31 Lug 2019

Cambiamento climatico e salute mentale

Cambiamento climatico e salute mentale

Il tema del cambiamento climatico è uno dei più dibattuti degli ultimi anni. Secondo le stime degli esperti, gli effetti del riscaldamento globale sono già in atto e il processo di deterioramento sta accelerando.
Ad oggi, le emissioni di gas serra stanno aumentando più rapidamente del previsto e le conseguenze sono visibili, più di quanto si potesse stimare anni fa.

Sembra proprio che la minaccia dei cambiamenti climatici stia avendo un impatto molto forte dal punto di vista psicologico sulla popolazione (oltre che ambientale, naturalmente). Secondo un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Arizona, il cambiamento del clima sta provocando alti livelli di stress e persino la depressione su alcuni soggetti, secondo la loro percezione della minaccia del cambiamento climatico globale.

Mentre il riscaldamento globale continua a sciogliere i ghiacciai ed eventi metereologici di grave entità continuano a colpire parti del globo, i ricercatori hanno deciso di saperne di più su come la percezione delle persone sulla minaccia del cambiamento climatico influisca sulla salute mentale. Nello studio pubblicato sul Global Environmental Change, i ricercatori hanno delineato tre tipologie di preoccupazioni ambientali che possono avere effetti psicologici:

  • La preoccupazione egoistica, legata agli effetti che il surriscaldamento globale può esercitare direttamente sull’individuo;
  • La preoccupazione altruistica, ossia l’ansia estesa all’umanità in generale e all’eredità da lasciare alle nuove generazioni;
  • La preoccupazione biosferica, che si riferisce alla preoccupazione per la natura, le piante e gli animali.

In un sondaggio online di 342 genitori di bambini piccoli, coloro che hanno segnalato alti livelli di preoccupazione per la biosfera hanno riferito di sentirsi maggiormente stressati dai cambiamenti climatici globali, mentre quelli le cui preoccupazioni erano più egoistiche o altruistiche non hanno segnalato uno stress significativo legato al fenomeno. Inoltre, quelli con alti livelli di preoccupazione biosferica avevano più probabilità di riportare segni di depressione, mentre nessun altro collegamento con la depressione è stato trovato per gli altri due gruppi.

“Le persone che si preoccupano per gli animali e la natura tendono ad avere una prospettiva planetaria e pensano a problemi più grandi”, ha dichiarato la Professoressa Sabrina Helm dell’Università dell’Arizona. “Per loro – ha continuato la Helm – il fenomeno globale dei cambiamenti climatici influisce molto chiaramente su questi aspetti ambientali più ampi, quindi hanno la preoccupazione più pronunciata, perché la vedono già dappertutto”.

Dunque, sembrerebbe proprio che il cambiamento ambientale abbia anche forti ripercussioni sulla nostra psiche che, un domani, potrebbe avere implicazioni notevoli per la salute pubblica. D’altro canto, essendo il cambiamento climatico un fenomeno visibile e tangibile già ora, le ansie che ne derivano sono legittime. Pensiamo, ad esempio, ai danni che il surriscaldamento globale ha provocato all’agricoltura e, di conseguenza, agli agricoltori. I problemi ambientali non sono fini a se stessi, ma hanno delle implicazioni sociali molto forti, in grado di mutare radicalmente la nostra economia. Insomma, interventi a favore dell’ambiente e politiche forti in tal senso sono una necessità e un dovere, per tutelare gli ecosistemi e proteggere la salute delle generazioni future.

31 Lug 2019

L’arte del Public Speaking

L’arte del Public Speaking

Per la maggior parte degli oratori e dei formatori, il Public Speaking è quella disciplina che fornisce tutta una serie di strumenti e strategie di comunicazione che permetteno a uno speaker di esporre dei concetti di fronte a un uditorio nella maniera più chiara possibile.

Questo punto di vista, tuttavia, prevede che tutte le energie dell’oratore siano concentrate su di sé, sulla gestione delle sue paure, sui suoi contenuti, sulle sue modalità espositive.

Il Public Speaking fondamentale è un’abilità che permette di affinare il pensiero critico e sviluppare delle competenze comunicative verbali e non verbali che rappresenteranno un enorme vantaggio nel momento in cui vi troverete a comunicare in pubblico. Con il termine comunicazione si intende il processo e le modalità di trasmissione di un’informazione da una persona a un’altra e questa rappresenta l’obiettivo di chi vuole apprendere l’arte del Public Speaking.

Chi parla in pubblico, parla. Chi parla al pubblico, ascolta. Può sembrare paradossale e controintuitivo, ma la capacità principale che deve avere chi ha a che fare col public speaking è proprio ascoltare.


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Public Speaking: perché farlo?

Se state ricordando un momento in cui vi siete trovati a presentare un discorso in pubblico è probabile che uno dei ricordi più vividi sia quello delle vostre mani sudate e delle gambe tremolanti. Eliminare questi stati d’ansia potrebbe essere il principale risultato che vorreste ottenere da una formazione in Public Speaking ma permettetemi di dirvi che in realtà ci sono tanti motivi per cui tutti dovrebbero imparare a parlare in pubblico.
Vediamone alcuni:

– Ogni volta che parlate in pubblico, aumenta la fiducia voi stessi
– Quando vi sentite comodi a parlare in pubblico, imparate a godere della compagnia delle persone
– Potete raggiungere un pubblico di grandi dimensioni in un tempo più breve rispetto alle conversazioni individuali
– È un ottimo modo per mostrare quanto siete preparati su un argomento
– Potete costruire una base di fan interessati alle vostre presentazioni

Se queste ragioni non sono sufficienti per convincervi a salire sul podio e dare tutto, forse dovreste sapere che l’abilità di saper parlare in pubblico è molto apprezzata dei datori di lavoro. Infatti, una persona che se come catturare l’attenzione di un pubblico ottiene migliori risultati sul posto di lavoro, a scuola o addirittura nella propria vita personale.
Saper parlare in pubblico ti permette di influenzare il mondo che ti circonda.

Saper comunicare in pubblico in maniera straordinariamente efficace significa avere il pieno controllo di sé, dell’ambiente e dell’argomento, significa raggiungere un equilibrio e una flessibilità che non hai mai sperimentato prima… e a volte significa anche sciogliere qualche nodo personale.

Comunicare in pubblico con successo richiede sempre un corretto livello di energia, pronto per essere modificato a volontà; significa divertirsi, significa imparare come le persone pensano, ascoltano, giudicano, assegnano significato alle cose e come le memorizzano.

Significa, letteralmente, rendersi indimenticabili.

Che tu sia davanti a dieci, cento, mille o diecimila, la tua prestazione dovrà, e potrà, essere sempre al massimo livello possibile.

24 Lug 2019

Le conseguenze del cyberbullismo

Le conseguenze del cyberbullismo

Internet e le nuove tecnologie hanno spalancato notevoli possibilità a tutti. Allo stesso tempo i nuovi media, e il loro uso improprio, hanno i loro rovesci di medaglia. Fenomeno tristemente recente, ma in rapido sviluppo, è indubbiamente quello del cyberbullismo.

Come si presenta il cyberbullismo?

Il termine fu coniato nel 2002 dall’educatore Bill Belsey e rimanda molto al concetto di bullismo tradizionale. Indica un atto aggressivo e intenzionale, condotto da un individuo o da un gruppo di individui, usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel corso del tempo, contro una vittima che ha difficoltà a difendersi. Gli elementi che lo accomunano al bullismo tradizionale sono dunque l’abuso di potere, la ripetizione, l’intenzionalità e l’aggressività. Rispetto però al bullismo tradizionale, l’uso dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo alcune caratteristiche proprie, come:

  • Anonimato: anche se illusorio in quanto ogni comunicazione elettronica lascia delle tracce. Per la vittima però è difficile risalire da sola all’aggressore;
  • Indebolimento del senso della morale: in quanto la gente fa e dice cose in rete che non farebbe e non direbbe nella vita reale;
  • Assenza di limiti spazio-temporali: in quanto il bullismo tradizionale avviene di solito in luoghi e momenti specifici, mentre il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico.

Quali sono i modi di agire del bullo online?

In generale, sono tutte le azioni che portano all’emarginazione di un soggetto da parte della sua comunità. A rivestire il ruolo di cyberbullo sono maggiormente i giovani che partecipano ad un elevato numero di attività online e che ricevono uno scarso controllo genitoriale. In letteratura esiste una classificazione delle azioni tipiche del cyberbullo. Queste sono:

  • Flaming: messaggi online violenti e volgari mirati a scatenare schermaglie verbali in un forum;
  • Cyber-stalking: molestie e denigrazioni ripetute, persecutorie e minacciose mirate ad incutere timore;
  • Denigrazione: pettegolezzi inventati per danneggiare la reputazione della vittima;
  • Sostituzione di persona: farsi passare per un’altra persona per poi spedire messaggi e pubblicare testi al suo posto;
  • Rivelazioni: pubblicare informazioni private e imbarazzanti su un’altra persona;
  • Inganno: ottenere la fiducia di qualcuno con l’inganno per poi pubblicare o condividere con altri le informazioni confidate attraverso i mezzi elettronici;
  • Esclusione: escludere deliberatamente una persona da un gruppo online per ferirla;
  • Molestie: spedizione ripetuta di messaggi insultanti con l’unico fine di ferire il destinatario.

Il cyberbullismo, inoltre, sembra produrre conseguenze ancora più gravi sulle vittime rispetto a quello tradizionale. Un contenuto offensivo condiviso dal bullo può essere divulgato a cascata da altri spettatori che contribuiscono ad accrescere l’effetto dell’aggressione.

La cronaca negli ultimi anni ci ha presentato diversi casi di suicidio o tentato suicidio della cybervittima. Sono noti alcuni casi di ragazze che hanno tentato il suicidio o si sono uccise per il grande senso di impotenza e vergogna provato dopo aver scoperto che una loro foto, o un loro filmato di un rapporto sessuale, era finito sui cellulari dei compagni di scuola o su qualche sito internet.

Questo fenomeno, in continua evoluzione, è divenuto dunque un vero e proprio problema sociale, ed occuparsi di esso è un dovere. Il cyberbullismo non riguarda solo i diretti interessati, ma chiunque voglia promuovere il rispetto degli altri e l’educazione alla legalità. Per questo motivo dobbiamo mantenere alta l’attenzione, soprattutto nei confronti del bullo, poiché un atteggiamento di disinteresse potrebbe sicuramente rinforzare i suoi comportamenti.

23 Lug 2019

Come nasce Facebook?

Come nasce Facebook?

Facebook è il social network più utilizzato al mondo, con oltre due miliardi di iscritti. Fondato nel 2004 da Mark Zuckerberg, ha impiegato pochi anni per diffondersi in tutto il Mondo.

In principio il suo nome era Facemash. In una notte di ottobre del 2003, uno studente di psicologia che ama la programmazione di Harvard, tale Mark Zuckerberg, siede davanti al computer e guardando l’annuario universitario ha un’idea: creare un sito dove caricare tutte le foto degli studenti del college. Chi vi accede può votare la preferita tra due foto che il sistema seleziona casualmente. Nel giro di poche ore Mark riesce ad hackerare i database dei diversi studentati di Harvard e ad estrarre i nomi e le fotografie di tutti gli studenti.

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Nelle prime 4 ore di attività Facemash attirò 450 visitatori e 22.000 click sulle foto. Il sovraccarico di dati mandò in crash i server dell’università e Facemash venne chiuso dai vertici di Harvard pochi giorni dopo: Zuckerberg fu accusato di infrazione della sicurezza e di violazione della privacy degli studenti e venne punito con sei mesi di sospensione. Da qui inizia la storia di Facebook. Il successo ottenuto da Facemash convinse il giovane Mark Zuckerberg a proseguire nell’idea di offrire uno strumento agli studenti di Harvard per socializzare. Nel gennaio del 2004, Zuckerberg registra il dominio thefacebook.com e ha inizio la storia del socila network più visitato al Mondo e che ha cambiato per sempre la storia di Internet

Solitamente al nome Facebook viene associato sempre quelle di Mark Zuckerberg, ma l’attuale CEO dell’azienda non è l’unico fondatore del social network. Fin dall’inizio è stato aiutato da diversi colleghi di Harvard che risultano essere anche tra i co-fondatori della piattaforma: Eduardo Saverin, Andrew McCollum, Dustin Moskovitz e Chris Hughes. Per diventare il social network più utilizzato al Mondo con oltre due miliardi di iscritti Facebook ha subito cambiamenti e trasformazioni, tanto che è quasi banale definirlo solamente un social network.

Nel giugno del 2004 Zuckerberg e McCollum terminati gli studi, si trasferirono nella storica sede di Palo Alto (California) e durante l’anno successivo registrarono ufficialmente il dominio facebook.com

Facebook viene reso disponibile in lingua italiana il 14 Maggio del 2008, ma il suo boom arriva ad Agosto del 2008, quando si registrano su Facebook più di un milione e trecento mila visite.

A Novembre del 2011 sono 21 milioni gli italiani che hanno un account su Facebook, e di questi 13 milioni si collegano ogni giorno (di questi 7,5 milioni da mobile).
L’ultima rilevazione che si ha risale a Maggio 2017, ed i dati parlano di 30 milioni di utenti attivi al mese di cui 24milioni si collegano quotidianamente.

Il cuore del progetto di Zuckerberg è la piattaforma. La timeline permette di avere la storia della propria vita in digitale. Sostituisce l’anteprima delle foto che troviamo oggi su ogni profilo. Inserisce la memoria grazie a un software. E dai primi commenti in rete sembra piacere agli utenti. Ma soprattutto, l’arrivo di applicazioni di ogni natura (fino a oggi erano soprattutto giochi), musica, film, giornali, con la possibilità di vedere in tempo reale non solo che cosa piace, ma anche che cosa ascolta, che cosa legge, e così via, un nostro amico.

Viene spinta l’interazione in tempo reale. E fatto un passo in più verso una trasformazione della rete di cui si parla da tempo. Il web semantico. E cioè il passaggio dalle informazioni cercate con un algoritmo, sul modello di Google, a una ricerca che contempli anche il significato. Lo sviluppo del web sociale rende il concetto di semantico molto legato al significato che le informazioni hanno per la persona che “avvia” la ricerca. Il mondo di Facebook, così come annunciato da Zuckerberg, è un mondo digitale dove vedi il film perchè in quel momento lo sta guardando un tuo amico, magari uno con cui condividi la stessa passione. E’ un informazione piena di valore per l’utente.

Di tanto in tanto ci si chiede se Facebook sia una moda passeggera o qualcosa di più. Nel digitale cambia tutto alla velocità della luce, ma sembra che la risposta sia la seconda. Google ha capito che l’universo esplorato da Zuckerberg non può essere trascurato e, dopo alcuni tentativi, con Google Plus ha lanciato una sfida che ha tutte le caratteristiche per essere seria. Solo che trovare un motivo per uscire da Facebook sta diventando davvero difficile.

17 Lug 2019

Il potere della musica

Il potere della musica

L’importanza e la bellezza della musica sta nel non farci sentire soli, nel condividere emozioni con gli altri, nell’immortalare un evento associandolo ad una canzone. La musica dà piacere, suscita forti passioni, stimola i ricordi, facilita e rafforza i legami sociali e dà luogo ad una forma di comunicazione che va oltre le parole arrivando a far presa sul sistema inconscio.

Ascoltare musica può assolvere a diverse funzioni e il suo contributo varia da persona a persona, dal grado di coinvolgimento che riusciamo a stabilire con ciò che ascoltiamo, dalla nostra sensibilità, dalle nostre aspettative e dalle necessità che, più o meno inconsciamente, cerchiamo di soddisfare attraverso l’ascolto.

Tra le diverse funzioni della musica possiamo evidenziare:

  • Una funzione di tipo “contenitivo”: capita spesso di cercare brani che già conosciamo, il cui ascolto provoca una regolazione emotiva che avviene rievocando esperienze e vissuti già provati in precedenza.
  • A questa si accompagna una funzione “rievocativa” che stimola i ricordi associandoli all’ascolto.
  • Infine una funzione “evasiva”: che consente di allontanarsi momentaneamente dalla realtà e favorisce il realizzarsi dei “sogni ad occhi aperti”.

Se la musica allegra ha il potere di rallegrarci si potrebbe pensare che quando siamo tristi dovremmo voler ascoltare canzoni felici, e invece questo non succede quasi mai. Ascoltare una canzone triste può valere come supporto, l’effetto empatico che si crea con l’ascolto ci fa sentire capiti, ci dà la sensazione di poter condividere quello che ci fa soffrire con qualcuno che ha provato lo stesso dolore. Un messaggio che arriva attraverso la musica risulta rassicurante, non aggressivo, e questo favorisce l’insorgere di un sentimento empatico. I brani malinconici non suscitano solo tristezza ma anche emozioni romantiche, come la commozione, che contrastano un effetto deprimente. La tristezza che ci arriva dall’Arte, in tutte le sue forme, a differenza di quella che può insorgere nella vita quotidiana, non è avvertita come una reale minaccia e viene quindi vissuta in modo molto diverso.

Ma gli effetti della musica si spingono anche molto oltre: partono dal nostro codice genetico, attraversano i nostri pensieri, le nostre emozioni e i nostri corpi, fino ad arrivare al modo in cui ci rapportiamo con gli altri. Ecco alcuni effetti sorprendenti della musica sulla nostra psiche:

  1. Miglioramento del QI verbale e delle abilità visive: I vantaggi di imparare a suonare uno strumento non si limitano all’ambito musicale ma si estendono alle aree della cognizione e della percezione visiva;
  2. L’ascolto attivo migliora l’umore;
  3. La musica ci fa sentire i brividi;
  4. Cantare insieme unisce: Dal momento che la musica è spesso un’attività sociale, cantare o suonare insieme può aiutare le persone ad avvicinarsi. Alcuni studi hanno dimostrato che le persone trovano molto gratificante “sincronizzarsi” tra loro. Ciò aumenta il senso di appartenenza al gruppo e può anche rendere le persone più vicine le une alle altre”;
  5. Vedere volti felici: Sono sufficienti 15 secondi di ascolto di un pezzo musicale per cambiare il nostro modo di giudicare le emozioni sui volti delle altre persone;
  6. I bambini sono nati per ballare: I neonati di appena cinque mesi rispondono ritmicamente alla musica e sembrano trovarla più interessante del linguaggio.

Ma non tutti viviamo la musica allo stesso modo. Una differenza marcata pare esistere tra la fruizione del brano musicale di un profano e di un professionista. Un profano che ascolta musica è appagato dallo stabilire con i suoni che ascolta un’empatia che gli procura coinvolgimento emotivo, in modo rilassato ed immediato. Caratteristiche che vengono meno nell’ascolto di un professionista che, di fronte alla stessa musica, sarà portato ad esaminarne la struttura, le componenti vocali e strumentali, il modo in cui viene eseguita. In questo caso il piacere dell’ascolto arriverà, più che dalla componente emotiva, da una componente tecnica, non più una fruizione passiva ma la valutazione delle competenze di chi ha eseguito il pezzo e la possibilità di riuscire a riprodurlo lui stesso.

10 Lug 2019

Comunicazione aziendale: a cosa serve?

Comunicazione aziendale: a cosa serve?

La comunicazione aziendale è sempre aperta e attiva, e agisce su vari fronti simultaneamente: da un lato sottolinea i principi del marchio e la sua filosofia d’azione, dall’altro informa ed espande la clientela e ne prende in considerazione giudizi ed impressioni.

La comunicazione aziendale non si esaurisce nel solo atto comunicativo in sé per sé, ma comprende gli studi, le ricerche e le statistiche che permettono di selezionare la tecnica comunicativa più efficace.
L’attenzione che oggi ogni grande marchio riserva alla comunicazione aziendale interna ed esterna dimostra quanto sia efficiente e produttivo un tale strumento.
Il fenomeno si sta espandendo a tutti i tipi di aziende: sono sempre di più le piccole e medie imprese che puntano sulla comunicazione, anche sfruttando le enormi potenzialità dei social network come Facebook.
La cura dell’immagine, infatti, è un elemento molto importante per tutte le attività commerciali, anche per quelle che fino ad oggi ne hanno sottovalutato le grandi potenzialità.
Non esiste organizzazione che non debba preoccuparsi della propria immagine e visibilità, questa è la realtà.
Alcune complesse dinamiche, come l’apertura dei mercati internazionali, la maggiore accessibilità alle informazioni e l’aumento progressivo della concorrenza, hanno reso la comunicazione uno strumento indispensabile per rafforzare il proprio marchio e renderlo riconoscibile agli occhi dei consumatori.

Dunque, ecco gli obiettivi che ogni azienda deve porsi da ora in avanti:

– Costruire un’identità e un’immagine positiva
– Mantenere nel tempo l’immagine positiva creata
– Contribuire all’arricchimento dell’identità aziendale
I Principi Strategici della Comunicazione Aziendale

Prima di agire concretamente, però, è importante pianificare una strategia che tenga conto di alcuni elementi imprescindibili. Quali?

Principio di esistenza: una strategia comunicativa deve essere documentata e conosciuta da tutti gli attori coinvolti, interni ed esterni.
Principio di differenziazione: ogni azienda deve avere una personalità esclusiva, un brand forte, perché solo così potrà emergere tra i competitors.
Principio di continuità: una strategia comunicativa deve essere concepita per durare nel tempo. In questo lungo percorso verrà definita e mantenuta un’identità aziendale.
Principio di chiarezza: una strategia comunicativa che si rispetti deve essere semplice e immediata, deve cioè andare dritta al punto, senza meccanismi troppo contorti o addirittura incomprensibili. I messaggi devono essere recepiti correttamente da tutti gli interlocutori.
Principio di realismo: non bisogna fissare obiettivi troppo ambiziosi rispetto ai mezzi di cui si dispone. Piedi per terra sempre e comunque. Per raggiungere grandi mete dobbiamo lavorare con umiltà passo dopo passo, lasciando da parte le manie di grandezza.
Principio di flessibilità: una buona strategia deve essere in grado di adattarsi ai diversi mezzi esistenti, come TV, stampa, radio, Web, Social, e alle diverse forme di comunicazione attuabili, come pubbliche relazioni, promozioni o pubblicità.
Principio di coerenza: ogni strategia di comunicazione deve essere coerente alla mission e alla vision aziendale, se davvero vuole creare un’identità aziendale forte e riconoscibile.
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E che cosa deve comunicare ogni azienda?

– I suoi valori;
– I suoi punti di forza rispetto ai concorrenti;
– L’esclusività dei suoi prodotti/servizi;
– L’efficienza della sua organizzazione;
– La sua attenzione nei confronti dei clienti, della comunità, del territorio e dell’ambiente.

La buona comunicazione aziendale

Molto spesso le esperienze pregresse dei dipendenti, la loro differente preparazione, le diverse abitudini e mentalità,una buona comunicazione aziendale nonché una vera e propria sottostima dell’organizzazione del flusso di informazioni aziendali, rappresentano degli ostacoli ad una buona comunicazione d’impresa.
Un altro errore che spesso viene commesso da chi dirige la comunicazione aziendale, è quello di sottolineare gli eventi positivi e trascurare i dati scoraggianti; il motivo va ricercato nella volontà di non deludere le aspettative dei dirigenti.
Una buona comunicazione aziendale trasmette in modo chiaro la politica dell’impresa e si assicura che questa sia compresa da tutti – dipendenti e clienti – affinché i dipendenti concorrano a raggiungere un obiettivo comune e i clienti possano riconoscere l’identità e la coerenza del marchio ogni volta che vi si affidano.

10 Lug 2019

La metafora della farfalla in fiamme

La metafora della farfalla in fiamme

Il fenomeno della farfalla in fiamme è una metafora che ci parla della dipendenza affettiva e di come a volte siamo attratti da ciò che ci ferisce temendo ciò che può liberarci. In alcuni momenti della vita potremmo sentirci incapaci di uscire da situazioni che ci causano sofferenza, anche se queste ci procurano malessere e oppressione. In questi casi è molto probabile cadere nella dipendenza affettiva. Ed è proprio in questo modo che ci avviciniamo al fenomeno della farfalla in fiamme.

Le farfalle sono fortemente attratte dalla luce emessa da una fiamma, ma più si avvicinano, più la loro sofferenza aumenta. Ma questa sofferenza non impedisce esse di vedere la fiamma come uno stimolo allettante.

Per essere più concreti, proviamo a immaginare quella persona che fa tutto il possibile per recuperare la relazione con l’ex partner. Gli manda dei messaggi, gli telefona, gli compra dei regali, ecc. In pratica, fa tutto ciò che pensa sia necessario affinché quella persona non la abbandoni.

Una probabile conseguenza di questo fenomeno è la distruzione dell’autostima: è uno dei primi “tessuti” che la fiamma inizia a bruciare causando al soggetto la perdita del controllo emotivo e del senso della realtà.

Eccovi ora alcuni accorgimenti per cercare di evitare il fenomeno e reagirvi in modo corretto:

  1. Importanza della conoscenza di sé. Conoscerci ci aiuterà a individuare questi comportamenti e capire perché siamo tentati di seguirli nonostante ci feriscano. Questo è il punto di partenza per eliminarli.
  2. L’autostima. Se riconosciamo il nostro valore, è più facile non cadere in trappola ed aggirare l’ostacolo.
  3. Smettere di idealizzare: A volte vediamo l’altra persona come un essere perfetto, migliore di quello che è effettivamente nella realtà.
  4. Stare da soli non è un male. Recuperare il rapporto con sé stessi è un passo fondamentale.
  5. Abbiate una visione complessiva delle cose. Cercate di avere una prospettiva chiara della situazione mettendovi nei panni dell’altra persona.

Quando riconoscete che state vivendo il fenomeno della farfalla in fiamme, in caso di sofferenza, cercate di approfittare di questo momento per:

  • Lasciar fluire la vostra vita.
  • Ricostruirvi da un punto di vista emotivo.
  • Riconoscere quali sono i vostri limiti e quelli dell’altra persona.
  • Cercare di liberarvi dai problemi attraverso il perdono. La rabbia non rappresenta una soluzione ma in questo caso è solo una scoria relazionale di difficile gestione.
  • Essere empatici.
  • Iniziare a trovare un significato alla vostra vita. Ricostruite un rapporto con voi stessi, siete il punto di partenza migliore.

Il fenomeno della farfalla in fiamme può intrappolarci a volte, ma tutto dipende da noi, siamo in grado di riconoscere il problema e affrontarlo. L’autostima, la dedizione, la conoscenza di sé ci permetteranno di proteggerci contro questa minaccia.

03 Lug 2019

Il Tecnostress

Il Tecnostress

Il termine Tecnostress venne coniato dallo psicologo americano Craig Broad nel suo libro edito nel 1984 da Addison Wesley: “Technostress: the human cost of computer revolution” (“Il costo umano della rivoluzione dei computer”). Lo psicologo faceva riferimento per la prima volta allo stress legato all’uso delle tecnologie e al loro impatto a livello psicologico.
L’utilizzo delle tecnologie informatiche è ormai talmente diffuso, che immaginare la nostra vita quotidiana senza computer o senza Internet sarebbe quasi inverosimile. Allo stesso modo il mondo del lavoro è talmente sempre più connesso all’utilizzo di apparecchiature informatiche, che anche le professioni più tradizionali si avvalgono ormai dell’aiuto delle nuove tecnologie. Ci sono poi delle attività lavorative, che vengono svolte quasi esclusivamente tramite l’utilizzo di attrezzature informatiche. In questi casi un rischio a cui sono sottoposti gli operatori è quello relativo all’enorme flusso di informazioni digitali, che il cervello umano deve processare. Ciò può causare notevoli problemi per la salute e la sicurezza sul lavoro delle persone, che svolgono attività con massiccio utilizzo di: computer, Internet, Email, Software di Istant Messaging (WhatsApp, Messanger; Skype, ecc…).

I tempi indotti dalla tecnologia che evolve troppo rapidamente non si adattano al percorso degli individui, per questo si sviluppa una pressione psicologica caratterizzata da disagio e frustrazione. Già nella definizione di Broad veniva fatto riferimento a determinati sintomi da ricondurre alla sindrome del Tecnostress come ansia, affaticamento mentale, depressione, incubi notturni; in particolare, molte persone erano soggette a frequenti attacchi di rabbia causati dalle difficoltà di utilizzo di computer e software e dalla gestione di guasti o blocchi che interrompevano l’attività lavorativa.

Un’elevata esposizione ai fattori finora elencati può comportare l’insorgenza di fenomeni quali:
-Tecnostress
-Internet dipendenza
-Email addiction

Oggi quello che stressa non è la scarsa performanza delle tecnologie informatiche, che anzi funzionano molto bene, bensì l’eccessivo utilizzo che se ne fa e l’enorme mole di informazioni a cui si è sottoposti. Tutto ciò può provocare notevoli scompensi per la salute:

-Affaticamento mentale, cefalea;
-Ipertensione;
-Insonnia;
-Disturbi muscolo-scheletrici;
-Ansia
-Attacchi di panico
Alterazione percettiva della realtà.
-Tutto ciò produce conseguenze anche a livello lavorativo (ed economico), generando: aumento dell’assenteismo, difficoltà nel lavoro in team, diminuzione della produttività.

 

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Tra le patologie appena elencate l’insonnia e gli attacchi di panico meritano sicuramente un approfondimento.

Per quanto riguarda l’insonnia è stato verificato che, oltre al sovraccarico informativo, che impedisce il rilassamento del cervello prima del sopraggiungere del sonno, anche l’esposizione ai led a “luce blu” degli schermi touch può produrre alterazione del normale ciclo sonno – veglia.

Gli attacchi di panico sono anch’essi un sintomo grave del Tecnostress. Il panico è una paura estremamente forte, che si manifesta in maniera violenta ed improvvisa. Quando il nostro cervello percepisce un pericolo molto grave, il nostro organismo si predispone ad affrontarlo. Una volta passato il pericolo, la fase di allarme o “panico” dovrebbe ritornare sotto controllo riportando la situazione in equilibrio. Quando, invece, il cervello umano è subissato da un elevato numero di informazioni digitali, potrebbe insorgere la sensazione di non riuscire a gestire una tale mole di dati nei tempi richiesti. In questo caso la situazione non ritorna in equilibrio, generando uno stato di allarme costante, da cui possono scaturire gli attacchi di panico.

La gestione delle conseguenze prevede l’attuazione di strategie di prevenzione, formazione e di misure per la gestione del carico sintomatologico. Rimedi validi per il Tecnostress sono quelli che inducono al rilassamento mentale e fisico e all’interruzione, per alcuni porzioni di tempo, del flusso digitale attraverso tecniche mentali (pnl, esercizi di concentrazione), tecniche olistiche (yoga, agopuntura, meditazione), tecniche sportive (sport e passeggiate a contatto con la natura), tecniche rigenerative (alimentazione naturale, uso di piante mediche e officinali, omeopatia, naturopatia). In ambito professionale è importante prevedere una riorganizzazione del lavoro e un’adeguata distribuzione del carico informativo nel rispetto degli orari e degli spazi extra-lavorativi. Una buona strategia dovrà includere anche l’attivazione della richiesta di una maggiore formazione dei lavoratori sulla valutazione del rischio Tecnostress e dei danni connessi ai campi elettromagnetici.