21 Apr 2021

NUOVE FIGURE EMERGENTI: I NUOVI “GREEN”

NUOVE FIGURE EMERGENTI: I NUOVI “GREEN”

Negli ultimi anni, molte aziende guardano con particolare interesse a figure professionali “green”. Ma chi sono? Cosa fanno? Quali sono i loro obiettivi? Gli esperti “green” sono esperti della produzione che garantiscono il rispetto dell’ambiente circostante.

L’ATTENZIONE VERSO L’AMBIENTE NEL 2021

La questione ambientale è tuttora al centro di dibattiti giornalieri ed è diventato un problema di vitale importanza. La mobilitazione di proteste e l’organizzazione di scioperi hanno facilitato il passaggio della “questione ambientale” da una posizione di secondaria importanza a una posizione di primissima fascia. Tutto questo, di conseguenza, ha aperto la strada a nuove tecniche in grado di rispettare l’ambiente e di tutelare la salute della popolazione. Ecco perché aziende di tutto il mondo guardano con particolare interesse agli esperti green e al lavoro eco-sostenibile.

LE RICHIESTE PER I GREEN JOB SONO IN CRESCITA

Nel 2017, in Italia, il 9% dei lavoratori è impegnato in mansioni “green”; la percentuale sale nel 2018, arrivando a 13,4% lavoratori, ovvero circa 3 milioni di professionisti. Nel 2019, il 79% delle aziende italiane ha richiesto lavoratori con competenze green, sia con titoli universitari che con diplomi. Dunque, si vede chiaramente come i numeri siano in crescita, e nei prossimi mesi/anni, ci sarà sempre più maggior richiesta di questi profili.

LE PRINCIPALI FIGURE GREEN

Ci sono diverse figure GREEN disponibili attualmente, pur con qualche difficoltà nel reclutamento a causa di un mismatch tra la domanda e l’offerta. Vediamole:

  1. l’architetto sostenibile
  2. l’eco-designer
  3. il progettista dell’edilizia sostenibile
  4. gli amministratori di condominio verdi che si occupano anche dell’ottimizzazione energetica condominiale
  5. il chimico dei rifiuti
  6. l’esperto nella demolizione e recupero materiali
  7. l’esperto nella commercializzazione dei prodotti di riciclo
  8. il legale dei rifiuti
  9. l’ingegnere di ricerca sullo studio dei materiali connessi ai rifiuti
  10. l’energy manager
  11. l’ingegnere energetico
  12. il tecnico dell’efficienza energetica

I seguenti profili non richiedono lauree, ma solo specializzazioni:

  1. gli installatori di impianti di condizionamento a risparmio energetico
  2. i tecnici installatori di pannelli solari e gli installatori di reti elettriche
  3. il mobility manager

Nell’agricoltura del territorio e nell’alimentazione, si possono trovare:

  1. il programmatore agricolo della filiera corta
  2. il programmatore delle risorse agroforestali
  3. l’esperto dello sviluppo rurale sostenibile
  4. chef generici ed eco-chef con conoscenza dei marchi biologici, di qualità e sostenibili

Non ultima novità è quella dell’ecoturismo con la figura del promoter ecoturistico che propone pacchetti di turismo sostenibile.

14 Apr 2021

Il Bacio e i suoi significati

Il Bacio e i suoi significati

Il significato psicologico del bacio è molto ampio. Un bacio può rappresentare un saluto affettuoso, un desiderio erotico o l’amore materno. Ma può rappresentare anche subordinazione e reverenza, ad esempio il bacio all’anello del Papa o il bacio della mano di chi appartiene ad un rango superiore. Un altro significato del bacio tra i più conosciuti è quello del tradimento e della condanna, basti pensare al “bacio di Giuda”. Il bacio però è anche associato ai racconti, ricordiamo ad esempio la fiaba della Bella Addormentata, in cui un semplice bacio provoca il risveglio della principessa.

Quindi, cosa significa davvero un bacio?

Può significare affetto, amicizia, amore, attrazione sessuale, ma anche adorazione, rispetto, accordo, obbedienza, superiorità, inferiorità e ammirazione. Il bacio ha avuto, in senso evolutivo, lo scopo di rafforzare i legami sociali, le relazioni personali e politiche all’interno dei gruppi.

Esistono vari tipi di baci e per ciascuno di essi esiste una storia e un significato. Eppure, il gesto di avvicinare le labbra e di emettere un caratteristico suono, che nel linguaggio onomatopeico è “smack”, è comune in tutti i baci. Il bacio può essere dato sulle labbra, sulle guance, su un anello, sui genitali o in qualsiasi altra parte del corpo; può essere dato ma non ricevuto, oppure dato e ricevuto nello stesso tempo; può essere “asciutto” o “bagnato”, se vi è o meno presenza di saliva.

Ciò che è certo è che non esiste un modo giusto di baciare, l’unico aneddoto possibile è quello di lasciarsi andare, chiudere gli occhi e adattarsi ai ritmi dell’altra persona con la quale si condivide il momento.

Quando due persone si baciano provano un’emozione intensa, che attiva tutto il corpo: si risvegliano i sensi, il desiderio, la sudorazione, la pressione, il battito cardiaco e si calcola che in un minuto vengano bruciate circa 6 calorie, grazie all’accelerazione del ritmo cardiaco ed all’utilizzo simultaneo di circa 35 muscoli del viso.
Nel nostro corpo vi è un aumento di endorfine, molecole del benessere ed entrano in circolo anche altre sostanze, fra cui dopamina, ossitocina, serotonina e adrenalina, la cui azione ci fa sentire eccitati, felici ed elettrizzati.

Oltre a garantire tutti questi benefici il bacio è, nella cultura occidentale, il simbolo per eccellenza del romanticismo, riprendendo una frase dello scrittore Alessandro D’Avenia: “Un bacio è il ponte rosso che costruiamo tra le nostre anime, che danzano sulla vertigine bianca della vita senza paura di cadere”.

14 Apr 2021

COME MIGLIORARE IL CLIMA ORGANIZZATIVO

COME MIGLIORARE IL CLIMA ORGANIZZATIVO

Il clima organizzativo può essere definito come un insieme di credenze, sentimenti e percezioni condivise che i lavoratori hanno riguardo la realtà lavorativa/organizzativa. Quando si prende in considerazione l’azienda o quando si vuole analizzare il benessere al suo interno, è necessario analizzare fin da subito il clima del suo ambiente. Esso ad esempio può essere collaborativo oppure ostile, e questa inclinazione influisce, sia sulla motivazione dei dipendenti, che sulle performance organizzative. Nell’ultimo decennio si è posta sempre più attenzione a tutti quei fattori psicosociali, come il clima organizzativo, che possono incrementare la produttività aziendale.

APPROCCI TEORCI

Dal 1970, ci sono molti studi che hanno approfondito la tematica del clima organizzativo, definendo differenti approcci teorici; qui di seguito ci sono i principali:

  • Approccio strutturale – in questo caso, il clima organizzativo è considerato come una caratteristica dell’organizzazione, che esiste indipendentemente dalle percezioni soggettive dei singoli lavoratori; dunque i clima è considerato come una manifestazione oggettiva che i lavoratori percepiscono.
  • Approccio percettivo – il focus, in questo approccio, è sulle percezioni degli individui riguardo sia le variabili organizzative generali che le varie situazioni specifiche; quindi, in questo caso, il clima è modellato da queste rappresentazioni cognitive create dai lavoratori.
  • Approccio interattivo – questa posizione pone al centro dell’attenzione le interazioni tra i vari membri all’interno dell’organizzazione, in quanto si pensa che le relazioni siano alla base della creazione di un buono o di un cattivo clima aziendale.
  • Approccio culturale – qui si prende in considerazione la cultura organizzativa, che insieme al clima, agisce e modella le relazioni tra i vari membri.

FATTORI CHE PERMETTONO DI INCREMENTARE IL CLIMA ORGANIZZATIVO

Vista l’importanza del clima nel determinare sia il benessere diffuso tra i membri che la produttività aziendale, è interessante studiare quali fattori possono incidere sulla sua determinazione. Tra questi, possiamo annoverare:

  • La motivazione, che è alla base delle performance sia del singolo membro che dell’intero gruppo e permette di lavorare con la massima attenzione e con alti livelli di produttività.
  • Le relazioni tra i colleghi, che sono importanti per creare un ambiente che sia accogliente e che sia coinvolgente nei confronti di tutti, dunque un’idea potrebbe essere mangiare una sera insieme o passare del tempo chiacchierando durante le pause.
  • La coesione tra i membri, che è strettamente legata alle relazioni che ci sono tra di loro e più queste ultime saranno migliori e più i rapporti saranno cementati e ottimizzati, agendo di conseguenza sulla loro coesione.
  • La possibilità di crescita all’interno dell’azienda è un aspetto da non sottovalutare perché se i lavoratori sentono di poter incrementare le loro competenze o di poter migliorare la loro posizione lavorativa, saranno anche più piacevolmente coinvolti e più motivati nel svolgere il lavoro attuale.
  • La formazione professionale, che segue lo stesso principio del punto precedente, in quanto lo sviluppo delle capacità, delle competenze e delle abilità di ogni lavoratore, consente di ottenere il massimo da ogni membro, facendoli sentire allo stesso tempo importanti per la causa.
  • Gli obiettivi devono essere chiari e condivisi, perché la loro trasparenza e la costante comunicazione sono alla base di ogni strategia atta al miglioramento del clima e del benessere di ogni lavoratore.
07 Apr 2021

LA LEADERSHIP NEL LAVORO

LA LEADERSHIP NEL LAVORO

Con il termine “leadership” si intende il rapporto di colui che, in una struttura sociale organizzata, occupa la posizione più elevata in confronto al resto del gruppo. Tale figura viene generalmente definita capo o guida o leader. La leadership è uno dei fattori che fa la differenza quando si lavora in team, in quanto si traduce in maggiori profitti e in minori possibilità di assenteismo, turnover o incidenti.

STILI DI LEADERSHIP

Ognuno ha un proprio stile di leadership che di conseguenza definisce la strategia del gruppo di lavoro. Una ricerca pubblicata da Harvard Business Review nel 2000 ha indicato gli stili di leadership più diffusi:

  • Affiliativo: in cui il leader ha l’obiettivo di creare armonia nel team e nei rapporti, dunque la relazione riveste un ruolo di primaria importanza.
  • Autorevole: il leader impone la propria Vision e crea asimmetrie nelle relazioni, non accettando repliche, quindi in generale, preferisce farsi rispettare piuttosto che farsi ammirare dallo staff.
  • Burocratico: è quella in cui si pone particolare attenzione al rispetto delle regole da parte di collaboratori e dipendenti.
  • Carismatico: il leader motiva, ispira e genera entusiasmo nel team.
  • Coaching: il leader coach, nel tracciare la Mission aziendale, tiene conto dei bisogni e dei valori dei lavoratori; tutto questo migliora sia la quantità che la qualità del lavoro.
  • Coercitivo: il leader richiede immediata conformità alle sue indicazioni, chiedendo obbedienza.
  • Collaborativo: il leader cerca di andare incontro ai bisogni del gruppo di lavoro.
  • Democratico: lo scopo del leader democratico è valorizzare ogni dipendente, chiedendo consigli prima di prendere decisioni, e crea un ambiente partecipativo, che responsabilizza e valorizza ogni singolo membro del team. Questo stile migliora il clima lavorativo e la produttività.
  • Transazionale: in questo caso, tra collaboratori e leader vige uno scambio alla pari.

LE QUALITÀ FONDAMENTALI DI UN BUON LEADER

Le caratteristiche e le qualità che distinguono un efficace leader da uno inefficace sono le seguenti:

  • Fungere da buon esempio: il primo passo per ottenere credibilità e per guadagnarsi il rispetto degli altri è quello di dare per primo il buon esempio. Il suo comportamento è sempre sotto la lente di ingrandimento dei suoi collaboratori, dunque deve essere il primo a dare seguito alla istruzioni e alle regole date.
  • Comunicazione: il leader deve essere in grado di spiegare in modo chiaro e sintetico la propria Mission e gli obiettivi del team.  Egli deve saper fare anche domande opportune e deve chiarire eventuali malintesi.
  • Affidabilità: essa è un punto cardine tra le caratteristiche del buon leader, in quanto i collaboratori lo devono considerare un “porto sicuro”, che li fa sentire a proprio agio e che permette loro di avere chiarimenti tempestivamente.
  • Uso opportuno della delega: un leader efficace assegna le mansioni a ogni dipendente, tenendo presente le loro competenze.
  • Condividere la propria Vision: un leader efficace trasmette la propria visione a tutti i collaboratori in modo chiaro e appassionato, rendendo possibile che tutti possano dare il loro contributo nel raggiungimento degli obiettivi.
07 Apr 2021

DECIDERE O NON-DECIDERE, E’ QUESTO IL PROBLEMA!

DECIDERE O NON-DECIDERE, E’ QUESTO IL PROBLEMA!

Ogni giorno ci troviamo di fronte a diverse scelte e a dover prendere decisioni importanti. Le scelte conducono a delle conseguenze talvolta a nostro favore oppure a nostro sfavore o ad una situazione immutata. Per questo motivo abbiamo paura di scegliere e, di conseguenza paura di sbagliare e inevitabilmente paura di decidere​​.

La paura di decidere è collegata anche ad un’altra paura, correlata alla sfera emotiva che ci condiziona, la ​paura di soffrire​​. A volte però che la continua paura di decidere porta a conseguenze patologiche.

Quando le nostre emozioni prendono il sopravvento nella nostra sfera comportamentale uno dei sintomi più frequenti è il ​congelamento. Di fronte ad alcune decisioni il nostro cervello si blocca ma anche la non-scelta è una scelta.

I motivi che ci spingono a non scegliere e quindi a non prendere decisioni sono:

  • La paura di SBAGLIARE (sbagliare andrebbe ad intaccare la nostra autostima, perdendo fiducia in noi stessi)
  • La paura di ESPORSI (si concretizza nella paura del giudizio degli altri e nel modo in cui gli altri si relazionano a noi)
  • La paura di PERDERE IL CONTROLLO (si realizza quando vi è una situazione di evoluzione e di cambiamento che non sappiamo come gestire, seguita ad una nostra decisione)
  • La paura di NON ESSERE APPREZZATI (si riscontra quando gli altri hanno opinioni avverse alle nostre).

Ciò che aiuta a superare la paura del prendere decisioni è:

  • Delineare con chiarezza l’obiettivo che si vuole raggiungere
  • Trasformare la paura in coraggio
  • Dare voce all’istinto. Sebbene, è importante razionalizzare le decisioni da prendere, seguire le emozioni ci aiuta a superare la situazione di stallo, purché queste non prendano il sopravvento!
31 Mar 2021

Tips sul Public Speaking

Tips sul Public Speaking

Il termine Public Speaking può essere tradotto in due diversi modi: “parlare in pubblico” o “parlare a un pubblico”. Queste due espressioni hanno un significato diverso in quanto è possibile parlare in pubblico senza parlare a un pubblico. La differenza nasce in base alla volontà di coinvolgere il pubblico e renderlo protagonista. Parlare a un pubblico richiede una volontà di farlo e una capacità per realizzarlo, ovvero rendere il parlare efficace e piacevole.

Il P.s. si avvale di precise tecniche performative, cioè di creazione e di messa in scena di un evento; rientra infatti nelle arti della rappresentazione o teatrali.

Ma è pur vero che esibirsi davanti ad una platea di persone attiva ansia e stress. La tensione è elevata soprattutto quando lo si fa per la prima volta poi diminuisce quando il parlare in pubblico diventa più frequente e costante. Ci sono però dei suggerimenti che permettono di migliorare le abilità di Public Speaking.

 

a)       Essere preparati sull’argomento che si dovrà trattare e fare pratica ad esempio videoregistrandosi

 

 

b)      Prima di impostare il discorso è necessario conoscere le persone alle quali ci si rivolge

 

 

c)       È indispensabile organizzare il materiale e avere una scaletta che permetta di attirare il pubblico

 

 

d)      Fondamentale è riconoscere le reazioni del pubblico regolando il messaggio per non risultare monotoni

 

 

e)      Un ottimo alleato per garantire l’attenzione è usare l’umorismo ma anche raccontare storie o esperienze passate

 

 

f)        È importante cercare di non leggere (al massimo sbirciare solo se necessario)

 

 

g)       Usare la comunicazione non verbale in modo efficace è l’arma vincente per risultare disinvolti

 

 

h)      Concludere il discorso con una dichiarazione forte, ciò permette di lasciare un segno

 

 

i)        In ultimo, ma forse il più importante di tutti i consigli è di essere sempre se stessi. Questo permette di risultare credibili e di far si che il pubblico si fidi.

 

 

31 Mar 2021

POTENZIARE L’AUTOSTIMA SUL LAVORO

POTENZIARE L’AUTOSTIMA SUL LAVORO

L’autostima, chiamata anche fiducia in sé stessi, è definita come il processo soggettivo che conduce una persona alla valutazione e all’apprezzamento del proprio valore personale, basato su delle auto-percezioni. Questo particolare aspetto della persone è importante nella vita quotidiana, ma lo è anche nel lavoro.

AUTOSTIMA E RISULTATI

Ci sono persone che acquisiscono fin da subito una buona autostima, ma altre devono lavorarci un po’ di più; questo è ancor più vero a lavoro, in quanto potrebbe capitare di avere un collega che si reputa più reattivo, più geniale e più preparato. In questo caso, per la persona ci vorrà fatica e tempo per poter sviluppare e accrescere la fiducia in sé, perché le esperienze esterne renderanno più complessa la sua formazione e il suo sviluppo. Le persone dotate di autostima sono orientate al raggiungimento dei risultati, dunque rispetto a coloro che hanno bassa fiducia in sé, portano a termine le cose che iniziano e sono sempre disposte ad imparare cose nuove e a lanciarsi in sfide avvincenti. Uno dei maggiori vantaggi dell’avere autostima, sta nel fatto che non si teme l’errore, anzi, esso viene visto come possibilità di miglioramento, anziché come fallimento personale. Quindi, autostima e risultati sono legati reciprocamente e una influenza l’altra. Ad esempio, avere una buona autostima sul lavoro forma una sorta di mentalità vincente, che predispone ad affrontare le sfide che si presenteranno, ma allo stesso tempo, i risultati che si ottengono possono influenzare la fiducia in sé, in quanto, dopo una serie di fallimenti, la considerazione dei propri mezzi e delle proprie capacità ne risentirà indubbiamente.

CONSIGLI SU COME INCREMENTARE LA FIDUCIA IN SÉ

In questo paragrafo ci si concentrerà su dei consigli attraverso cui migliorare e potenziare la propria autostima.

  1. Focalizzarsi sui propri punti di forza – fare una lista delle aree o dei comportamenti che si considerano dei propri punti di forza è molto importante per valorizzarli. Se ad esempio, ci si rende conto di non essere afferrato su qualcosa che sa fare un collega, ci si può anche accorgere di essere più pronto di lui su qualcos’altro e questo permetterebbe, attraverso un’adeguata combinazione, di raggiungere importanti successi.
  2. Imparare a dire di “no” – capita spesso di assecondare eccessivamente le richieste degli altri, anche contro la propria volontà; questo procura frustrazione nel corso del tempo, che a sua volta agisce sulla fiducia in sé, dunque imparare declinare qualche richiesta e a concentrarsi maggiormente sui propri interessi e sui propri piaceri è uno dei primi passi per accrescere l’autostima.
  3. Basta paragoni – le comparazioni sono uno dei motivi principali che porta una persona e/o un lavoratore a considerarsi incapace o inadatto per quella particolare attività/mansione, infatti esse non permettono di vedere ampiamente le proprie capacità, ma costringono la persona a focalizzarsi esclusivamente su ciò in cui pecca in confronto a qualcun altro. Dunque, basta fare comparazioni e basta circondarsi di persone che fanno sentire di essere superiori.
  4. Uscire dalla propria comfort zone – questo è un passo molto importante perché permette di ampliare le proprie capacità, e di conseguenza, di incrementare la propria autostima. Dunque, ad esempio, ci si potrebbe offrire volontari per un progetto o ci si potrebbe ”buttare a capofitto” su un lavoro che si vorrebbe fare, ma che si rende sopra le proprie possibilità. Quindi, coraggio.
24 Mar 2021

Work for Equity

Work for Equity

Un importante beneficio previsto per le startup è il work for equity (articolo 27, Dl 179/2012 – Decreto Crescita 2.0). Tramite questa agevolazione è possibile, da un lato, accedere a prestazioni professionali qualificate e fruire di efficienti strumenti di fidelizzazione del capitale umano, e dall’altro, impiegare minori risorse finanziarie nella fase iniziale dell’attività in cui la liquidità è particolarmente limitata.

Il work for equity è un’opportunità anche per amministratori, consulenti, professionisti e, in generale prestatori di opere e servizi, per la possibilità di essere pagati tramite l’assegnazione di azioni o quote delle startup, ciò significa partecipare al capitale dell’impresa che si sta aiutando a costruire e a crescere.

L’obbiettivo del work for equity è quello di risolvere il problema delle startup di assumere dei professionisti qualificati non essendo ancora stabili dal punto di vista economico, offrendo in cambio quote aziendali.

Riassumendo con il work for equity è possibile:

  • Evitare alle nuove società il peso di un compenso immediato.
  • Consentire ai collaboratori di contribuire e partecipare al raggiungimento del futuro successo delle startup.
  • Dare l’opportunità ai dipendenti di dare un contributo e di partecipare al successo dell’azienda, riconoscendo quote di capitale date in cambio di servizi erogati.
     

    VANTAGGI

     

    SVANTAGGI

     

    Diventare parte di un qualcosa che prima o poi diventerà importante e di valore.

     

     

    L’equity può portare guadagni molto generosi, ma prima di raggiungere il successo è indispensabile avere altre fonti di reddito.

     

     

    Il pagamento dal work for equity ha redditi tax free dal punto di vista fiscale e contributivo.

     

     

    E’ possibile che eventuali investitori futuri valutino meno le quote pattuite in fase di assegnazione, questo comporterebbe delle perdite in termini di lavoro svolto e ricavo delle quote.

     

     

    I dipendenti non gravano sulla società stessa, ma collaborano, seppur rischiando, con la startup dando il loro contributo al successo della stessa.

     

     
     

    Vi è un’elevata coerenza tra l’incentivo e l’obiettivo organizzativo, per cui ogni ruolo viene misurato effettivamente sul risultato del suo lavoro.

     

     
24 Mar 2021

IL PESO DELLA ROUTINE NEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI

IL PESO DELLA ROUTINE NEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI

Molti di noi hanno una giornata frenetica tra impegni lavorativi, famiglia, faccende domestiche, studio, amici, sport. Come fare per gestire tutti questi impegni e tutte queste attività? Serve organizzazione e serve una chiara routine. In questo articolo si comprenderà come mai la routine può essere tanto utile nel raggiungimento dei nostri obiettivi, e automaticamente, nel raggiungimento del tanto sperato successo.

LA ROUTINE: COS’È?

La routine può essere definita come un’abitudine acquisita, nel corso del tempo, grazie alla pratica e all’esperienza. Esse sono positive nella nostra vita di ogni giorno perché ci fanno sentire più sicuri e più tranquilli, quindi, ad esempio, semplifica la scelta tra diverse opzioni, velocizzando il processo. Inoltre, i dottori González e Villega affermano che le routine sono utili per conoscere l’ambiente sociale a partire da quello individuale, in quanto sono funzionali allo sviluppo di conoscenze, competenze, comportamenti, che sono fondamentali nella società.

PERCHÉ LA ROUTINE È UTILE

In questo paragrafo si evidenzieranno i punti che rendono la routine fondamentale per la vita di tutti i giorni.

  • SICUREZZA – la caratteristica più importante dell’essere routinari sta nel fatto di sapere precisamente cosa accadrà e come ci organizzeremo. La prevedibilità delle situazioni e degli eventi futuri permette di essere tranquilli e rilassati. In questo modo si evitano errori, sbagli o inadempienze e scompaiono sia ansia che stress dalla nostra quotidianità.
  • GESTIONE DEL TEMPO – avere delle routine fisse permette un’organizzazione più efficace e più efficiente del tempo, potendo sfruttare maggiormente le ore che si hanno a disposizione. Anche a livello psicologico, questo aspetto è molto importante perché la routine evita la percezione di quel caos eccessivo e fastidioso, permettendo di ottenere un buon equilibrio mentale.
  • COMODITÀ – questa è una conseguenza della sicurezza generata dalla routine perché in ambienti prevedibili, in cui nulla può sfuggire al controllo, si percepisce la sensazione di poter gestire facilmente i propri impegni. Tuttavia, c’è da segnalare che la comodità non è eterna, ci possono essere dei cambiamenti che scardinano le sicurezze, ma in questi casi è importante ritrovare la tranquillità e instaurare nuovamente la prevedibilità in quello che c’è da fare.
17 Mar 2021

IL TIME MANAGEMENT

IL TIME MANAGEMENT

Il time management (o gestione del tempo) consiste in una strutturazione sistematica, basata su delle priorità di allocazione temporale e una distribuzione tra richieste concorrenti. Tutto questo si traduce in una serie di strategie e di pratiche volte alla realizzazione di specifiche attività, progetti ed obiettivi entro un determinato lasso di tempo. È un processo di pianificazione controllo del tempo utilizzato in particolare per aumentare l’efficacia, l’efficienza e la produttività.

Il tempo è una risorsa limitata. È indispensabile scegliere su cosa concentrare i nostri sforzi per evitare il rischio di disperdere le nostre energie e girare a vuoto.

“Non ho tempo” è la constatazione da cui dobbiamo partire per costruire un’efficace gestione delle nostre attività lavorative. Sempre e comunque non abbiamo il tempo per poter riuscire a fare tutto, è appunto per questo motivo che già da oggi eviteremo di sprecarlo.

MA COME SI GESTISCE IL PROPRIO TEMPO?

Saper gestire al meglio il proprio tempo è una delle capacità più importanti da acquisire, e/o migliorare, se nella vita si vogliono realizzare grandi cose, in qualsiasi campo e, soprattutto, in quello lavorativo.

Le strategie di gestione del tempo sono spesso associate con la raccomandazione di impostare obiettivi personali, un progetto, in un piano d’azione, composto da un elenco di attività semplici. Sia per le attività individuali che per gli obiettivi si può stabilire un punteggio di importanza, istituire scadenze e priorità assegnate. Si raccomanda un periodo di programmazione giornaliera, settimanale, mensile o di altro tipo nei diversi campi di pianificazione o di revisione.

La corretta gestione del tempo prevede l’equilibrio tra le azioni che “dobbiamo” fare e quelle che “vogliamo” fare. Se non stiamo gestendo il nostro tempo lavorativo (atteggiamento proattivo) significa che è il tempo lavorativo che sta gestendo noi (atteggiamento reattivo). Nella gestione proattiva delle nostre attività facciamo in prevalenza quello che abbiamo deciso e quindi le cose più importanti, invece nella gestione reattiva facciamo quello che altri o gli eventi ci richiedono (e magari non le cose più importanti).

Ogni giorno, ogni mese, ogni anno abbiamo tutti la stessa quantità di tempo, ma ognuno di noi lo impiega in maniera molto diversa con risultati molto diversi. La causa di mancati obiettivi non va ricercata nella carenza di tempo avuto a disposizione, ma nel come si sono scelte ed effettuate le attività. Non abbiamo bisogno di più tempo, ma di utilizzarlo nel modo migliore per dare più valore al nostro tempo e di conseguenza alla nostra vita.

IMPORTANTE vs URGENTE

Assodato che non possiamo inventarci del “nuovo tempo”, tutto quello che possiamo fare è gestire al meglio quello che abbiamo, organizzando e limitando le azioni inutili che ci rubano del tempo prezioso. Occorre non confondere la quantità di lavoro (ore di lavoro) con la qualità del lavoro (risultati ottenuti e livello di soddisfazione personale) e, soprattutto, ciò che è urgente con ciò che è importante!

Le attività urgenti sono quelle per le quali è indispensabile essere veloci nella risposta o nella reazione, mentre le attività importanti sono quelle attività che danno un ritorno e che è vitale concretizzare.

I TRE GRANDI AMBITI DEL TIME MANAGEMENT

Occorre decidere di dedicare un tempo adeguato alla pianificazione e all’organizzazione del nostro futuro, e passare da una gestione del tempo come “giornate di lavoro da riempire” (dedicare tutto il proprio tempo a disposizione) ad “organizzare azioni calibrate sui nostri obiettivi”.

La maggior parte dei problemi nella gestione del tempo è compreso in tre grandi ambiti:

  • pianificare e programmare il futuro definendo gli obiettivi finali ed intermedi della nostra attività;
  • agire in modo da portare a termine le attività ad alta priorità;
  • gestire le relazioni interpersonali in modo efficace ed efficiente.

La prima regola del time management è “Scegliere cosa fare nel tempo dato”; la seconda è “Scegliere come farlo”, che consiste fondamentalmente in cinque punti fondamentali:

  1. Eliminare gli sprechi di tempo che non danno niente e magari creano un senso di colpa
  2. Dare ordine alle attività, nella vita e nel lavoro, stabilendo valori, priorità e programmi temporali
  3. Adottare comportamenti più efficienti, che migliorino cioè il nostro uso del tempo
  4. Adottare tecnologie e strumenti che ci autodisciplinino e migliorino il rapporto Risultati/Tempo impiegato (come ad esempio, la programmazione delle attività, un’agenda di time management, liste delle cose da fare, time organizer informatici, ecc.)
  5. Imparare a delegare a colleghi, collaboratori, dipendenti tutte le attività che non richiedono il nostro stretto o necessario intervento. Il processo di delega porta con sé anche un movimento di fiducia rispetto alle capacità operative del delegato della sua autonomia.

I LADRI DEL TEMPO

La prima cosa da fare nel “Time Saving” è di individuare i fattori di spreco, i cosiddetti “ladri del tempo“, dopodiché bisogna individuare quelli che dipendono direttamente da noi e quelli su cui, pur non dipendendo da noi, possiamo in qualche modo intervenire. Solo a questo punto, non c’è altro da fare se non eliminarli del tutto o in parte.

Molti sono i fattori che causano perdita di tempo un po’ dovunque:

  • le interruzioni (telefonate, mail, social network, ecc.)
  • l’abitudine a rimandare o lasciare/riprendere lavori incompleti
  • l’incapacità a definire le priorità
  • l’incapacità a dire di “no”
  • l’incapacità a delegare
  • comunicazioni, istruzioni, informazioni non chiare
  • le visite inaspettate
  • le riunioni improduttive
  • la gestione delle crisi
  • voler far troppo in una sola volta
  • la disorganizzazione d’ufficio
  • indecisioni e rinvii
  • collaboratori inadeguati, non preparati
  • attribuzioni di responsabilità non chiare
  • la carenza di autodisciplina
  • la socializzazione.