27 Ott 2021

La leadership femminile

La leadership femminile

Le donne in posizione di leadership oggi hanno sempre più difficoltà rispetto agli uomini per avere successo a causa di una sorta di auto-selezione, una selezione di genere.

Diversi approcci di studio sulla leadership hanno confermato questa “selezione di genere” , è nota la distinzione della leadership femminile da quella maschile ponendo attenzione sulle differenze tra leader uomo e leader donna: al leader uomo viene  attribuita una maggiore inclinazione al pragmatismo e al monopolio di potere a differenza della leader donna tendenzialmente emotiva e sensibile ai bisogni altrui. Tale distinzione contribuisce ad alimentare gli stereotipi di genere, soprattutto a discapito delle leader donna che sono in netta minoranza ai vertici rispetto alla presenza maschile. 

Quanto emerge può risultare contraddittorio se si considera che la presenza femminile al potere potrebbe invertire i cosiddetti numeri favorendo non un collasso delle organizzazioni, ma al contrario una crescita esponenziale a 360°. 

Numerosi studi, anche molto recenti, hanno dimostrato come un aumento delle donne nei ruoli di potere favorirebbe uno sviluppo sociale ed economico non solo per le donne stesse ma per l’intero Paese. Tuttavia, tali aspettative e previsioni sono continuamente minacciate dal fenomeno della segregazione verticale, detto anche “soffitto di cristallo” .

La presenza femminile ai vertici rappresenta una vera e propria spinta moderna nelle organizzazioni che si traduce in grandi performance, le quali sono determinate dallo stile della leadership femminile, noto come trasformazionale per l’ elevata intelligenza emotiva e la responsabilità sociale che la contraddistingue a differenza della leadership maschile. 

In tal senso, le donne ai vertici sono l’ emblema della crescita; di conseguenza, la loro minoranza costituisce un deficit, una sorta di limite allo sviluppo delle organizzazioni in quanto artefici di miglioramento in termini di progresso e potenziamento in ambito gestionale ed economico. 

Dimostrazione della costante asimmetria tra leder uomo e donna, vi è una vera e propria tendenza ad assegnare alle donne ruoli manageriali in situazioni di crisi o difficoltà, questo per un duplice scopo: sia per le elevate capacità di gestione in termini di empatia e sensibilità che contraddistinguono le donne riuscendo ad affrontare situazioni complesse e sia perché, nel caso di fallimento, viene “confermata” la “debolezza femminile” e l’incapacità ad occupare posizioni di alto status tanto ambite e discusse tra gli uomini. 

A tal proposito, alcuni studi che rimandano all’ approccio teorico del sessismo ambivalente di Glick e Fiske (1996) hanno evidenziato come il sessismo possa essere responsabile di tale asimmetria tra leader uomo e leader donna: coesistono atteggiamenti sia positivi sia negativi nei confronti di ciascun genere; in particolare nei confronti delle donne da un lato si prova ostilità in quanto sono percepite come una minaccia al monopolio del potere maschile,  dall’altro lato si prova una forma di benevolenza in quanto sono considerate deboli e bisognose di protezione e, di conseguenza, sono considerate come inadatte a ricoprire ruoli manageriali. 

Questa concezione enfatizza come la leadership femminile non venga considerata per i suoi tratti distintivi, quale alto livello di intelligenza emotiva e spiccata responsabilità sociale delle donne sul lavoro, qualità indispensabili per affrontare situazioni complesse e di crisi che sarebbero gestite in modo totalmente diverso e, spesso, inadeguato dai leader maschi. 

Al contrario, è ormai essenziale riconoscere il grande potere della leadership femminile che, invece di essere sottovalutata e addirittura disprezzata, deve essere considerata come un privilegio in quanto emblema e motore di una grande svolta per il futuro delle organizzazioni.

20 Ott 2021

La gestione di un team interculturale

La gestione di un team interculturale

Come gestire la diversità sul posto di lavoro

Il posto di lavoro sta diventando sempre più globale, anche per le piccole imprese. Di conseguenza, non è raro che i manager si trovino a dover supervisionare e collaborare con risorse umane sempre più interculturali, sia che si tratti di supervisionare dipendenti di una particolare cultura sia di lavorare con consulenti delle sedi estere.

Ma come si gestisce la diversità in modo efficace e produttiva sul posto di lavoro?

La gestione di un team interculturale descrive la capacità di un supervisore di comunicare e lavorare in modo produttivo con collaboratori e dipendenti di diverse culture. Man mano che le aziende entrano in relazione con consulenti e fornitori stranieri contribuiscono alla crescita di risorse umane multiculturali; è indispensabile, quindi, che i supervisori imparino a gestire la diversità sul luogo di lavoro.

Le strategie per essere un manager interculturale di successo sono molteplici; quelle essenziali sono le seguenti:

  • Coltivare la consapevolezza

Il primo passo nella gestione della diversità sul posto di lavoro è riconoscere la necessità di adottare tecniche specifiche per ottenere alte performance da un team interculturale. Questa consapevolezza non si riferisce solo ai manager interculturali, richiede la promozione di questo mindset anche all’interno delle organizzazioni tra team, dipendenti, collaboratori, clienti e fornitori.

  • Coltivare la comunicazione

Per un manager interculturale, una comunicazione efficace è un fattore critico di successo. Una buona pratica nella comunicazione interculturale è avere il tempo di ascoltare il team interculturale, porre domande e dare feedback ai collaboratori e membri di diversa provenienza; questo permette di eliminare o almeno ridurre le “incomprensioni”, le quali sono il terreno fertile dell’ improduttività.

  • Essere flessibili

Considerando il multiculturalismo delle risorse umane, la capacità di essere flessibili e aperti mentalmente permette di trovare un modo per adattarsi alle differenze e alle sfide , le quali divengono occasioni di crescita e di scambio.

  • Praticare la pazienza

Creare un ambiente positivo è l’ esito di un processo complesso che richiede molto tempo e soprattutto molta pazienza, necessaria per gestire un team diversificato. E’ essenziale quindi focalizzarsi sul problema, analizzare la questione, cercare possibili soluzioni da valutare ed attuare un piano per evitare di rimanere intrappolati in un circolo vizioso privo di iniziativa.

La gestione interculturale sta diventando un vero è proprio mindset per le organizzazioni indipendentemente dalle dimensioni. E’ fondamentale ottenere il massimo dai propri collaboratori e dipendenti riconoscendo la necessità di comunicazione, flessibilità e pazienza. Questo permetterà di creare e gestire un team interculturale produttivo ed essere dei leader di successo.

La gestione interculturale è quindi la combinazione di conoscenze, intuizioni e abilità necessarie per valorizzare il multiculturalismo delle risorse umane ai vari livelli di gestione all’interno e tra le organizzazioni.

13 Ott 2021

L’ intrigante pensiero divergente

L’ intrigante pensiero divergente

“Il modo migliore per avere una buona idea è avere molte idee” (Linus Pauling).

E’ molto interessante il potere della creatività legato all’intelligenza, in particolare la sottovalutata capacità divergente nella vita quotidiana. È sorprendente come la maggior parte delle persone non usi il pensiero divergente durante la quotidianità perché probabilmente non si sa come sfruttarlo e dei relativi benefici che ne derivano. Questo perché sin da piccoli ai bambini viene insegnato come usare il pensiero convergente per risolvere i problemi trascurando il potere del pensiero divergente; è una triste verità considerando che il pensiero divergente potrebbe semplificare molti problemi in diverse situazioni implementando diversi punti di vista a seconda dei diversi contesti. Inoltre, il pensiero divergente è sottovalutato perché sfida l’abilità delle persone a pensare in modo creativo avvicinandosi alla soluzione dei problemi in modi insoliti e rifiutando l’ordinario: all’ inizio pensare in modo divergente è difficile.

Il pensiero divergente è un processo di pensiero che porta a idee diverse, è un metodo di analisi della cognizione creativa. Questo pensiero creativo si traduce nell’inversione di tutti gli schemi abituali rompendo i modi abituali di pensare e, di conseguenza, cercando verso nuove direzioni.

Il pensiero divergente non è sinonimo di creatività ma è un’abilità essenziale per la creatività. Gioca un ruolo critico nel processo creativo perché permette alle persone di produrre idee originali che non vengono pensate dalla maggior parte delle persone.

Lo psicologo Joy Paul Guilford ha coniato il concetto di “pensiero divergente” indicando il modo di pensare per produrre idee che “divergono”, deviano dall’ordinario. A tal proposito, diversi aspetti intellettuali della creatività sono stati riconosciuti come caratteristiche distintive dei pensatori divergenti. Il primo è la fluidità di pensiero; è la capacità di produrre molte idee o soluzioni diverse. Oltre ad essere fluente nel generare idee, il pensatore divergente deve essere flessibile ad avere simultaneamente nuove idee riguardanti un problema specifico. In questo modo, il soggetto è più propenso a cambiare i modi abituali e consueti di considerare nuove prospettive.

Le idee prodotte dalle persone divergenti sono idee creative e originali perché si basano sull’infrequenza della risposta.

Nella quotidianità, il “pensatore divergente” è considerato come “il tipo che va in direzioni diverse”; in realtà, il pensiero divergente è normalmente distribuito nella popolazione ma è anche “normalmente” sottovalutato. In particolare, il pensiero divergente è un tratto generale delle persone che affrontano le difficoltà in modo creativo.

Il processo di pensiero opposto al pensiero divergente è quello convergente che lo contrasta facilmente portando a idee convenzionali e alla soluzione “corretta”. Il pensiero convergente segue passi logici e arriva alla singola risposta, quella migliore, la soluzione al problema. Questo tipo di pensiero analitico non richiede creatività, è usato per ridurre un gran numero di possibilità all’idea potenzialmente utile.

Generalmente, il pensiero convergente emerge durante i test standardizzati a scelta multipla in modo sistematico, formale e focalizzato, organizzando e strutturando le idee già esistenti. Al contrario, il pensiero divergente emerge  in modo spontaneo, a flusso libero, non lineare ma multidirezionale perché non ordina le opzioni già esistenti ma ne scopre di nuove e crea idee alternative in un tempo molto breve. Il pensiero divergente generalmente resiste ai modi di fare comuni e cerca alternative; al contrario, il pensiero convergente, il cui pregiudizio è quello di assumere che c’è un modo giusto di fare le cose, è intrinsecamente conservatore. I pensatori divergenti sono dinamici in quanto inclini a trovare molteplici idee a differenza dei pensatori convergenti che hanno più difficoltà e tendono ad essere statici. I pensatori convergenti esauriscono le idee prima dei divergenti. Tuttavia, il pensiero convergente rafforza la capacità di finire e concludere i problemi.

A riguardo, Edward De Bono ha ripreso la distinzione tra pensiero divergente e convergente di Guilford delineando il pensiero verticale e laterale. Il pensiero verticale si occupa del metodo lineare che procede per passi logici, è diverso dal pensiero laterale che cerca nuove prospettive e punti di vista. In quest’ ottica, il pensiero laterale è legato al pensiero divergente perché porta a guardare in modo diverso, a rifiutare le vecchie idee e promuoverne di nuove.

“Non si può scavare una buca in un posto diverso scavando la stessa buca più a fondo” (Edward De Bono).

Ci sono varie strategie che possono essere adottate per promuovere il pensiero divergente sfidando l’immaginazione: rinviare il giudizio (questo include sia la critica che la lode); incoraggiare i numeri per aumentare la raccolta di ogni possibile idea; sostenere lo strano, l’insolito e valorizzare prospettive diverse; cercare idee che potrebbero funzionare insieme generando combinazioni di idee diverse (per esempio, costruire sulle idee degli altri); visualizzare; fantasticare; esplorare attraverso nuovi punti di vista.

Al fine di stimolare il pensiero divergente una delle tecniche più usate è il brainstorming: si tratta di un processo che comporta la generazione di una lista di idee in modo creativo e non strutturato. Lo scopo è quello di generare una grande quantità di idee in un periodo di tempo ristretto in quanto tutte le idee sono registrate e non ci sono critiche su di esse. Una volta completato il brainstorming, la fase critica presuppone la convergenza delle migliori idee attraverso il processo di critica e valutazione di ogni singola opzione che implica anche il pensiero convergente.

Un’ altra tecnica è la scrittura libera: una persona si concentra su un particolare argomento iniziando a scrivere senza freni qualsiasi cosa venga in mente per un breve periodo di tempo senza alcuna riflessione o revisione.

La mappatura mentale è una strategia che crea un’ “immagine” visiva dell’argomento evidenziando le relazioni interne tra le varie idee: si inizia con un argomento principale, di seguito gli aspetti principali del topic diventano punti di partenza per sviluppare altri “rami”.

Il pensiero divergente ha più probabilità di prosperare in un ambiente che permette diversi tipi di espressione, incoraggia il rischio e permette i fallimenti. La promozione del pensiero divergente è possibile facilitando e sostenendo l’espressione individuale, fornendo supporto quando le idee sono bloccate, incoraggiando l’autonomia.

 

 

 

 

06 Ott 2021

L’ intelligenza emotiva come prerogativa del leader

L’ intelligenza emotiva come prerogativa del leader

L’ intelligenza emotiva è prerogativa della leadership: il leader è considerato un vero e proprio gestore di emozioni di gruppo in quanto risolve l’ambiguità e catalizza il team ad agire a partire dalle sue risposte emotive e ne aumenta la solidarietà interna creando un’emozione condivisa ed un’azione comune.

In particolare, la capacità di leggere i segnali emotivi e affettivi tra colleghi e collaboratori nel contesto organizzativo è molto discussa nella letteratura sulla leadership.

Ciò che che unisce i membri di un team suscitando passione verso lo stesso team e dedizione nei confronti dell’azienda è un concentrato delle loro emozioni.

La  grandezza di una leadership si fonda sulla capacità di far leva sulle emozioni innescando meccanismi che stimolino il team ad essere sempre più intraprendente, motivato e produttivo. I leader dotati di alta intelligenza emotiva si distinguono per la loro capacità di sintonizzarsi sulle emozioni proprie e altrui creando la cosiddetta risonanza positiva.

Tratto indispensabile che contraddistingue un vero leader, in particolare quello carismatico, è infatti la capacità di orientare le emozioni nella giusta direzione.

A tal proposito, l’ intelligenza emotiva è un vero e proprio prerequisito della leadership trasformazionale: i leader trasformazionali generano emozioni positive che portano all’ottimismo, al miglioramento delle prestazioni e al raggiungimento degli obiettivi, e aiutano a gestire eventi emotivi negativi.

L’ abilità di un leader nel sintonizzarsi sul registro emozionale del proprio team, dei propri colleghi e collaboratori dipende quindi significativamente dal livello di intelligenza emotiva. Si tratta del contagio emotivo, ossia di quel meccanismo essenziale per i leader a trasferire le proprie emozioni ai membri del team, i quali vengono “infettati” dagli stati emotivi altrui a partire dalle espressioni facciali, dal linguaggio del corpo e dal tono della voce degli altri membri.

Nella sua essenza, il compito fondamentale del leader è di natura emozionale, è quello di creare delle risonanze positive, innescare sentimenti positivi liberando il potenziale di ogni individuo; è proprio in quest’ ottica che si tende a definire il “buon umore” in rapporto al “buon lavoro”.

Ogni giorno, le dinamiche relazionali all’ interno del contesto organizzativo sono terreno fertile di un vero e proprio circolo virtuoso e vizioso a seconda delle emozioni innescate: le emozioni positive suscitano maggior coinvolgimento emotivo, incrementano la produttività grazie ad una maggiore flessibilità del pensiero e motivazione; le emozioni negative, al contrario, generano un circolo vizioso, causano delle crisi che portano direttamente le risorse umane insite nel contesto organizzativo ad assumere un mindset negativo e pessimistico.

Sulla base di quanto detto, leggere i segnali di un clima organizzativo, in particolare quelli negativi, ha quindi conseguenze significative sull’ efficacia organizzativa e manageriale, sulla performance lavorativa: i leader aumentano le prestazioni aiutando i loro seguaci ad affrontare le frustrazioni quotidiane e gli stati d’animo negativi. Questo perché un manager sensibile ai reali atteggiamenti dei membri del team di lavoro in relazione ai risultati sul lavoro sarà più propenso ad intraprendere misure correttive che possano migliorare le prestazioni lavorative dei membri. Ne deriva una grande sensibilità che porta a considerare l’ intelligenza emotiva come un’importante abilità di gestione.

In tal senso, i programmi di formazione finalizzati a sviluppare la sensibilità emotiva costituiscono un vero e proprio investimento in quanto contribuiscono al miglioramento dell’efficacia dei manager e, di conseguenza, dell’ intera organizzazione.