01 Apr 2020

COME CAMBIERÀ LA NOSTRA VITA DOPO IL CORONAVIRUS?

COME CAMBIERÀ LA NOSTRA VITA DOPO IL CORONAVIRUS?

Quando l’epidemia del coronavirus sarà terminata la nostra quotidianità non sarà più la stessa. Il giorno in cui riusciremo di casa, andremo a cena fuori, cammineremo nei parchi e torneremo a fare mille altre azioni che avevamo sempre dato per scontate, saremo diversi, cambiati da settimane di quarantena. Le raccomandazioni del governo, dal lavarsi le mani all’evitare assembramenti, probabilmente rimarranno impresse nella nostra mente per anni. Ma come sarà l’Italia dopo l’ondata di Covid-19? Come saremo noi quando non saremo più in emergenza? Riusciremo a tornare com’eravamo prima? O sarà necessario ripensare il nostro modo di essere?

COME SARA’ IL MONDO DOPO IL CORONAVIRUS?

A cambiare non è stata solo la nostra vita quotidiana. La pandemia ha già cambiato il pianeta. L’inquinamento si è fermato, ha rallentato la sua corsa, ha dato respiro alla Terra. Perché è l’essere umano ad aver rallentato la sua attività che stava togliendo fiato a un pianeta sul quale i cambiamenti climatici erano quasi arrivati a un punto di non ritorno. Da quando la Cina ha fermato una provincia da 60 milioni di persone, lo smog nel paese asiatico ha cominciato a diminuire. E lo stesso è accaduto in Italia. Macchine ferme, fabbriche chiuse, l’inquinamento è cominciato a diminuire lentamente ma inesorabilmente.

L’IMPATTO DELLA PANDEMIA SULLA NOSTRA VITA

Quale sarà l’impatto di questa pandemia sulle nostre vite dipenderà dall’effetto che scaturirà una volta che tutto questo sarà finito: ci sarà la paura di ritornare alla vita di prima o un’esplosione di voglia di normalità, come accade dopo la fine di una guerra? Oltre alle abitudini dei singoli cittadini, o alla loro più o meno forte voglia di socialità, ci sono altri aspetti della vita quotidiana che potrebbero subire dei cambiamenti. In primis, i ristoranti, l’andare a teatro o i meeting con i colleghi. Modi per divagare o per lavorare, che ad oggi hanno subito uno stop forzato e un cambio di passo non indifferente: molti ristoranti si sono convertiti al servizio a domicilio, per la gioia dei loro clienti, e le riunioni si sono digitalizzate grazie alle piattaforme che tutti abbiamo imparato a conoscere. Abbiamo scoperto la tecnologia. A causa dell’emergenza coronavirus tutti hanno avuto modo di conoscere e usare la tecnologia di massa, che consente azioni che prima erano quasi esclusivamente svolte «in presenza», come comprare un abito sartoriale, oppure fare lezione. Non perché non ci fossero anche prima le possibilità di ricorrere alla tecnologia, ma perché non era necessario. Per alcuni ambiti però rimarrà il desiderio di toccare e di vivere un’esperienza fisica.

IL LAVORO DOPO LA PANDEMIA

Questa corsa obbligata allo smartworking cambierà il modo di lavorare in maniera permanente? Il passaggio al lavoro agile di massa non può essere dato per scontato. Le esperienze di smartworking che conoscevamo erano solitamente piuttosto limitate: un lavoratore stava a casa uno o due giorni a settimana. Organizzare uno smartworking perché un ufficio non esiste più è molto diverso.

È indubbio che il settore che per primo è stato colpito è il turismo. Mentre il manifatturiero può riprendersi grazie all’ecommerce, le aziende che si occupano di far viaggiare le persone andranno incontro a costi più alti e potranno ripartire solamente quando l’emergenza sarà davvero finita.

CAMBIERANNO LE NOSTRE COMPETENZE

Fin ora abbiamo inseguito solo le ‘hard’ e ‘soft skills’ richieste dall’Industria 4.0 perdendo le ‘deep skills’ o meglio: la conoscenza (il saper stare con gli altri è conoscenza sociale), la moralità, la responsabilità che sono meccanismi tutti diversi dalla mera ‘competenza a fare e solo a fare-produrre’ – e insieme avevamo perduto anche la capacità di ‘essere’ e quindi di poter restare umani.

NON SAREMO PIÙ GLI STESSI

Non saremo più gli stessi, come non lo siamo già ora. Confinati in casa, isolati socialmente, costretti a non poter salutare i nostri cari, obbligati a cambiare modalità di lavoro e di studio. Ma “costretti” in qualche modo a riformulare i nostri rapporti.

Tutto dovrà essere ripensato, rimodulato in base all’esperienza che stiamo vivendo oggi. Che ci cambierà. Ci deve cambiare. E lo sta già facendo, anche se magari non ce ne rendiamo nemmeno conto, presi come siamo a vivere la vita giorno per giorno. Forse – soprattutto – e ‘usando’ ciò che ha scritto magistralmente Silvia Avallone sul ‘Corriere della sera’ rivolgendosi soprattutto ai giovani, questa è l’occasione perfetta per “imparare a disobbedire a quella vita in cui era obbligatorio sembrare felici e farlo vedere, in cui vigeva lo strapotere del visibile, l’assoluto della competizione. In cui dovevamo fare sempre meglio e ottenere sempre di più. Cosa ce ne facciamo adesso di tutta quella montagna di apparenza, a cosa ci è servito quell’egocentrismo esagerato? Prendiamone atto: l’invisibile è molto più potente. Ciò che proviamo non si vede. Ciò che siamo non si vede. I desideri, i segreti, i pensieri, l’anima, non si vedono”.

Forse’ re-impareremo a vivere più lentamente, assaporando la vita senza dover subire (alienandoci da noi stessi, dalla vita, dalla bellezza), i ‘tempi ciclo’ dettati e imposti dal metronomo sempre più accelerato del tecno-capitalismo.

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