
Le donne in posizione di leadership oggi hanno sempre più difficoltà rispetto agli uomini per avere successo a causa di una sorta di auto-selezione, una selezione di genere.
Diversi approcci di studio sulla leadership hanno confermato questa “selezione di genere” , è nota la distinzione della leadership femminile da quella maschile ponendo attenzione sulle differenze tra leader uomo e leader donna: al leader uomo viene attribuita una maggiore inclinazione al pragmatismo e al monopolio di potere a differenza della leader donna tendenzialmente emotiva e sensibile ai bisogni altrui. Tale distinzione contribuisce ad alimentare gli stereotipi di genere, soprattutto a discapito delle leader donna che sono in netta minoranza ai vertici rispetto alla presenza maschile.
Quanto emerge può risultare contraddittorio se si considera che la presenza femminile al potere potrebbe invertire i cosiddetti numeri favorendo non un collasso delle organizzazioni, ma al contrario una crescita esponenziale a 360°.
Numerosi studi, anche molto recenti, hanno dimostrato come un aumento delle donne nei ruoli di potere favorirebbe uno sviluppo sociale ed economico non solo per le donne stesse ma per l’intero Paese. Tuttavia, tali aspettative e previsioni sono continuamente minacciate dal fenomeno della segregazione verticale, detto anche “soffitto di cristallo” .
La presenza femminile ai vertici rappresenta una vera e propria spinta moderna nelle organizzazioni che si traduce in grandi performance, le quali sono determinate dallo stile della leadership femminile, noto come trasformazionale per l’ elevata intelligenza emotiva e la responsabilità sociale che la contraddistingue a differenza della leadership maschile.
In tal senso, le donne ai vertici sono l’ emblema della crescita; di conseguenza, la loro minoranza costituisce un deficit, una sorta di limite allo sviluppo delle organizzazioni in quanto artefici di miglioramento in termini di progresso e potenziamento in ambito gestionale ed economico.
Dimostrazione della costante asimmetria tra leder uomo e donna, vi è una vera e propria tendenza ad assegnare alle donne ruoli manageriali in situazioni di crisi o difficoltà, questo per un duplice scopo: sia per le elevate capacità di gestione in termini di empatia e sensibilità che contraddistinguono le donne riuscendo ad affrontare situazioni complesse e sia perché, nel caso di fallimento, viene “confermata” la “debolezza femminile” e l’incapacità ad occupare posizioni di alto status tanto ambite e discusse tra gli uomini.
A tal proposito, alcuni studi che rimandano all’ approccio teorico del sessismo ambivalente di Glick e Fiske (1996) hanno evidenziato come il sessismo possa essere responsabile di tale asimmetria tra leader uomo e leader donna: coesistono atteggiamenti sia positivi sia negativi nei confronti di ciascun genere; in particolare nei confronti delle donne da un lato si prova ostilità in quanto sono percepite come una minaccia al monopolio del potere maschile, dall’altro lato si prova una forma di benevolenza in quanto sono considerate deboli e bisognose di protezione e, di conseguenza, sono considerate come inadatte a ricoprire ruoli manageriali.
Questa concezione enfatizza come la leadership femminile non venga considerata per i suoi tratti distintivi, quale alto livello di intelligenza emotiva e spiccata responsabilità sociale delle donne sul lavoro, qualità indispensabili per affrontare situazioni complesse e di crisi che sarebbero gestite in modo totalmente diverso e, spesso, inadeguato dai leader maschi.
Al contrario, è ormai essenziale riconoscere il grande potere della leadership femminile che, invece di essere sottovalutata e addirittura disprezzata, deve essere considerata come un privilegio in quanto emblema e motore di una grande svolta per il futuro delle organizzazioni.