16 Ott 2018

La motivazione al lavoro

La motivazione al lavoro

La motivazione è in gran parte determinata dalla psicologia di un individuo. Le nostre vite, soprattutto la nostra vita lavorativa, sono fortemente influenzate dai sistemi di ricompensa creati dal nostro cervello.

Per capire come la gente interpreti la ricompensa, i leader possono capire quale sia il modo migliore per motivare con successo la loro squadra, e come comunicare in modo più convincente con i loro clienti. Ricordati, il termine ricompensa non implica sempre un significato economico.

Avere un team adeguatamente motivato significa in genere avere clienti più soddisfatti e felici.

Quando pensiamo al lavoro, di solito mettiamo la motivazione e il pagamento sullo stesso piano valoriale, ma la realtà è che probabilmente dovremmo aggiungere al nostro concetto di motivazione anche: il significato, la creazione, le sfide, la propria identità, l’orgoglio.

Per saperne di più su ciò che rende le persone più produttive e più felici al lavoro, sono stati eseguiti numerosi studi riguardanti questo affascinante argomento. Qui di seguito, diamo uno sguardo ad alcuni degli studi di Dan Ariely (economista comportamentale) contenenti interessanti implicazioni riguardanti ciò che ci fa sentire bene nel nostro lavoro.

1. Vedere i Frutti del Nostro Lavoro Può Renderci Più Produtti

L’esperimento: In uno studio condotto presso la Harvard University, Dan Ariely ha formato due gruppi e a entrambi i partecipanti ha chiesto di costruire i personaggi della serie Lego Bionicles, che sarebbero stati pagati loro con un importo decrescente per ogni successiva realizzazione: 3 dollari per il primo, 2,70 dollari per il successivo, e così via.

Mentre le realizzazioni del gruppo A venivano conservate sotto il tavolo, per essere smontate alla fine dell’esperimento, i Bionicles del gruppo B venivano invece smontati non appena erano stati costruiti, in un ciclo infinito di in cui quelli che costruivano vedevano distruggere le proprie creazioni davanti ai loro occhi.

I risultati: gli individui del gruppo A hanno costruito in tutto 11 Bionicles, in media, mentre chi partecipava nel gruppo B ne ha fatto solo 7 prima di smettere.

Il risultato finale: Anche se la posta in gioco non era elevata, e anche se gli appartenenti al gruppo A sapevano che il loro lavoro sarebbe stato distrutto al termine dell’esperimento, poter vedere i risultati del loro lavoro, anche per un breve periodo di tempo è stato sufficiente per migliorare sensibilmente le prestazioni.

2. Meno Viene Apprezzato il Nostro Lavoro, Più Sono i Soldi che Vogliamo in Cambio per Farlo

L’esperimento: Ariely ha dato ai partecipanti allo studio (studenti del MIT) – un pezzo di carta sul quale erano scritte lettere a caso, e ha chiesto loro di trovare le coppie di lettere identiche.

Ad ogni fase venivano offerti loro sempre meno soldi rispetto al turno precedente. Le persone del primo gruppo dopo aver scritto i loro nomi sui fogli e averli consegnati allo sperimentatore, questo dopo aver pronunciato un ambiguo “Uh huh”, riponeva quei fogli in un mucchio.

Gli individui del secondo gruppo non avevano scritto i loro nomi, e lo sperimentatore metteva le schede da loro consegnate in un mucchio, senza nemmeno guardarle.

Gli appartenenti al terzo gruppo hanno visto triturare il loro lavoro immediatamente dopo averlo completato.

I risultati: le persone che hanno visto distruggere il loro lavoro, al fine di continuare a fare quel compito necessitano del doppio di soldi rispetto a quelli il cui lavoro è stato riconosciuto.

Le persone del secondo gruppo, il cui lavoro è stato conservato ma ignorato, occorrono quasi tutti i soldi delle persone il cui lavoro è stato tagliuzzato.

Il risultato finale: Ignorare le prestazioni lavorative delle persone equivale quasi a frantumare il loro sforzo davanti ai loro occhi. La buona notizia è che aggiungere un po’ di motivazione non sembra essere così difficile. La cattiva notizia è che eliminare la motivazione è incredibilmente facile, e se non stiamo attenti potremmo esagerare.

3. Più Difficoltoso è un Progetto, Più ci Sentiamo Fieri di Lavorarci

L’esperimento: In un altro studio, Ariely diede a un gruppo di costruttori di origami principianti, carta e istruzioni per costruire una forma (abbastanza brutta, tra l’altro).

 

A chi aveva fatto il progetto origami, così come agli spettatori, fu chiesto alla fine quanto avrebbe pagato per quel prodotto realizzato.

In una seconda variante Ariely nascose le istruzioni da alcuni partecipanti, che realizzarono un prodotto più brutto facendo anche più fatica.

I risultati: Nel primo esperimento, chi aveva costruito gli origami avrebbe pagato il prodotto finito cinque volte di più rispetto a chi lo aveva solo valutato da spettatore.

Nel secondo esperimento, la mancanza di istruzioni ha enfatizzato questa differenza: i costruttori avevano valutato i prodotti brutti ma costruiti con difficoltà con un prezzo ancor più elevato rispetto a quelli realizzati con più facilità ed esteticamente migliori, mentre la valutazione degli osservatori era ancora inferiore.

Il risultato finale: la valutazione sul valore del nostro lavoro è direttamente legata allo sforzo che abbiamo speso per compierlo. Inoltre, pensiamo erroneamente che anche le altre persone attribuiscano lo stesso valore che noi diamo al nostro lavoro.

4. Sapere che il Nostro Lavoro Aiuta gli Altri Può Aumentare la Nostra Motivazione Inconscia

L’esperimento: Come descritto sul New York Times Magazine, lo psicologo Adam Grant ha condotto uno studio presso il call center per la richiesta di fondi per l’Università del Michigan, in cui uno studente che aveva beneficiato della borse di studio grazie alla raccolta fondi del centro, ha parlato per 10 minuti alle persone che lavoravano nel call center per richiedere via telefono donazioni alle persone.

I risultati: Un mese dopo, gli addetti del call center trascorrevano il 142% di tempo in più tempo al telefono rispetto a prima e i ricavi erano aumentati del 171%. C’è da dire però che questi hanno negato che l’intervento dello studente che aveva ricevuto la borsa di studio li avesse in qualche modo influenzati.

Il risultato finale: i buoni sentimenti hanno scavalcato i processi cognitivi consci degli addetti al call center, andando ad attingere ad una risorsa motivazionale subconscia. Sono stati spinti maggiormente ad avere successo, anche se non hanno individuato il fattore scatenante di tale forza motivazionale.

5. L’impegno di Aiutare gli Altri ci Rende Più Propensi a Seguire le Regole

L’esperimento: Grant ha condotto un altro studio in cui ha messo dei cartelli nelle aree adibite al lavaggio mani di un ospedale, sui quali si leggeva “L’igiene delle mani ti protegge dall’insorgenza di malattie” o “L’igiene delle mani previene ai pazienti di contrarre malattie”.

I risultati: Medici e infermieri utilizzarono per il 45% più sapone o disinfettante nelle stazioni con i cartelli che menzionavano i pazienti.

Il risultato finale: Aiutare gli altri attraverso quello che viene chiamato “comportamento prosociale” ci dà una forte motivazione al lavoro.

6. Il Rinforzo Positivo sulle Nostre Capacità Può Aumentare le Prestazioni sul Lavoro

L’esperimento: degli studenti della Harvard University hanno parlato e condotto finte interviste con due gruppi sperimentali: con i partecipanti al primo gruppo gli sperimentatori annuivano e sorridevano, mentre si erano rivolti al secondo gruppo scuotendo la testa inarcando le sopracciglia e incrociando le braccia.

I risultati: i partecipanti al primo gruppo in seguito risposero più accuratamente ad una serie di domande numeriche rispetto a quelli del secondo gruppo.

Il risultato finale: le situazioni stressanti possono essere gestibili, dipende tutto da come ci sentiamo. Ci troviamo in uno “stato di sfida” quando pensiamo di poter gestire un determinato compito (come ha fatto il primo gruppo). Quando invece siamo in uno “stato di minaccia“, la difficoltà del compito ci travolge, e ci scoraggiamo.

Siamo più motivati ​​e lavoriamo meglio all’interno di una stato di sfida quando abbiamo fiducia nelle nostre capacità.

7. Le Immagini che Innescano Emozioni Positive Possono Davvero Aiutarci a Focalizzarci sul Lavoro

L’esperimento: I ricercatori dell’Università di Hiroshima chiesero agli studenti universitari di eseguire un compito di destrezza prima e dopo aver guardato le immagini di animali cuccioli e adulti.

 

I risultati: in entrambi i casi si sono verificati miglioramenti di prestazione, ma un miglioramento superiore del 10% si è verificato quando i partecipanti hanno guardato le immagini di simpatici cuccioli e gattini.

Il risultato finale: i ricercatori suggeriscono che l’emozione positiva sella “carineria-scatenante” ci aiuta a focalizzare la nostra attenzione, aumentando le nostre prestazioni su un compito che richiede molta concentrazione.

02 Mag 2018

Il commitment o impegno organizzativo: cos’è e perché è importante?

Il commitment o impegno organizzativo: cos’è e perché è importante?

Gli psicologi del lavoro e delle organizzazione sono interessati a comprendere le reazioni psicologiche dei dipendenti nei loro luoghi di lavoro.

Non sorprende che gran parte di questo interesse si concentri sull’impegno dei dipendenti verso le organizzazioni per le quali lavorano. Tra le varie variabili relative l’atteggiamento lavorativo maggiormente studiate dagli psicologi vi sono la soddisfazione lavorativa e il commitment o impegno organizzativo.

Anche se ci si può aspettare che il commitment organizzativo si sviluppi sulla base di fattori sia dell’esperienza personale che lavorativa, l’esperienza organizzativa costituisce uno dei fattori di influenza cardine di questo fenomeno.

Alcune variabili di una persona (ad esempio, età, città di provenienza) sono modestamente correlate al commitment organizzativo, ma è ciò che le persone sperimentano sul lavoro che sembra avere maggiore influenza sullo sviluppo di un impegno lavorativo positivo.

In generale, il commitment organizzativo può essere definito come il legame esistente tra un lavoratore e la propria organizzazione, il quale rende meno probabile l’abbandono volontario di quest’ultima (Meyer e Allen, 1990). Esso risulta indipendente dalle intenzioni comportamentali che le persone possono avere. Più nel dettaglio, le tre componenti principali del commitment riguardano l’impegno affettivo, normativo e continuativo.

Per quanto riguarda l’impegno affettivo, la letteratura suggerisce che esso è più forte tra i dipendenti che sentono di essere supportati dalle loro organizzazioni e che hanno sperimentato una giustizia procedurale, distributiva e interazionale sul posto di lavoro.

L’impegno affettivo è anche più forte tra i dipendenti che sperimentano un minimo di ambiguità di ruolo e conflitti di ruolo sul posto di lavoro e hanno leader che adottano stili di leadership di tipo trasformazionale, ovvero un leader che si impegna attivamente con i suoi seguaci, creando con essi una relazione che eleva sia la propria motivazione e il proprio morale, sia quello dei sottoposti.

L’impegno affettivo è legato a diversi indicatori chiave di prestazione. I dipendenti con un maggiore impegno affettivo hanno meno probabilità di essere assenti dal lavoro, soprattutto se si parla di assenza volontaria piuttosto che involontaria, come quella causata da malattie ed emergenze.

L’impegno affettivo prevede anche migliori prestazioni lavorative: queste ultime, infatti, sono più alte tra i dipendenti con un maggiore impegno affettivo. Questi ultimi hanno maggiori probabilità di adottare comportamenti positivi in linea con una corretta cittadinanza organizzativa (ad esempio, esercitando sforzi straordinari, aiutando i colleghi, sostenendo l’organizzazione) rispetto a quelli con un debole impegno affettivo e, così facendo, contribuiscono a creare un ambiente di lavoro più produttivo e positivo.

L’impegno normativo, invece, sembra si sviluppi sulla base di esperienze sia culturali che organizzative che evidenziano le aspettative di reciprocità tra i dipendenti e l’organizzazione.

Ci sono anche alcune prove che l’impatto delle esperienze lavorative sull’impegno normativo dipende dai valori culturali dei dipendenti, come l’individualismo contro il collettivismo.

L’impegno normativo potrebbe influenzare il tono con cui i dipendenti svolgono il proprio lavoro, in particolare se hanno anche livelli di impegno affettivo da debole a moderato. Questi ultimi, infatti, potrebbero continuare a svolgere il proprio lavoro perché si sentono obbligati a continuare a farlo, senza impegno affettivo e con riluttanza, generando risentimento e frustrazione che li espongono maggiormente a rischi quali burnout e turnover.

La continuità nell’impegno organizzativo è più strettamente correlata alle alternative percepite e investimenti percepiti. Nello specifico, l’impegno alla continuità è più forte tra i dipendenti che ritengono di avere poche, piuttosto che numerose, valide fonti di occupazione se lasciassero l’organizzazione.

Presumibilmente, i costi per lasciare la loro attuale organizzazione sarebbero piuttosto alti per tali impiegati.

L’impegno alla continuità è anche più forte tra i dipendenti che credono di aver fatto investimenti significativi nello sviluppo delle loro competenze e nell’acquisizione di un expertise che non sarebbe stata trasferita facilmente ad altre organizzazioni.

Rispetto ai dipendenti che hanno competenze facilmente trasferibili, tali dipendenti potrebbero sostenere costi maggiori se lasciassero l’organizzazione.

L’impegno affettivo, normativo e di continuità sono tutti negativamente correlati all’intenzione dei dipendenti di lasciare volontariamente l’organizzazione. Sia l’impegno affettivo che l’impegno normativo, ma non l’impegno di continuità, sembrano essere fattori importanti di impegno lavorativo anche più dell’importanza dello stipendio e dello status sociale che si ricopre all’interno della propria azienda.

Stimolare il commitment organizzativo è importante non solo per il clima organizzativo, ma anche per la produttività della propria organizzazione e per il benessere dei propri dipendenti e della propria azienda in generale.

Migliorare il proprio benessere condurrà naturalmente ad un maggiore commitment verso la propria organizzazione

Psyche at Work si occupa di fornire alle aziende strategie efficaci e innovative, volte a favorire un clima di benessere aziendale a tutto tondo.

Per informazioni, chiarimenti e appuntamenti potete contattare la segreteria organizzativa scrivendo a info@psycheatwork.com o chiamando il numero verde 800.301657.

24 Apr 2018

Cos’è la cultura organizzativa e come influenza le organizzazioni?

Cos’è la cultura organizzativa e come influenza le organizzazioni?

La cultura organizzativa è definita come l’insieme delle convinzioni, supposizioni, valori e modalità di interazione che contribuiscono alla creazione dell’ambiente sociale e psicologico tipico di un’organizzazione.

Essa include le aspettative, le esperienze, la filosofia di un’organizzazione, così come i valori che guidano il comportamento dei membri, ed è espressa nell’immagine di sé dei membri, nei meccanismi interiori, nelle interazioni con il mondo esterno e nelle aspettative future.

La cultura è basata su atteggiamenti, convinzioni, abitudini e regole scritte e non scritte che sono state sviluppate nel tempo e sono considerate valide.

Mentre le definizioni di cultura sopra descritte esprimono il modo in cui il costrutto si concretizza sul posto di lavoro, altre definizioni sottolineano le componenti comportamentali dei dipendenti e in che modo la cultura organizzativa influenza direttamente il modo di agire dei membri all’interno di un’organizzazione.

I leader aziendali sono vitali per la creazione e la comunicazione della loro cultura sul posto di lavoro. Tuttavia, il rapporto tra leadership e cultura non è unilaterale. Mentre i leader sono i principali artefici della cultura, una cultura organizzativa consolidata influenza il tipo di leadership possibile.

I leader devono cercare mantenere o far evolvere la cultura di un’organizzazione costantemente. Una cultura profondamente radicata e consolidata è in grado di suggerire come le persone dovrebbero comportarsi, il che può aiutare i dipendenti a raggiungere i loro obiettivi. Questa struttura comportamentale, a sua volta, garantisce una maggiore soddisfazione lavorativa quando un dipendente ritiene che un leader lo stia aiutando a raggiungere un obiettivo. Da questa prospettiva, la cultura organizzativa, la leadership e la soddisfazione sul lavoro sono tutte inestricabilmente collegate.

I leader possono creare, e anche essere creati o influenzati da, molte culture differenti sul posto di lavoro. Queste differenze possono manifestarsi è una varietà di modi tra cui, ma non limitato a:

La cultura organizzativa non è stagnante. I membri di un’organizzazione sviluppano una convinzione condivisa su “ciò che sembra giusto” mentre interagiscono nel tempo e imparano ciò che produce successo e cosa no. Quando tali convinzioni e presupposti portano a risultati meno che positivi, la cultura deve evolversi affinché l’organizzazione rimanga rilevante in un ambiente che cambia.

Cambiare la cultura organizzativa non è un’impresa facile. I dipendenti spesso resistono al cambiamento e possono radunarsi contro una nuova cultura. Pertanto, è compito dei leader convincere i propri dipendenti dei benefici del cambiamento e mostrare attraverso l’esperienza collettiva con nuovi comportamenti che la nuova cultura è il modo migliore per operare per ottenere successo.

Formulare una chiara visione strategica. Questa visione dà l’intenzione e la direzione per il futuro cambiamento culturale.

I vertici dell’organizzazione devono favorire il cambiamento culturale per implementare effettivamente il cambiamento nel resto dell’organizzazione.

Gli agenti di cambiamento sono le chiavi del successo di questo processo di cambiamento culturale e di importanti comunicatori di nuovi valori.

Ciò include l’identificazione di quali sistemi, politiche, procedure e regole attuali devono essere modificati per poter raggiungere l’allineamento con i nuovi valori e la cultura desiderata.

Incoraggiare la motivazione dei dipendenti e la lealtà verso l’azienda creerà una cultura sana. La formazione dovrebbe essere fornita a tutti i dipendenti per aiutarli a comprendere i nuovi processi, aspettative e sistemi.

Piuttosto che cambiare la cultura di un’intera organizzazione, un’organizzazione può essere adattabile e agile consentendo a determinati tipi di sottoculture di emergere. Le sottoculture organizzative sono gruppi la cui caratteristica comune è una norma o convinzione condivisa.

Le sottoculture sono classificate come potenziate, ortogonali o controcultura, ciascuna esemplificativa di un diverso livello di congruenza con i valori della cultura dominante.

I membri delle sottoculture migliorative aderiscono ai valori della cultura organizzativa dominante ancora più entusiasti dei membri del resto dell’organizzazione. I membri delle subculture ortogonali abbracciano entrambi i valori della cultura dominante e mantengono il proprio insieme di valori distinti, ma non contrastanti. Infine, i membri di una controcultura non sono d’accordo con i valori fondamentali della cultura dominante e detengono valori direttamente in conflitto con i valori organizzativi fondamentali.

Psyche at Work si occupa di fornire alle aziende strategie efficaci e innovative, volte a favorire un clima di benessere aziendale a tutto tondo.

Per informazioni, chiarimenti e appuntamenti potete contattare la segreteria organizzativa scrivendo a info@psycheatwork.com o chiamando il numero verde 800.301657.

17 Apr 2018

5 fattori chiave che influenzano la Soddisfazione Lavorativa

5 fattori chiave che influenzano la Soddisfazione Lavorativa

Perché alcune persone sono entusiaste di andare a lavoro mentre altri odiano il lunedì mattina? Comprensibilmente, ognuno ha bisogno di lavorare per guadagnarsi da vivere, ma sembra che alcuni apprezzino non solo lo stipendio ma anche il processo che porta al suo profitto.

Fortunatamente, la soddisfazione sul lavoro dipende da una varietà di fattori, molti dei quali sono ben conosciuti, altri meno e molto spesso fuori dal proprio controllo.

La soddisfazione lavorativa (o la sua mancanza) influenza non solo i dipendenti, ma anche le organizzazioni con cui di sentono insoddisfatti. I lavoratori insoddisfatti sperimentano una minore produttività sul posto di lavoro, prestazioni inferiori, maggiore stress sul lavoro e maggiori tassi di turnover. Inoltre, un basso livello di soddisfazione sul lavoro può comportare un basso livello di morale e una bassa fedeltà alla società stessa, secondo un articolo pubblicato sull’International Journal of Learning and Development.

Possono essere individuati dei fattori chiave che influenzano la soddisfazione lavorativa e che dipendono principalmente dalla combinazione di fattori intrinseci ed estrinseci. La soddisfazione lavorativa intrinseca è il risultato del sentirsi contenti del lavoro stesso e delle responsabilità che ne derivano. La soddisfazione estrinseca ha più a che fare con condizioni di lavoro come lo stipendio, la sicurezza del lavoro e le relazioni con colleghi e supervisori.

1. Impegno. Una persona seriamente impegnata nel proprio lavoro è presente, concentrata e produttiva.

Una ragione per cui si può essere poco coinvolti nel proprio lavoro è legata al fatto di non utilizzare le proprie capacità e abilità al massimo potenziale. Indubbiamente, le persone sono naturalmente più impegnate nel lavoro che mette a frutto i loro talenti.

Ciò non implica necessariamente l’obbligo di cambiare lavoro per accrescerli; i propri talenti possono essere utilizzati in qualsiasi lavoro. Certo, ognuno può essere più adatto per alcuni lavori più di altri, ma un impegno pieno nel proprio lavoro, riconoscendo come i propri punti di forza individuali ha un impatto positivo sugli altri, dando significato a qualunque ruolo ci si trovi ad occupare.

Un modo per trovare significato nel proprio lavoro è avere una chiara comprensione della correlazione tra il proprio ruolo e gli obiettivi dell’azienda. Essere consapevoli, dunque, di come il proprio lavoro stia supportando direttamente un risultato più ampio.

2. Rispetto, lode e apprezzamento. Indipendentemente dal lavoro, è importante sentirsi rispettati sul posto di lavoro e apprezzati per il lavoro che si svolge. I dipendenti sono più soddisfatti nelle loro posizioni quando si sentono rispettati e vengono elogiati per un lavoro ben fatto, anche se si tratta di un semplice ringraziamento da parte di un manager della società. I supervisori sono spesso severi quando un dipendente commette un errore o è necessario qualcosa, ma fare lo stesso sforzo per congratularsi o apprezzare un lavoro ben svolto può avere un’influenza positiva sulla soddisfazione del lavoratore.

Il feedback costruttivo e la comunicazione aperta sul posto di lavoro sono un ottimo modo per incoraggiare il rispetto tra datori di lavoro e dipendenti.

Lavorare in un ambiente in cui ci si sente non rispettati, sottovalutati e sottostimati è una delle prime cause di insoddisfazione lavorativa.

3. Equo compenso. L’importanza che i dipendenti attribuiscono ai salari come fattore che contribuisce alla soddisfazione lavorativa sembra essere in aumento, secondo l’indagine 2016 condotta dall’SRM. I lavoratori attualmente classificano i salari come il secondo fattore più importante rispetto al quarto fattore più importante dell’anno precedente.

Ma, per quanto importante sia il guadagno per i dipendenti, molti sceglierebbero il riconoscimento e l’elogio da un rialzo in denaro per sentirsi più soddisfatti del proprio lavoro.

4. Motivazione. Capire le motivazioni che stanno dietro al lavoro che già si svolge o il lavoro che si desidera può aumentare la soddisfazione sul lavoro. Chiedersi perché si è accettato un determinato lavoro, cosa si prova nel fare il proprio lavoro e a cosa si aspira è importantissimo.

Le risposte a queste domande possono aiutare a determinare dove manca la soddisfazione in modo da potersi attivare e fare qualcosa al riguardo, sia che questo significhi cambiare lavoro sia che si tratti di cambiare il proprio approccio rispetto a quello attuale.

5. La soddisfazione nella vita. Non sorprende che le persone che sono infelici nella vita hanno meno probabilità di trovare un lavoro soddisfacente.

Gli psicologi hanno concluso che le persone che sono predisposte ad essere felici e soddisfatte nella vita in generale hanno maggiori probabilità di essere felici e soddisfatte nel loro lavoro. Osservano che gli individui che sono generalmente infelici nella vita e cercano soddisfazione nel loro lavoro probabilmente non lo troveranno.

Migliorare il proprio benessere condurrà naturalmente alla soddisfazione in ambiente di lavoro.

Psyche at Work si occupa di fornire alle aziende strategie efficaci e innovative, volte a favorire un clima di benessere aziendale a tutto tondo.

Per informazioni, chiarimenti e appuntamenti potete contattare la segreteria organizzativa scrivendo a info@psycheatwork.com o chiamando il numero verde 800.301657.