29 Set 2021

La nuova frontiera del capitale psicologico

La nuova frontiera del capitale psicologico

Come può crescere “una ghianda” nelle organizzazioni?

“Un seme di quercia nel corso del tempo darà vita necessariamente a una quercia, non a un pino né a un abete. Ogni quercia ha infatti delle peculiarità che la rendono unica  nonostante si tratti sempre di una quercia.” Lo stesso, secondo Hillman, succede a noi umani, che nasciamo con uno o più talenti peculiari, dimenticandocene spesso nel corso della vita.

Per comprendere meglio questo concetto, lo psicoanalista e filosofo  James  Hillman ha sviluppato La “Teoria della Ghianda” alla fine degli anni ‘90, che sottolinea l’individualità del singolo, percepito come un’ unicità irriducibile e caratterizzato da un talento innato che aspetta solo di essere scoperto.

Dunque, Hillman considera l’individuo stesso come una ghianda:

  • Ciascun individuo ha delle peculiarità che lo rendono unico;
  • Queste peculiarità sono potenzialità da esprimere;
  • L’ espressione necessità di consapevolezza e attenzione/ cura dell’individuo e delle persone con cui esso interagisce.

L’ individuo è quindi una risorsa potenziale e ineguagliabile nell’ambito organizzativo. A tal proposito, si parla del capitale psicologico come della nuova frontiera del potenziale.

L’espressione “capitale psicologico” può essere considerata una nuova lettura del concetto di potenziale: se tradizionalmente il concetto di potenziale si riferisce agli aspetti tangibili e osservabili, e quindi alle competenze puramente comportamentali e alle capacità di adattamento al ruolo richiesto, oggi, con l’utilizzo del termine capitale psicologico, si può far riferimento agli aspetti più intangibili e inosservabili che determinano i comportamenti.

Il capitale psicologico si compone di vari elementi. Oltre alla dotazione intellettiva individuale, possiamo riconoscere:

  • la personalità
  • i valori, quindi le convinzioni profonde che definiscono ciò che è importante per la persona
  • il senso di autoefficacia, quindi la convinzione nelle proprie capacità
  • la resilienza, cioè la capacità di reagire alle difficoltà, ristabilendo le condizioni ottimali per svolgere le attività
  • l’ottimismo, ovvero la tendenza a prefigurarsi scenari positivi
  • la determinazione, cioè la capacità di perseverare verso gli obiettivi
  • le inclinazioni motivazionali, ovvero le preferenze individuali sul lavoro che spingono le persone all’azione.

Alla luce di quanto detto, sorge spontaneo chiedersi per quale ragione un’organizzazione dovrebbe investire in questa forma di capitale.

Investire sul capitale psicologico permette di sostenere l’individuo nell’affrontare efficacemente scenari mutevoli e complessi, trovando in se stesso le risorse anche in assenza di riferimenti o supporti esterni. Tale investimento contribuisce direttamente alla realizzazione personale del lavoratore e, al tempo stesso, al conseguimento degli  obiettivi professionali.

Ma se questo capitale è effettivamente utile per un’organizzazione, poiché appunto permette il conseguimento degli obiettivi, in che modo può essere espresso?

Un elemento fondamentale che ne permette l’espressione  è l’esistenza di una proficua interazione tra l’individuo e l’organizzazione. Quest’ultima gioca un ruolo fondamentale e deve essere in grado di creare condizioni favorevoli al fine di permettere lo sviluppo delle potenzialità dell’individuo. Gli elementi caratterizzanti l’organizzazione ideale presuppongono un orientamento organizzativo basato non più sul controllo dei dipendenti, ma sulla fiducia nelle capacità degli stessi “collaboratori”, e il job crafting, ossia la capacità dell’organizzazione di plasmarsi attorno alla persona, in virtù della sua storia professionale e delle sue motivazioni uniche.

Questa nuova visione organizzativa necessita di un vero e proprio change management in cui il manager da esperto di contenuti diviene un vero e proprio ricercatore e scopritore del capitale psicologico.

22 Set 2021

L’importanza del capitale psicologico nella selezione del personale

L’importanza del capitale psicologico nella selezione del personale

Nella competizione sul mercato del lavoro, le organizzazioni non dovrebbero considerare i dipendenti come un costo, bensì come una risorsa sulla quale hanno investito e dalle quali si aspettano di ricavare un contributo di valore.

L’importanza crescente attribuita dalla ricerca al capitale psicologico è strettamente connessa al riconoscimento dei suoi effetti sulle scelte dell’individuo, principalmente in contesti lavorativi. Il capitale psicologico è un costrutto composito identificato dagli aspetti caratteriali della persona. Si tratta di una risorsa utile per fronteggiare le situazioni lavorative stressanti, tra cui la job insecurity, ovvero la percezione da parte del dipendente di una potenziale perdita involontaria del lavoro.

All’interno di un’organizzazione, emozioni positive ed elevati livelli di capitale psicologico rendono l’individuo capace di attuare comportamenti e atteggiamenti in grado di facilitare la percezione del cambiamento.

Durante il processo di selezione è utile comprendere quali sono i punti di forza del candidato, ricercando gli effetti di questi ultimi sui processi decisionali.

In questi casi si parla di PsyCap (capitale psicologico positivo): le scale di misura usate sono molteplici ma, nella maggior parte dei casi, le componenti principali del capitale psicologico sono:

  • autoefficacia: le concezioni che le persone hanno di se stesse, le diverse rappresentazioni della propria identità personale e sociale costituiscono punti di riferimento fondamentali per compiere delle scelte, definire il livello di implicazione motivazionale, disegnare strategie di azione e regolare la prestazione;
  • ottimismo: la visione positiva delle situazioni, la capacità di riuscire a vedere il lato buono delle cose. L’ottimista attribuisce gli insuccessi e gli eventi negativi a cause transitorie; gli eventi positivi, contrariamente, vengono attribuiti a fattori strutturali e permanenti;
  • speranza: costituita dalla volontà di raggiungere l’obiettivo prefissato e dall’abilità di identificare diverse modalità di raggiungimento;
  • resilienza: capacità di non abbattersi a seguito dei fallimenti, di sapersi rialzare e proseguire nonostante le difficoltà.

Adeguatamente stimolate e sviluppate, queste dimensioni possono permettere al soggetto di attuare una performance migliore, riuscendo ad adattarsi al proprio ambiente di lavoro, imparando dai propri errori e dalle difficoltà incontrate, per crescere professionalmente.

Il valore applicativo dello PsyCap emerge dall’idea secondo cui ciascuna delle dimensioni di cui è composto, è misurabile tramite strumenti validati, può essere sviluppata tramite appositi programmi di intervento andando ad influire sul rendimento e la performance del lavoratore. Inoltre, si è osservato che le persone con un elevato PsyCap risultano essere a minore rischio di stress e/o burnout, in quanto sono in grado di percepire il proprio ambiente organizzativo come positivo. Questa convinzione permette di migliorare la propria capacità di reagire ad eventi lavorativi stressanti, minimizzandone le conseguenze dannose.

 

15 Set 2021

Autoregolazione e controllo del comportamento nella gestione dei conflitti

Autoregolazione e controllo del comportamento nella gestione dei conflitti

Pensiero, ragionamento, attenzione, regolazione emotiva sono una serie di processi psicologici in grado di delineare l’autoregolazione, la quale permette al soggetto di controllare i propri comportamenti orientati allo scopo, al variare del tempo e dei cambiamenti di contesto. Questi processi includono attività di monitoraggio, autovalutazione e reazione interna. L’autoregolazione fa riferimento al controllo di se stessi, in modo tale da mantenere una coerenza tra il proprio self (identità) e alcuni standard di comportamento predefiniti. In un contesto lavorativo, come in altri contesti della vita quotidiana, gli individui sono attivamente impegnati nell’allocare le risorse scarse a disposizione e nel regolare l’azione. L’allocazione di risorse costituisce un processo che determina quanto tempo, energia cognitiva, attenzione, sforzo fisico, perseveranza vadano dedicati a diversi piani d’azione e progetti. La regolazione dell’azione fa riferimento all’attività interna attraverso la quale si determinano le condotte, si aumenta o si diminuisce lo sforzo. Tutti questi elementi fanno parte della teoria dell’azione, la quale considera il ruolo attivo delle persone nel loro rapporto con se stessi e con la realtà esterna nella gestione di un conflitto. L’autoregolazione interna ha come obiettivo quello di mantenere il controllo sulla realizzazione dei piani, mediando e negoziando per il conseguimento dello scopo stabilito; essa è un’importante risorsa che alimenta il comportamento motivato e positivo all’interno delle organizzazioni, sviluppando soddisfazione al lavoro.

Imparare a gestire i conflitti implica lo sviluppo della soddisfazione lavorativa, ovvero un atteggiamento favorevole verso il lavoro, caratterizzato, nella sua componente emotiva, da un generale appagamento, con emozioni piacevoli nei confronti del lavoro svolto e, nella sua componente cognitiva, esprime un giudizio positivo sul bilancio tra costi e ricavi dell’attività svolta. Tale concetto è considerato uno degli esiti lavorativi significativi e ricercati dal lavoratore e, contemporaneamente, un fattore in grado di influenzare molteplici condotte lavorative.

08 Set 2021

Flourishing organizations e sustainable employability

Flourishing organizations e sustainable employability

Negli ultimi anni, le organizzazioni hanno cercato di prestare una crescente attenzione a come sviluppare nuovi modelli e pratiche di management caratterizzati da maggior efficienza ma anche da sostenibilità, focalizzandosi quindi, sui principi etici, sul rispetto dell’ambiente, cercando di dare un contributo alla comunità da cui traggono risorse finanziarie, fisiche ed umane utili per essere competitive sul mercato del lavoro. La sostenibilità citata si riferisce alla capacità di sopravvivere e avere successo in un ambiente dinamico e competitivo, essa dipende dalla soddisfazione dei bisogni di coloro che hanno interessi rilevanti nei confronti dell’azienda. In questo contesto si sviluppano le flourishing organizations. Si tratta di organizzazioni in grado di favorire il lavoro di squadra, la comunicazione, la cooperazione, il know-how, la professionalità, la motivazione, la condivisione, dando fondamentale importanza alle proprie risorse umane e creando un’atmosfera di lavoro positiva. Diverse ricerche empiriche avvalorano l’ipotesi secondo cui la percezione di considerare se stessi e le proprie esperienze lavorative, per quanto possibile, in un’ottica positiva sia una determinante essenziale del buon adattamento, della fiducia in se stessi, dell’entusiasmo e dell’impegno. Dunque, è opportuno comprendere fino a che punto la volontà di accostarsi alla vita con atteggiamento positivo sia una risorsa da sviluppare. Queste premesse spiegano l’intenzione delle organizzazioni di promuovere condizioni in grado di valorizzare la positività e l’efficacia individuale, trasformandola in efficacia collettiva attraverso persuasione, apprendimento per osservazione, messa alla prova, controllo degli stati emotivi. Il soggetto organizzativo che opera all’interno delle flourishing organizations, dev’essere in grado di sviluppare employability, strettamente connessa al concetto di sostenibilità. Le sfide della sustainable employability richiedono la capacità di saper affrontare i cambiamenti economici e sociali, di impegnarsi ad operare in modo etico e responsabile.

Il modo in cui un’organizzazione considera i suoi dipendenti influenza la reputazione dell’azienda, la sua immagine sul mercato del lavoro, soprattutto in un’economia declinante. Per questo motivo, tutti gli aspetti riguardanti la GRU, quindi per esempio, come le organizzazioni interagiscono con l’ambiente, ma anche come i dipendenti percepiscono le pratiche GRU, possono dare un valido aiuto ad affrontare le sfide competitive e a creare valore.