26 Mag 2021

L’Autostima

L’Autostima

La parola autostima è composta dal verbo di origine latina aestimare, cioè valutare. La parte riferita al sé invece è la parola “auto”. Quindi, l’autostima è come ti valuti.

L’autostima è l’insieme delle opinioni e delle valutazioni che una persona ha di se stessa. Essa influenza e condiziona i nostri comportamenti, pensieri e le nostre emozioni. È il giudizio che diamo a noi stessi, la capacità di apprezzarci, di riconoscere la nostra unicità, al di là dell’opinione degli altri. In psicologia indica il senso del valore che una persona ha di se stessa.

L’autostima si esprime in tutti gli aspetti della vita, nel lavoro, nelle relazioni di amicizia, nella vita amorosa, nelle relazioni famigliari e così via. Pertanto, migliorare l’autostima è fondamentale per poter raggiungere i propri obiettivi e per avere un buon livello di benessere psicofisico.

Ecco qualche consiglio per migliorare la tua Autostima:

  • I tuoi standard di riferimento non sono gli altri, sei tu stesso quando sei al meglio
  • Tu sei l’unico giudice di te stesso
  • Fai leva sui tuoi punti di forza e anche… sui tuoi punti di debolezza
  • Impara a convivere con i tuoi difetti
  • Agisci per realizzare i tuoi desideri
  • Sii coerente a te stesso e ai tuoi valori
  • Coltiva i tuoi talenti
  • Impara a volerti bene
  • L’autostima s’impara

SI! Proprio così, l’autostima, come tutte le cose, s’impara con la pratica. Si sviluppa decidendo di agire come se già avessi tutta la fiducia in te stesso che ti serve. Questo permette di svilupparla realmente. Poiché l’insicurezza genera insicurezza ed ostacola il tuo potenziale. Inoltre, non preoccuparti di quello che gli altri possono pensare di te, piuttosto concentra l’attenzione su quello che tu vuoi.

“Quando sei contento di essere semplicemente te stesso e non fai confronti e non competi, tutti ti rispetteranno.”  (Lao Tzu)

19 Mag 2021

L’ARTE DEL BRAINSTORMING

L’ARTE DEL BRAINSTORMING

Fare buone domande è una delle abilità più difficili da padroneggiare. Soprattutto nel caso di brainstorming: le buone domande sono essenziali. Il brainstorming è una tecnica creativa di gruppo che affronta problemi complessi generando idee spontanee, al fine di  trovare una soluzione.

E’ un’attività di squadra che permette ai gruppi di pensare più liberamente ed esplorare una grande varietà di idee e di prospettive. Le soluzioni vengono spesso raggiunte in modo più efficace in questo modo, rispetto a quello che si sarebbe ottenuto da una singola persona, o da una squadra che utilizza tattiche ovvie o convenzionali.

Le domande più produttive sono aperte, brevi e semplici. Occorre iniziare con una serie di domande descrittive e facili (cosa funziona? Cosa non va?), per arrivare a domande più complesse e speculative (perché o perché no? E se…?). Questa sequenza produce migliori risultati.

PERCHÉ LE DOMANDE SONO COSÌ IMPORTANTI?

Le sessioni di brainstorming sono progettate per essere aperte e spontanee. Nel lavoro controlliamo più volte le nostre e-mail prima di inviarle, oppure ci tratteniamo durante le riunioni perché non vogliamo sembrare stupidi. Le persone vengono assunte, licenziate e promosse a seconda che prendano decisioni intelligenti.

Ma il brainstorming interrompe il flusso della vita quotidiana perché introduce vulnerabilità.

I partecipanti si sentono liberi di buttare fuori idee senza paura di essere giudicati. Per promuovere nuove idee, il brainstorming inizia con domande che aiutino immediatamente tutti a sentirsi sicuri nel condividere i propri pensieri e sentimenti. Ogni domanda che segue la precedente rafforza continuamente l’ambiente. Ma se una domanda è troppo aperta, chiusa o inappropriata per una particolare riunione, i partecipanti verranno messi in disparte (non considerati).

LE CINQUE DOMANDE DEL BRAINSTORMING

  1. Domande osservazionali: è tutto ciò che può essere visto, sentito, toccato o sentito (utili per dare il via a un brainstorming e ottimi per una varietà di contesti). [Cosa stiamo cercando di ottenere in questo incontro? – Quali passi concreti dovremmo compiere per andare avanti?]. Molti brainstorming si bloccano quando i partecipanti avvertono di essere stati spinti in una direzione specifica, diventando consapevoli di dare la risposta “giusta”. In questo caso proponendo una domanda osservativa aperta, si può eliminare quella sensazione.
  2. Domande introspettive: coinvolgono i partecipanti a pensare profondamente guardandosi dentro e concentrandosi sull’elaborazione emotiva o cognitiva.
  3. Domande retrospettive: Si chiede ai partecipanti di guardare indietro, consentendo ai compagni di squadra di condividere il significato o le implicazioni dell’argomento in questione. Le domande retrospettive sono un modo divertente ed efficiente per iniziare a tradurre le idee in azioni e per incoraggiare tutti a pensare a ciò che hanno appreso dalla sessione. E’ più appropriato proporli alla fine della sessione di BS. Infatti, queste domande poste all’inizio del brainstorming, non lascerebbero spazio allo sviluppo della conversazione. Al contrario usati in conclusione predispongono ad ulteriori discussioni.
  4. Domande sul pensiero laterale: nel momento in cui si pensa o si parla di un problema, è facile cadere nella prevedibilità. Seguiamo le stesse routine quotidiane, comunichiamo in modi prevedibili e pensiamo in termini familiari. Ma nel brainstorming, è necessario rimuovere il senso familiare e prevedibile delle cose. Le domande di pensiero laterale infatti, aiutano proprio in questo. Queste domande sono sorprendenti e a volte, persino dissonanti. L’idea è incoraggiare i partecipanti a pensare al problema in un modo nuovo.
  5. Domande attuabili: nel momento in cui il brainstorming va verso la chiusura, i compagni di squadra si chiederanno cosa fare con le informazioni raccolte. In effetti i brainstorming tendono ad essere caotici, disordinati e frenetici, ma possono effettivamente trasformarsi in un progetto o processo. È adesso che entrano in gioco le domande attuabili:
  • Cosa dovremmo iniziare o interrompere?
  • Cosa dovremmo continuare a fare?
  • Chi sta facendo il primo passo?
  • Quale di queste azioni si affrontano prima?

 

 

19 Mag 2021

MUSICA, MAESTRO!

MUSICA, MAESTRO!

Gli effetti positivi della musica sono numerosi e a portata di tutti:

  • diminuisce lo stress,
  • aiuta a dormire meglio,
  • potenzia la memoria e il linguaggio,
  • cura gli stati d’ansia, ipertensioni e numerose altre patologie.

LA MUSICA NEI BAMBINI

Soprattutto nei bambini porta notevoli benefici aiutando a sviluppare il cervello e migliorando le capacità cognitive.

La musica classica è di grande aiuto particolarmente durante la gravidanza e sessioni regolari di gioco con la musica migliorano la capacità dei bambini di elaborare i suoni delle parole, i ritmi musicali, favorendo una maggiore elasticità/plasticità di riconoscere eventuali variazioni. Nel lungo termine produce un impatto positivo sulla capacità di parlare, o apprendere una lingua straniera. La melodia musicale stimola la parola, l’intelletto, le abilità motorie ed i sensi infatti si ipotizza un’incidenza specifica della musica nelle aree relazionate al piano sensoriale. Man mano che i bambini acquisiscono autonomia e maturità, la musica collabora allo sviluppo di abilità motorie, al tono e alla forza muscolare, all’autocontrollo ed equilibrio.

EFFETTI DELLA MUSICA SULL’UOMO

La musica produce effetti particolarmente nell’area destra del cervello, dove regna l’immaginazione e la creatività.

Nello specifico:

  • sviluppa l’ascolto ed il pensiero spazio-tempo
  • migliora la concentrazione, la memoria e le capacità di attenzione
  • stimola l’intelligenza e migliora le capacità matematiche e di ragionamento
  • stimola l’espressione verbale e corporale, abilità sociali ed ottimismo
  • favorisce l’ascolto, l’apprendimento di concetti e parole.

MUSICA GREEN

Anche piante ed animali traggono vantaggio dall’ascoltare la musica. Come dimostrano alcuni studi, le piante hanno propri gusti musicali e soprattutto:

  • sinfonie
  • sonate per pianoforte
  • composizioni di Mozart

Si è scoperto che i suoni preferiti dalle piante sono proprio quelli che rimandano all’habitat naturale (musica green).

La percezione del suono avviene attraverso onde sonore e movimenti vibratori che generano effetti incisivi e positivi sulla crescita delle piante.

La musica classica è utilizzata anche in alcune stalle e allevamenti di mucche per incrementare il benessere degli animali, quindi la produzione di latte.

USO DELLA MUSICA NELLA STORIA

Anche i nativi d’America e altri popoli, utilizzavano melodie per curare numerosi disturbi o malattie. Analogie si ritrovano nelle antiche culture del Sud America, della Cina, dell’India e perfino in Europa.

12 Mag 2021

Excursus storico religioso della sofferenza e del dolore

Excursus storico religioso della sofferenza e del dolore

L’aspetto religioso è sempre stato presente nella natura umana, sin dalla notte dei tempi. L’uomo si è sempre posto domande su cosa ci fosse al di là della pura materia, visibile e modificabile.

L’affidarsi ad un’entità soprannaturale ha permesso di sollevarsi dall’inquietudine dello spirito, attribuendone la propria ragione d’essere, creando un senso di unità ed armonia.

E’ bene fare una distinzione fra religione e religiosità: la prima è l’insieme delle credenze e manifestazioni in cui l’uomo riconosce l’esistenza di un soprannaturale, la seconda è un sentimento profondo che guida alla relazione con un essere trascendentale. La sofferenza appartiene a tutti gli esseri umani, a tutte le culture e religioni, è presente a tutte le latitudini del nostro pianeta. Le tre religioni monoteiste, che credono in Dio, propongono una visione del dolore abbastanza simile, probabilmente perché in poche situazioni come nel momento del dolore, il rapporto tra l’uomo e Dio è così profondo, complicato e per alcuni versi, contraddittorio.

Nelle preghiere delle tre religioni, è comune la richiesta di essere dispensati dal dolore, ma viene ribadita anche l’accettazione di questa condizione. Il buddismo è allineato al presupposto che tutta la vita è dolore, ma il modo di emanciparsi dal dolore è la meditazione. L’induismo ne attribuisce la causa all’isolamento dell’uomo.

Secondo la teoria del karma-samsàra (“reincarnazione della anime secondo la legge della retribuzione”) ognuno è responsabile del proprio destino (Zago, 1985). La sorte triste o felice della vita attuale è la diretta conseguenza delle azioni compiute durante le reincarnazioni precedenti. Tra le scuole filosofico-religiose indiane, quella che più di tutte ha dato attenzione alla sofferenza è quella del ‘Sankya-Yoga’ suddivisa in tre tipi:

1-intraorganica (fisica e mentale);

2-extraorganica (prodotta da cause esterne);

3-soprannaturale (provocata da pianeti, spiriti…).

Gautama Siddharta dei Sakhiamuni (il futuro Buddha) affronta il dolore e l’impermanenza della vita, attraverso un’intuizione sintetizzata nelle cosiddette Quattro Nobili Verità, che rappresentano le fondamenta primarie del buddismo (Doody, 2016).

Prima Nobile Verità: “tutto è dolore” (dukka satya).

Seconda Nobile Verità: l’origine della sofferenza (samudaya satya) è la passione, il desiderio.

Terza Nobile Verità: termine al dolore (nirodha satya) è il Nirvana, etimologicamente identificato come spegnimento, uscita, estinzione.

Quarta Nobile Verità: c’è una via (marga satya) che conduce al Nirvana e che rappresenta l’ottuplice sentiero: le otto ”rettitudini” che esprimono una retta visione della realtà.

Nelle religioni Abramiche il dolore è confinato ad un Dio creatore e remuneratore, fonte di ricerca alle risposte della sofferenza umana. La Bibbia guarda alla sofferenza senza minimizzarla, la compatisce profondamente e vede in essa la richiesta di aiuto e conforto espressa con lamenti e grida rivolti a Dio. La sofferenza nel Cristianesimo, riporta la figura di Gesù e il suo modo di averla condivisa, affrontata con una chiara relazione di aiuto, e superata. Colui che soffre in unione con Cristo, non solo attinge forza, ma “completa” con la sua sofferenza “quello che manca ai patimenti di Cristo”. Ecco il carattere “creativo” della sofferenza in cui l’uomo trova una grazia che giunge dall’interno, che trasforma questa sensazione in speranza e fede per affrontare la situazione con coraggio e dignità.

Anche Maometto ha attraversato e vissuto esperienze di dolore. Dapprima la morte del padre, mai conosciuto; in seguito da bambino, perde la mamma.

Il punto cardine dell’Islam è l’assoluto di Dio, l’Unico. Tutto è assegnato a Lui, causa assoluta, alla sua volontà illimitata e incondizionata, sofferenza e morte compresi.

Islàm significa sottomissione, abbandono totale ai decreti divini. L’Islam rifiuta la redenzione e rifiuta la sconfitta perché significherebbe la sconfitta stessa di Dio.

Dio e l’uomo sono “soli” uno di fronte all’altro.

In tutti i racconti coranici è frequente una cosiddetta “norma di Dio” che proclama il trionfo della fede sulle forze del male. Per i musulmani come per i cristiani Gesù è vivo. Seppur in modo diverso, il credente cristiano e musulmano condividono la Sua esistenza.

12 Mag 2021

CREARE UN MARCHIO DI SUCCESSO

CREARE UN MARCHIO DI SUCCESSO

Creare un marchio o solo un’attività? Molte aziende trascurano questo aspetto passando direttamente alla progettazione e al marketing. Il fondatore di Amazon, Jeff Bezos ha detto: “Il tuo marchio è ciò che gli altri dicono di te quando non sei nella stanza”.

I CONTESTI E APPLICAZIONI

Un marchio di successo deve rispondere coerentemente con la propria attività, attenendosi a contesti ed applicazioni lavorative:

  • Ambiente (negozio o ufficio)
  • Stampa materiale, segnaletica, imballaggi
  • Sito web e pubblicità online
  • Vendite e servizio clienti
  • Amministrazione Interna (dipendenti)

E’ un processo strategico che richiede tre fasi di alto livello per creare un’immagine chiara, definita e unica sul mercato:

  • Strategia del marchio
  • Identità aziendale (scopo, promesse, problem solving, affidabilità)
  • Marketing del marchio

PROCESSO STRATEGICO DEL MARCHIO

Una strategia del marchio, efficace e completa deve includere:

  1. La scoperta del marchio
  2. La ricerca della concorrenza nel settore
  3. I possibili destinatari
  4. La voce del marchio (best practice di comunicazione) che esprime la personalità e valori fondamentali di massimo impatto della tua attività
  5. Come improntare al marchio una propria riconoscibilità
  6. La dichiarazione di intenti del marchio
  7. La delineazione delle qualità chiave e dei vantaggi del marchio
  8. La creazione di un logo del marchio e uno slogan
  9. L’integrazione del marchio in ogni aspetto dell’attività
  10. L’importanza della fedeltà per la valorizzazione del marchio

Attraverso canali o attività di marketing digitale, è possibile amplificare e produrre crescita dell’immagine del marchio attraverso:

  1. La creazione di un sito web
  2. Il SEO e il marketing dei contenuti – SEO e SEA rientrano nella macro-attività di web marketing dette SEM, ovvero search engine marketing (marketing attraverso i motori di ricerca)
  3. Il social media marketing
  4. Il marketing via email
  5. La pubblicità a pagamento

 

05 Mag 2021

Sport e crescita personale

Sport e crescita personale

Prima ancora della nascita della filosofia, molti grandi pensatori si espressero sull’utilità e sull’importanza dell’attività sportiva, idea già radicata nella cultura occidentale. Per Platone e Aristotele l’attività sportiva aveva un ruolo filosofico ed educativo fondamentale.

Altamente raccomandata sin da piccoli perché sviluppa non soltanto l’equilibrio fisico, ma anche la propria consapevolezza morale. Ci sono però, dei limiti: applicarsi troppo nello sport risulta dannoso non solo per lo sviluppo del potere dell’anima, ma anche per lo sviluppo fisico del bambino.

Allora come oggi, praticare uno sport sin da bambini comporta notevoli benefici:

–              migliora la memoria

–              capacità di attenzione

–              capacità di apprendimento

–              aumenta il desiderio di superare sempre se stessi proponendosi nuove sfide

–              aumenta la capacità respiratoria

–              favorisce l’attivazione delle ghiandole della crescita

–              crea indipendenza

–              matura sentimenti positivi

–              migliora capacità e coordinazione motorie, migliora agilità e flessibilità corporea,

potenzia i riflessi, la velocità e la resistenza agli sforzi fisici

–              è un ottimo antidoto contro la timidezza, che nel tempo può divenire un ostacolo per la                     realizzazione di sé

–           allontana il rischio di obesità

–            è sinonimo di uguaglianza, di responsabilità

–              stimola l’attività all’aria aperta

–              aiuta ad avere una buona postura e a correggerla

–              favorisce impegno per raggiungere obiettivi prefissati, sviluppando competenze sociali

–              favorisce la socializzazione e l’autostima

–              mantiene la pressione sanguigna a livelli ottimali

Calcio, basket, tennis, karate, atletica, i bambini posso praticare qualsiasi sport a qualunque età. La maggior parte degli sport sono praticati in gruppo favorendo la massima interazione (fisica e mentale), agevolando il lavoro di squadra e lo spirito di gruppo nel rispetto di norme e di regolamenti che li aiuteranno ad affrontare soluzioni nella vita della comunità.

La scelta dello sport giusto comincia dall’osservazione dei genitori sul bambino a seconda delle sue esigenze fisiologiche, delle sue inclinazioni, puntando a scegliere uno sport che lo diverta e che rafforzi la sua autostima.

05 Mag 2021

LA GESTIONE STRATEGICA DELLE RISORSE UMANE

LA GESTIONE STRATEGICA DELLE RISORSE UMANE

Un’azienda che riesce a raggiungere alti standard di qualità nella produzione di beni e servizi, dimostra che è riuscita ad adoperare e a organizzare ogni risorsa in modo costruttivo e funzionale. Questo è possibile attraverso una corretta e minuziosa pianificazione strategica aziendale, nella quale, sempre più spesso, adoperano gli esperti delle risorse umane. Il mondo HR si è evoluto nell’ultimo decennio, in quanto, storicamente, quest’area è sempre stata preposta a compiti come: gestione contratti, controllo documenti e buste paga. Invece, negli ultimi anni queste attività sono state automatizzate/informatizzate, in modo tale da alleggerire il carico di attività a cui far fronte, ma anche per poter permettere ai manager delle risorse umane di dedicare più tempo al benessere e alla cura dei lavoratori. A questo proposito l’HR management fa parte di questa nuova branca in ascesa all’interno delle aziende.

HR MANAGEMENT

La gestione strategica delle risorse umane, il cui acronimo è SHRM, è una branca della gestione delle risorse umane e consiste nel collegamento dell’area HR con gli obiettivi e le strategie aziendali. La finalità principale di questa branca è quella di migliorare la produttività aziendale, attraverso la valorizzazione dell’innovazione e della flessibilità, puntando ad avere un vantaggio competitivo. Dunque, in quest’ottica l’area Risorse Umane partecipa attivamente alla definizione e all’implementazione delle strategie aziendali. La gestione strategica delle risorse umane si discosta dalla gestione tradizionale, in quanto la seconda si concentra maggiormente sui valori personali, considerando meno i valori aziendali.

LA GESTIONE STRATEGICA DELLE RISORSE UMANE IN PRATICA

La gestione strategica delle risorse umane può incentrare il suo lavoro su 5 aree:

  1. Stipulazione del piano strategico aziendale – prima di tutto, in esso devono essere specificati i traguardi e gli obiettivi che si vorranno raggiungere a livello aziendale; la loro individuazione è sempre considerato il primo step.
  2. Analisi del lavoro – per aumentare le probabilità di soddisfare le ambizioni aziendali, bisogna essere sicuri di conoscere appieno le caratteristiche del lavoro e le competenze/qualità dei lavoratori, in modo da individuare il migliore match mansione-lavoratore.
  3. Selezione e gestione dei lavoratori – il processo di selezione è successivo a quello di “reclutamento”, che consiste nell’individuazione di un bacino di possibili candidati idonei tra cui selezionare quello con caratteristiche più compatibili con la posizione ricercata. Il fine ultimo è ottenere un team forte e strutturato e l’area HR ha l’obiettivo di gestire tutti in linea con gli obiettivi dichiarati.
  4. Promozione professionale – esso consiste nell’attuazione di una serie di misure, come salari equi, formazione soddisfacente per progredire nelle propria area di competenza e aumento delle responsabilità, il tutto per aumentare la motivazione dei dipendenti.
  5. Ambiente di lavoro – esso dovrebbe essere strutturato in maniera tale da garantire una buona salute fisica e mentale ai lavoratori.

 

BENEFICI AZIENDALI DELLA GESTIONE STRATEGICA DELLE RISORSE UMANE

Una corretta gestione strategica delle risorse umane può migliorare notevolmente i risultati aziendali, agendo su:

  • Produttività – massimizzare la produttività dei lavoratori conduce inevitabilmente all’aumento dei profitti e alla riduzione dei costi sulla manodopera non essenziali, in quanto la SHRM permette di preventivare eventuali interruzioni dannose, agendo proattivamente per evitarle.
  • Impegno dei dipendenti – i lavoratori si sentono più coinvolti e più importanti nel determinare il raggiungimento degli obiettivi a breve e a lungo termine per la loro azienda.
  • Gestione dei lavoratori – la SHRM è una branca specifica delle risorse umane, quindi facendo parte di quest’ultima ha come obiettivo costruire relazioni ottimali e solide tra i lavoratori, attraverso una loro gestione costruttiva, che può comprendere ad esempio la loro formazione, le loro possibilità di carriera e le chance di sviluppo personale.
  • Soddisfazione dei clienti – l’adempimento dei tre punti precedenti conduce a una maggiore soddisfazione del cliente, in quanto, dipendenti più coinvolti e più soddisfatti forniranno servizi qualitativamente superiori al cliente.

 

 

28 Apr 2021

COACH = MOTIVATORE ? FACCIAMO CHIAREZZA

COACH = MOTIVATORE ? FACCIAMO CHIAREZZA

Il coaching è un’attività affascinante, ma ancor oggi poco conosciuta. Con il termine coach si è sempre fatto riferimento ai “motivatori”, ai trainer, o formatori con approcci esperienziali, ma nessuno di questi termini ha definito propriamente la mera professione.

Il coach è un professionista che accompagna persone o gruppi verso i risultati desiderati, attraverso uno specifico processo e usando precise competenze. Lavora con persone che hanno obiettivi da raggiungere attraverso un processo prevalentemente orientato al futuro per aprire nuove risorse.

DA DOVE DERIVA LA PAROLA “COACH”?

Nei paesi anglosassoni, le carrozze del treno o degli autobus sono chiamate “coach” perché gli studenti inglesi nell’800 utilizzavano il termine “coach” per classificare i professori più capaci, che sarebbero stati in grado di “trasportarli” verso il successo scolastico.

L’ispiratore del coaching è Tim Gallwey, un istruttore di tennis che negli anni ’70 si chiese quanto il pensiero di una palla non giocata, influisse sulla performance dell’atleta stesso. Sul campo, il gioco si svolge a un livello interno – mentale e a un livello esterno, il cui svolgimento dipende in buona parte da quanto accade a livello mentale. Allora applicò sul tennista un metodo basato sulla soppressione delle interferenze personali (ad esempio la paura di fallire o di commettere errori), facendo leva sulle personali capacità del tennista.

IL METODO INNER GAME

Il metodo Inner Game, ideato da Tim Gallwey, in ambito sportivo fu ripreso e utilizzato anche nel Business Coaching e nel Life Coaching e può essere riassunto con la seguente formula:

P = p – i

  • P = Performance
  • P = potenziale
  • I = interferenze (un dialogo interiore ostacolante e sabotante)

Quindi, la Performance è il risultato della sottrazione di tutte le possibili interferenze sul potenziale effettivo dell’atleta. Dunque, la performance dell’atleta, in ambito sportivo, o del lavoratore, in ambito aziendale, potrebbe non essere la massima raggiungibile con il suo potenziale, perché essa può essere inficiata da alcune interferenze.

Più tardi, John Whitmore ha elaborato uno dei più noti processi di coaching applicandoli in ambito aziendale, il cui scopo è:

  • supportare il cliente verso la definizione di obiettivi significativi per sé;
  • scoprire e far scoprire i talenti e le potenzialità esistenti;
  • stimolare l’esplorazione, facilitando la scelta di strategie per arrivare sempre più vicino alla meta;
  • favorire la consapevolezza e l’apprendimento attraverso feedback, domande, sfide.
28 Apr 2021

SOGNO O SON DESTO?

SOGNO O SON DESTO?

Il sonno è fondamentale per la sopravvivenza e per l’integrità psicofisica.

Tutti hanno bisogno di dormire, dagli esseri umani agli animali. Solo le piante sono soggette a un ritmo circadiano (ciclo giorno-notte di 24 ore) che le aiuta a riconoscere quando iniziare le proprie funzioni e quando sospenderle. Per cui, non dormendo, crescono solo durante la notte e non solo di dimensioni, ma diventano più forti per resistere a parassiti, malattie e condizioni ambientali del luogo.

Trascorriamo 1/3 della nostra vita a dormire permettendo al nostro corpo e alla mente di recuperare energie ed essere pronti e vitali per affrontare il nuovo giorno. Mediamente, una persona di 90 anni ne ha trascorsi 37.4 dormendo (330.000 ore). Da quando ci si addormenta al risveglio, si attraversano fasi alternanti dal sonno profondo (fasi REM) al sonno leggero, in cui la respirazione si fa più lenta, le onde cerebrali rallentano e la temperatura corporea si abbassa, favorendo la produzione di Melatonina rilasciata dal nostro corpo. Molti, di fatto, non serbano alcun ricordo dei propri sogni, sia che si dorma bene o no.

La privazione del sonno, insonnia e risvegli notturni producono danni al nostro organismo a partire dal calo delle difese immunitarie, al rallentamento dei riflessi, al calo di concentrazione ed attenzione.

Non dormire sufficientemente pone un maggior rischio di infarto, aumento di stress, di adrenalina prodotta dal nostro corpo per cui possono aver luogo cambiamenti di umore con irascibilità, nervosismo, ma anche obesità per il crescente aumentato appetito.

Purtroppo, non è sempre possibile dormire bene perché i disturbi del sonno sono numerosi (catalogati 87) e insorgono nell’attività onirica, che non avviene solo in fase di sonno REM.

I parametri fisiologici nello stato di sonno vengono rilevati attraverso la polisonnografia, principalmente impostata sull’elettroencefalogramma, ma include anche l’elettromiografia, l’elettrooculografia, e l’elettrocardiogramma e su misure della respirazione considerando la fase di veglia, la fase REM (rapid eye movement) e tre fasi non-REM:

N1: fase di addormentamento;

N2: rallentamento dell’attività fisiologica;

N3: sonno profondo.

Ma nonostante lo stress, la precarietà in tutti i livelli della nostra vita, la velocità di cambiamento del mondo è ancora possibile dormire bene. Basta riprendere la routine del sonno e del risveglio che da sempre è applicata ai nostri figli:

1-no caffè dopo le 13;

2-pasto serale leggero;

3-andare a dormire dopo almeno 3 ore dal pasto;

4-andare in bicicletta o camminare per mezz’ora dopo cena;

5-liberare la mente dai garbugli della giornata trascorsa, e lasciarsi andare nelle braccia di Morpheo.

21 Apr 2021

Questo strano legame tra olfatto ed emozioni…

Questo strano legame tra olfatto ed emozioni…

L’olfatto è uno dei sensi meno conosciuti, eppure è così primordiale da modificare il nostro inconscio profondamente. Percepiamo odori “buoni o cattivi”, odori che ci attirano o che respingiamo, scatenando una reazione di vicinanza o fuga profondamente legata al nostro istinto di sopravvivenza.

Nello sviluppo fetale, il nervo olfattivo si forma durante la settima settimana di gestazione, in un’area del cervello connessa al sistema limbico implicata nelle emozioni, collegata in modo diretto sia con l’ippocampo sia con l’amigdala. Il feto è già in grado di sentire e riconoscere l’odore della propria madre.

Gli odori arrivano alla sfera emotiva senza alcuna consapevolezza. L’olfatto è l’unico senso attivo anche mentre si dorme, persino nelle persone in stato di coma.

Quando sentiamo un odore conosciuto si attiva subito la memoria, anche se in maniera involontaria.

La maggior parte della nostra memoria è legata a ricordi olfattivi che influenzano il nostro comportamento. Ci sono odori gradevoli per alcuni e sgradevoli per altri: il gorgonzola per qualcuno richiama una fragranza appetitosa, per altri un odore sgradevole.

Cultura, esperienze personali e odori influiscono sull’atteggiamento delle persone.

Ad alcuni aromi sono associati effetti sul nostro umore e pur non essendoci ad oggi prove di efficacia su aromaterapia, esistono evidenze che cambiamo da persona a persona.

Qualche esempio:

  • Limone e agrumi verdi, facilitano la concentrazione
  • Cannella, combatte l’affaticamento mentale
  • Menta, ottima per la creatività e il pensiero collaborativo
  • Lavanda, controlla lo stress emotivo e ha un’azione calmante