25 Mag 2022

OTTIMISMO: COME RITROVARE LA FELICITA’

OTTIMISMO: COME RITROVARE LA FELICITA’

Oggigiorno, la nostra società ruota attorno al raggiungimento della propria felicità, alla cura di sé e al benessere personale.

In questo senso si sente sempre più spesso discutere di ottimismo e di come questo tratto permetta di vivere una vita piena e ricca di benessere.
Come evidenziato dalla ricerca, l’ottimismo è infatti uno dei tratti di personalità più importanti per il benessere psicologico, si configura come una risorsa emotiva che contribuisce in modo diretto alla nostra salute mentale.

L’ottimismo è una capacità innata?
Lo psicologo Dacher Keltner, docente all’Università di Berkeley, sostiene che le persone sono biologicamente predisposte ad essere ottimiste a causa di un meccanismo di sopravvivenza: Il cervello dà sempre priorità ad ottimismo, evoluzione e resilienza dinnanzi a una sconfitta.

Si può diventare ottimisti? Quali sono gli effetti positivi?
Martin Seligman, padre della psicologia positiva, sostiene che, nonostante ci siano predisposizioni innate, tale tratto può essere acquisito anche dalle persone più pessimiste. Vivere in modo ottimista porta ad un miglioramento della salute fisica, nei processi di decision making e, più in generale, nella qualità della vita. E’ inoltre anche un antidoto efficace contro stress e ansia in quanto provoca maggiore motivazione e fiducia in sé stessi e nel futuro.
La persona ottimista presenta, in genere, stili decisionali razionali e logici, caratterizzati dalla capacità di cercare informazioni, una maggiore definizione degli obiettivi e la capacità di definire piani alternativi.

Ma come possiamo concretamente “allenarci all’ottimismo”?

Studi recenti suggeriscono alcune semplici strategie che possono aiutarci a rafforzare la nostra capacità di pensare positivo:

Pensare a breve termine
Porsi obiettivi realistici che possono essere raggiunti in pochi giorni, favorisce l’abbassamento dei livelli di stress e dà una maggiore sensazione di controllo. Quello che accadrà tra un anno è un incognita e concentrarsi su quel vuoto può creare malessere.

Smettere di guardare indietro
Pensare troppo al passato potrebbe portare ad una sensazione di nostalgia e ciò non permette di andare avanti nella propria vita. Bisogna allenare il cervello a mantenere viva la speranza per arrivare ad un maggior controllo dei propri pensieri.

Dare un senso alle piccole cose
Avere valori, passioni o obiettivi da raggiungere nella vita di tutti i giorni ci offre un appiglio per sentirci sicuri, esattamente come un faro capace di illuminarci il futuro. Un modo per applicare nel concreto quest’ultima strategia è quello di un utilizzare un diario su cui trascrivere tutte le cose per cui ci sentiamo grati o che ci hanno fatto sentire bene durante la giornata.

La tecnica dell’ABCD di Seligman
Lo scienziato Daniel Seligman ha strutturato un’ottima e valida tecnica per esercitarsi con il pensiero positivo. Essa si basa sulla presa di coscienza dello sviluppo dei propri pensieri e sull’elaborazione delle emozioni che ne derivano. Si divide in quattro sezioni:

A – Si tratta di avversità, anche molto semplici. Sono eventi descritti con imparzialità come, ad esempio, un rubinetto che perde, una grossa spesa, una disattenzione da parte del partner o un bambino che piange.

B – Si tratta dei pensieri immediatamente successivi ad un evento, ovvero l’interpretazione dell’avversità “il rubinetto perde per colpa mia”, “il mio amico è arrabbiato con me”.

C – Sono le conseguenze dei pensieri; questa sezione indaga come si è sentito il soggetto, e cosa ha fatto, come conseguenza di tale pensiero. Ad esempio: “non avevo energia”, “sono tornato a letto”.

D – La disputa è invece il rimedio per i pensieri negativi che accompagnano le avversità, essa mette in discussione le convinzioni, quindi i pensieri (B). Ciò può avvenire solo dopo aver preso consapevolezza del legame tra emozioni di disagio (C) e pensieri (B). L’individuo deve quindi contestare in modo deciso le condizioni che seguono le avversità, e per fare ciò è importante farsi domande quali:
“Ci sono prove che giustificano il mio pensiero?”, “Ci sono spiegazioni alternative?”, “Quali sono le implicazioni anche se i miei pensieri sono corretti?”, “Mi è utile soffermarmi su questi pensieri?”.

Una volta compresi questi concetti, è importante prendere nota su un foglio, per sette giorni consecutivi, di tutte le avversità affrontate durante la giornata e cercare con attenzione il collegamento tra il pensiero e la sua conseguenza.

Questa pratica permette dunque di prendere consapevolezza del fatto che le spiegazioni pessimistiche scatenano la passività e lo sconforto, mentre le spiegazioni ottimistiche generano energia.

11 Mag 2022

Psicologia e Videogioco: perché giochiamo e cosa i videogame dicono di noi

Psicologia e Videogioco: perché giochiamo e cosa i videogame dicono di noi

È vero che i videogiochi aumentano il rischio di sviluppare una dipendenza? Chi ci gioca tende all’isolamento?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di inserire il Gaming Disorder, ovvero la dipendenza da videogiochi, nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5); tuttavia la stessa ha anche lanciato nel 2020 la campagna #PlayApartTogheter, per promuovere le relazioni sociali tramite il videogioco online mantenendo il distanziamento fisico.
Numerosi studi hanno inoltre dimostrato che il tempo speso videogiocando non è un termometro della dipendenza dei giocatori.

Secondo gli studiosi, è il tipo di motivazione per cui giochiamo a fare la differenza:

Se giochiamo per il solo piacere di sperimentare l’esperienza di gioco (motivazione intrinseca), ciò ci fa stare bene, perché soddisfa bisogni psicologici quali socializzazione, autonomia e competenza;
ma può anche arrivare a generare un disagio nel proprio contesto sociale. In tal caso, infatti, l’abuso del gioco può diventare una strategia di compensazione, ovvero una sorta di modo per “consolarsi”.

L’effetto della motivazione estrinseca sul benessere avviene, invece, quando si gioca per raggiungere un obiettivo esterno, come fare punti o ottenere ricompense. Anche in questi casi ciò può portare a sviluppare diverse forme di disagio.

Inoltre, il campanello di allarme non è rappresentato da sintomi specifici, quanto piuttosto da come ci sentiamo durante l’esperienza: se continuiamo a giocare ma il gioco non ci dà più piacere, è un indicatore di rischio (e non necessariamente sintomo di dipendenza). In tal caso servono consapevolezza e maturità, fermarsi e farsi delle domande; e se un adulto può arrivarci individualmente, bambini e ragazzi andrebbero invece supportati.

Quali sono i benefici?

Il gioco può anche essere funzionale al raggiungimento del benessere così come al miglioramento delle capacità di socializzazione e all’apprendimento. Esso è infatti usato a scuola per promuovere l’empatia e l’apprendimento socio-emotivo; in alcuni casi funge perfino da mezzo terapeutico per il deficit di attenzione e iperattività (ADHD) in età pediatrica o per potenziare le capacità cognitive. Tuttavia, la letteratura evidenzia che in tutti questi casi è cruciale giocare per motivazione intrinseca in modo da poter godere a pieno di tali benefici.

Il Potere dell’Immedesimazione e il Coinvolgimento Emotivo
Secondo la Teoria della Gestione dell’Umore di Zillmann, il modo in cui usiamo i mezzi di intrattenimento rappresenta una strategia efficace per ripristinare l’equilibrio psicologico, quando siamo arrabbiati, tristi o annoiati.

Identificarsi con un protagonista di un videogioco che rappresenta un modello, ad esempio, può rafforzare l’autostima; dopo decine di ore di gioco avviene infatti un lungo e costante processo di apprendimento che agisce anche al livello emotivo.

In Conclusione

A differenza di libri o film, nel videogioco si è al centro dell’esperienza come protagonista interattivo, cioè partecipe. La nostra soggettività ci può far sentire un forte coinvolgimento anche nei film o durante la lettura, tuttavia l’impegno richiesto è diverso.
Videogiocare richiede un impegno di energie fisiche, emotive e cognitive, non tutti sono disposti a farlo. Dall’esterno, videogiocare può apparire più stancante di guardare video online, ma in realtà è più spesso rigenerativo in termini di energie.