendenti sono stati completamente restituiti al loro posto di lavoro fisico, non è stato registrato alcun cambiamento nelle ore totali di lavoro o nel numero di ore attive di lavoro. Si è notato quindi come quasi tutti i dipendenti dello studio sono tornati allo stesso livello di produzione che avevano prima dell’uragano Harvey, pur lavorando da casa. È stato scoperto inoltre che era importante per i dipendenti fare pause regolari, fatto che riduce la possibilità di incorrere in infortuni sul lavoro. Le persone che hanno fatto le pause consigliate sono state complessivamente più produttive rispetto alle altre.