25 Set 2018

Il benessere psicologico in ambito lavorativo

Il benessere psicologico in ambito lavorativo

L’interesse del concetto di benessere, inteso come “funzionamento psicologico positivo” o “salute mentale positiva”, è sempre più crescente, soprattutto per il suo contributo a tutti gli aspetti della vita umana. Più comunemente, tra le persone, questi termini sono meglio conosciuti con il concetto di “felicità”.

Secondo Argyle (1987), la felicità è rappresentata da un senso generale di benessere complessivo che può essere scomposto in termini di appagamento in aree specifiche quali ad esempio il matrimonio, il lavoro, il tempo libero, i rapporti sociali, l’autorealizzazione e la salute. La felicità è anche legata al numero e all’intensità delle emozioni positive che la persona sperimenta. In questo caso è definibile come l’emozione che segue il soddisfacimento di un bisogno o la realizzazione di un desiderio e in essa, accanto all’esperienza del piacere, compaiono una certa dose di sorpresa e di attivazione (D’Urso & Trentin, 1992).

Waterman (1993) ha identificato due concezioni teoriche distinte: l’eudaimonia, che corrisponde ai sentimenti di espressività personale, alle funzioni psicologiche e alla realizzazione personale, e l’edonismo che si focalizza sull’esperienze soggettive di felicità e soddisfazione di vita.

Secondo l’autore queste componenti sono associate ad attività distinte e hanno coinvolgimenti diversi per i sentimenti di autorealizzazione. Le attività che fanno sorgere sentimenti di espressività personale sono quelle in cui il soggetto sperimenta stati di autorealizzazione grazie alla possibilità di poter esprimere e mostrare le proprie potenzialità e capacità, attraverso lo sviluppo delle abilità e dei talenti personali e il raggiungimento degli scopi.

L’edonismo si origina da una gamma di attività molto ampia; esso viene sperimentato ogni volta che si avvertono emozioni piacevoli come conseguenza del soddisfacimento di bisogni fisici, intellettuali e sociali.

L’autore ha trovato che questi due aspetti del benessere sono associati ad attività differenti; l’edonismo può originarsi da una varietà di fattori, i sentimenti di espressività personale sono invece collegati a un numero ridotto e specifico di azioni.

Vari studiosi hanno cercato di capire su quali elementi le persone si basano nel giudicare positivamente la propria vita; il benessere in questo senso è valutato secondo gli standard delle persone nel determinare ciò che è positivo nella vita, secondo quindi i propri criteri personali. Sono stati di conseguenza costruiti strumenti in grado di misurare il benessere nella sua componente cognitiva (ad esempio il Life Satisfaction Index di Neugarten, 1961; la Satisfaction With Life Scale di Diener et al., 1985; il singolo indice di felicità di Andrews, 1976).

Un’altra categoria di definizioni che si riferisce al concetto di benessere denota una prevalenza di affetti positivi su affetti negativi, enfatizzando la presenza di esperienze emotive piacevoli. Secondo Bradburn (1969), la felicità è un giudizio globale che le persone formulano comparando i loro affetti negativi con quelli positivi. Bradburn ha costruito uno strumento auto-valutativo, l’Affect Balance Scale (1969), che più tardi è stato ripreso da Watson creando le Positive and Negative Affect Scales con cui si possono quantificare gli stati emotivi sia positivi che negativi in un arco di tempo precisato. Altri studiosi hanno fatto corrispondere il concetto di benessere psicologico con quello di varie componenti: ad esempio l’autostima (Rosemberg, 1965), l’ottimismo (Scheier & Carver, 1993), gli stati d’umore positivi (Lawton, 1975), il locus di controllo (Levenson, 1974) e il senso di coerenza (Antonovsky, 1993).

In campo clinico il benessere è stato interpretato come assenza di sintomatologia legata a depressione, ansia ecc. Spesso si utilizza, per tale costrutto, il Sympton Questionnaire di Kellner (1978) che associa quattro scale sintomatologiche (ansia, depressione, somatizzazione ed ostilità) alle corrispondenti scale di benessere (rilassamento, contentezza, benessere fisico e buona disposizione). Nell’ambito della psicopatologia, appare fondamentale la valutazione della remissione e della guarigione da un disturbo affettivo (Ruini, Ottolini, Raffanelli, Conti & Fava, 2000).

Un’ampia letteratura mostra la presenza di sintomi residui in pazienti con disturbi ansiosi e depressivi al termine del trattamento farmacologico e/o psicoterapico (Fava, 1996). Questi sintomi implicano un esito prognostico negativo a lungo termine; nella valutazione della guarigione da un disturbo affettivo diventa essenziale non solo la completa remissione dei sintomi, ma anche il ripristino del benessere psicologico e del funzionamento ottimale dell’individuo.

18 Set 2018

Risorse umane e produttività

Risorse umane e produttività

Introdurre strumenti e tecniche per gestire il personale è diventata una necessità per molte aziende, affinchè sia garantita la propria competitività.

Tra gli obiettivi principali della “gestione del personale” molte aziende indicano:
• il controllo del costo del lavoro;
• un miglior processo decisionale grazie al supporto di dati sul personale;
• il rispetto delle normative, in particolare sugli orari e sulle pause di lavoro;
• una maggior flessibilità individuale.

È importante sottolineare che la tendenza di molte PMI di avvalersi di risorse esterne per l’elaborazione delle paghe e per la gestione degli aspetti specie contrattuali con i lavoratori, si conferma una scelta economicamente efficace e non impedisce assolutamente lo sviluppo di sistemi di gestione delle risorse umane interni all’azienda, volti ad un aumento di produttività e ad una gestione strategica delle competenze.

Utilizzare un sistema completo (software e hardware) per automatizzare i processi di rilevazione, controllo e gestione dei dati relativi alla presenze e assenze del personale, diventa il primo step per implementare una produttiva gestione del personale.

Queste informazioni devono essere completate con quelle fornite da chi elabora le paghe per arrivare a una gestione amministrativa del personale che comprenda la gestione dei dati anagrafici di dipendenti e collaboratori, della documentazione del personale, di ferie e permessi, dei turni lavorativi, delle informazioni contrattuali e materiali / benefit concessi con relative scadenze, delle note spese, dei provvedimenti disciplinari, della selezione personale e CV, ecc.

E’ dunque necessario valorizzare il capitale umano per promuovere la crescita dell’impresa ovvero impegnarsi quotidianamente per far convergere lo sviluppo delle competenze e gli obiettivi aziendali.

Risulta così indispensabile l’introduzione di strumenti di gestione organizzativa e valorizzazione del personale: dalla definizione dell’organigramma alle politiche retributive, dall’analisi delle competenze alla corretta attribuzione e integrazione dei ruoli assegnati, dall’analisi dei bisogni formativi alla gestione della formazione, dalla simulazione di scenari organizzativi futuri alla valorizzazione delle persone.

11 Set 2018

Perchè è importante la formazione professionale

Perchè è importante la formazione professionale

La formazione professionale in Italia viene affidata alle regioni e agli enti privati. Le regioni organizzano corsi riconosciuti che consentono di ottenere punteggio ed esperienza per acquisire conoscenze professionali.

Le esigenze a cui risponde la formazione professionale sono di due tipi:

  • attraverso la formazione professionale si ottengono delle competenze che consentono di svolgere un lavoro. Ad esempio, quando la regione nota che in un dato settore mancano competenze e professionalità può indire dei corsi di formazione. Quindi la formazione professionale oltre a far acquisire competenze e immettere nel mercato del lavoro nuove professioni, occupa anche un ruolo strategico all’interno delle dinamiche del mercato del lavoro.
  • la formazione professionale, armonizzandosi alle richieste della domanda di lavoro, corregge l’offerta allineando le competenze richieste con quelle offerte. Questo fattore è decisivo sia nel caso si parli di conversione delle competenze di lavoratori precedentemente occupati, sia in risposta all’adeguamento professionale reso necessario dall’avanzamento tecnologico. Oggi molte professioni sono state travolte dalla rivoluzione informatica e digitale. I lavoratori di queste attività in crisi hanno poche alternative: la formazione professionale è la risposta migliore. Non è un caso che anche in casi in cui l’azienda non entri in crisi, essa organizzi dei corsi di formazione per mantenere intatta la sua presenza nel mercato.

Un aspetto sottovalutato riguarda la formazione dei professionisti. Questi devono agire secondo il proprio impulso: aggiornarsi o rimanere indietro fidandosi del proprio sapere? In realtà la formazione professionale per questa tipologia di lavoratori potrebbe essere una svolta decisiva.

professionisti naturalmente possono affinare le loro competenze acquisendo le abilità richieste per stare sul mercato.

Inoltre, i corsi di formazione, tanto in azienda, quanto nella logica della professione, sono importanti perché rappresentano un momento di pausa con il quale si stacca dalla routine giornaliera. Si conoscono nuove persone, si capisce come funziona il mercato, si frequenta un ambiente stimolante, che aiuta a crescere e quindi in definitiva ad avanzare nella propria professione.

04 Set 2018

Comunicazione empatica a lavoro

Comunicazione empatica a lavoro

La comunicazione empatica

La comunicazione empatica è uno strumento prezioso in ogni ambito della nostra vita, dall’ambiente di lavoro alla sfera sociale. Il termine empatia deriva dal greco en-pathos “sentire dentro” e fa riferimento alla capacità di vedere il mondo attraverso gli occhi di un’altra persona senza ricorrere alla comunicazione verbale, cercando di comprenderne affetti, pensieri ed emozioni.

Se non si possiede già, l’empatia si può acquisire adottando alcuni accorgimenti, cercando di evitare tutti quei possibili errori che potrebbero interrompere la comunicazione.

GLI OSTACOLI ALL’EMPATIA

  • Avere un atteggiamento indagatore concentrato più sui particolari che su ciò che sta vivendo l’altro;
  • La tendenza ad offrire soluzioni ai problemi altrui basandosi sulla propria esperienza;
  • Utilizzare frasi consolatorie generaliste che non considerano la specificità della situazione;
  • Esprimere giudizi personali su cosa sia accaduto;
  • Impostare il discorso su di sé, riportando le proprie esperienze;
  • Trarre conclusioni affrettate.

ATTIVARE UNA RELAZIONE EMPATICA: COMPRENSIONE E ASCOLTO ATTIVO

Attraverso lo sviluppo dell’empatia possiamo accrescere la nostra consapevolezza e individuare strategie comportamentali nuove e maggiormente efficaci. Per fare ciò è necessario sviluppare le competenze emotive, gestire positivamente le emozioni, tanto interiormente, quanto nelle nostre relazioni.

I veri elementi chiave per una comunicazione empatica sono la comprensione e l’ascolto attivo.

Per comprendere davvero l’altro, non dobbiamo puntare la nostra attenzione semplicemente sul racconto del nostro interlocutore, ma dobbiamo spostare il focus sul come questi sta raccontando, sulle sfumature emotive della narrazione. È proprio attraverso tali sfumature che riusciamo a cogliere le informazioni sullo stato d’animo del narratore. Tuttavia, affinché l’altro si apra e ci dia l’opportunità di comprenderlo è necessario dare dimostrazione di saper ascoltare.

L’ascolto, infatti, rappresenta una componente fondamentale della comunicazione verbale. Saper ascoltare significa essere aperti allo scambio, all’interazione e alla crescita personale, ma ciò richiede la messa in campo di tutta l’attenzione, la sensibilità, la comprensione, l’intelligenza, l’empatia di cui siamo capaci. Quando ci relazioniamo con gli altri, infatti, il più delle volte ci limitiamo a “sentire” i loro discorsi ma in realtà non stiamo ascoltando attivamente. Chi ascolta attivamente non è più un ricevente passivo ma qualcuno che agisce per facilitare la comunicazione e che invia continuamente feedback. L’ascolto attivo può rivelarsi un vero alleato anche nelle relazioni quotidiane di ognuno di noi, in quanto permette di instaurare un contatto autentico con l’altro e quindi di avviare un tipo di comunicazione più efficace e proficua.

COME AVERE UN ASCOLTO ATTIVO

Quando ascoltiamo attivamente è fondamentale essere in grado di leggere i segnali inviati dall’interlocutore e controllare quelli da noi emessi. Per questo motivo bisogna sempre tener a mente che non si ascoltano solo i contenuti espressi attraverso le parole, ma si può “ascoltare” anche attraverso la comunicazione non verbale e l’osservazione di come questi contenuti sono trasmessi.

Ma un ascolto attivo, per essere veramente efficace deve essere empatico; la tecnica del rispecchiamento empatico ci consente di comunicare all’altro la nostra presenza nella relazione dandogli la sensazione di essere ascoltato e compreso, in modo che si instauri un clima di fiducia. Ciò può avvenire solo attraverso l’attenzione ai contenuti e la comprensione degli stati d’animo, evitando di ricorrere a interpretazioni. L’utilizzo di segnali di contatto è un’altra tecnica per promuovere un ascolto di tipo attivo: sguardi benevoli, sorrisi, cenni di assenso con il capo o con il viso.