14 Nov 2018

Cosa sono le Life Skills

Cosa sono le Life Skills

Il termine di Life Skills viene generalmente riferito ad una gamma di abilità cognitive, emotive e relazionali di base, che consentono alle persone di operare con competenza sia sul piano individuale che su quello sociale. Sono abilità e capacità che ci permettono di acquisire un comportamento versatile e positivo, grazie al quale possiamo affrontare efficacemente le richieste e le sfide della vita quotidiana.

“… Le Life Skills sono le competenze che portano a comportamenti positivi e di adattamento che rendono l’individuo capace di far fronte alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni.

 Descritte in questo modo, le competenze che possono rientrare tra le Life Skills sono innumerevoli e la natura e la definizione delle Life Skills si possono differenziare in base alla cultura e al contesto. In ogni caso, analizzando il campo di studio delle Life Skills emerge l’esistenza di un nucleo fondamentale di abilità che sono alla base delle iniziative di promozione della salute e benessere di bambini e adolescenti.” *

Il nucleo fondamentale delle Life Skills identificato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è costituito da 10 competenze

Consapevolezza di sé

Gestione delle emozioni

Gestione dello stress

Comunicazione efficace

Relazioni efficaci

Empatia

Pensiero Creativo

Pensiero critico

Prendere decisioni

Risolvere problemi

Tali competenze possono essere raggruppate secondo 3 aree:

  • EMOTIVE– consapevolezza di sè, gestione delle emozioni, gestione dello stress
  • RELAZIONALI – empatia, comunicazione efficace, relazioni efficaci
  • COGNITIVE – risolvere i problemi, prendere decisioni,pensiero critico, pensiero creativo

“…  Le Life Skills, così come noi le intendiamo, possono essere insegnate ai giovani come abilità che si acquisiscono attraverso l’apprendimento e l’allenamento.

Inevitabilmente, i fattori culturali e sociali determineranno l’esatta natura delle Life Skills. Per esempio, in alcune società, il contatto visivo potrà essere incoraggiato nei ragazzi per una comunicazione efficace, ma non per le ragazze.

Le Life Skills rendono la persona capace di trasformare le conoscenze, gli atteggiamenti ed i valori in reali capacità, cioè sapere cosa fare e come farlo.

Acquisire e applicare in modo efficace le Life Skills può influenzare il modo in cui ci sentiamo rispetto a noi stessi e agli altri ed il modo in cui noi siamo percepiti dagli altri.

Le Life Skills contribuiscono alla nostra percezione di autoefficacia, autostima e fiducia in noi stessi.

Le Life Skills, quindi, giocano un ruolo importante nella promozione del benessere mentale. La promozione del benessere mentale incrementa la nostra motivazione a prenderci cura di noi stessi e degli altri, alla prevenzione del disagio mentale e dei problemi comportamentali e di salute.” *

07 Nov 2018

La social collaboration: l’individuo al centro dei processi aziendali

La social collaboration: l’individuo al centro dei processi aziendali

L’azienda che non riuscirà a ingaggiare i suoi utenti con la stessa esperienza d’uso che questi provano nella quotidianità frenerà di fatto il proprio potenziale d’innovazione. La capacità di far circolare, di gestire e di utilizzare le informazioni per accelerare i processi decisionali è oggi infatti un requisito indispensabile per ogni organizzazione. Ma per soddisfarlo, è necessario che l’innovazione sia orientata alla dimensione umana – a partire dalle capacità di comunicazione e di collaborazione – e che sia supportata da tecnologie – interfacce d’uso e intelligenza artificiale in primis – in grado di non creare discontinuità tra il modo in cui le persone vivono e lavorano.

L’obiettivo è quindi creare e diffondere la conoscenza, e stimolare e governare la circolazione delle informazioni attraverso forme di collaborazione efficienti e flessibili. Le piattaforme di social management rispondono a questa esigenza: da una parte rispecchiano il nuovo trend comunicativo social, dall’altra permettono di gestire meglio i processi, analizzare e storicizzare i flussi comunicativi  per creare una conoscenza aziendale condivisa e al contempo favorire l’engagement tra le persone.

Le aziende italiane stanno cogliendo l’importanza della collaborazione e dei suoi immediati impatti sulle performance aziendali. Da una recente indagine di IDC, emerge che oltre il 50% delle medie e grandi imprese italiane percepisce come benefici dell’adozione di una piattaforma di collaborazione la maggiore affidabilità e la maggiore velocità dei processi e delle persone.

L’imperativo della social collaboration è progettare i processi di comunicazione e collaborazione con l’individuo al centro: il dipendente, il partner, il cliente. Le imprese che ci stanno riuscendo stanno abbattendo i silos aziendali, alimentando la cultura del talento, migliorando l’interazione dell’intera organizzazione sul piano delle conversazioni, dei contenuti e dei dati, con l’ausilio di tecniche di intelligenza artificiale e di machine learning.

Naturalmente, esistono ancora barriere da superare, evidenzia IDC: per esempio, che non tutti i lavoratori sono “knowledge worker” e hanno compreso appieno le potenzialità delle tecnologie digitali; oppure il fatto che sono ancora poche le imprese italiane che investono per favorire l’engagement di tutte le tipologie di lavoratori; infine, che sebbene i modelli SaaS siano più agili, efficienti e a prova di futuro, molte aziende italiane ancora non ritengono il cloud un’alternativa in grado di offrire la sicurezza e i livelli di personalizzazione richiesti.

31 Ott 2018

Mobbing lavorativo: come individuarlo e difendersi.

Mobbing lavorativo: come individuarlo e difendersi.

Che cos’è il mobbing?

La parola “mobbing” deriva dal verbo inglese to mob, che significa accerchiare, circondare, assediare, attaccare, assalire in massa qualcosa o a qualcuno. L’etologo Konrad Lorenz utilizza questa espressione nei suoi studi per indicare il comportamento di alcuni animali della stessa specie che si coalizzano contro un membro del gruppo attaccandolo ed escludendolo dalla comunità di appartenenza.
Negli anni Ottanta, lo psichiatra e psicologo del lavoro tedesco Heinz Leymann applica per la prima volta il termine coniato da Lorenz all’ambito lavorativo in seguito all’osservazione di alcuni operai e impiegati svedesi vessati psicologicamente sul luogo di lavoro. Egli considera il conflitto il presupposto fondamentale per la nascita del mobbing. Poiché il conflitto è caratterizzato dalla divergenza di opinioni ed ogni parte è convinta dell’esattezza delle proprie e non intende scendere a compromessi, è facile intuire come dal conflitto al mobbing il passo sia breve. Ege evidenzia, invece, come tale fenomeno consista essenzialmente in un problema di comunicazione, in un conflitto routinario e in un atteggiamento ostile nei confronti di una o più persone dovuti a sentimenti di rivalsa da parte del mobber verso il mobbizzato. L’Associazione tedesca contro lo Stress Psico-sociale ed il mobbing, fondata nel 1993, ha fornito una definizione ufficiale del fenomeno del mobbing, secondo la quale esso consisterebbe in una “comunicazione conflittuale sul posto di lavoro tra colleghi o tra superiori e dipendenti nella quale la persona attaccata viene posta in una posizione di debolezza e aggredita direttamente o/e per lungo tempo con lo scopo e/o la conseguenza della sua estromissione dal mondo del lavoro”. Questa definizione sottolinea gli aspetti legati a una forma negativa di comunicazione tipica dei luoghi di lavoro che prevedono la convivenza obbligatoria e forzata con soggetti non scelti, ma imposti dall’organizzazione lavorativa. Negli ultimi anni il termine mobbing viene utilizzato abitualmente per indicare quelle forme di violenza psicologica attuata sul posto di lavoro, caratterizzate da comportamenti violenti e oppressori ripetuti nel tempo.
Tra le condotte riconducibili al fenomeno del mobbing si identificano: isolamento, critica,  diffamazione, derisione, affidamento di compiti declassanti, spostamento da un ufficio ad un altro, esclusione dalla comunicazione organizzativa, violenza e molestie sessuali.

Come identificarlo?

Si possono individuare tre criteri basilari che rappresentano gli elementi identificativi del mobbing:

  1. Intenzionalità dell’attività vessatoria e percezione del mobbing;
  2. Carattere asimmetrico della relazione di potere tra l’aggressore (mobber) e la vittima (mobbizzato);
  3. Frequenza e durata delle azioni negative.

Nell’esperienza negativa del mobbing, le vittime sembrano attribuire la causa della loro sofferenza a fattori esterni come ad esempio la personalità sadica dell’aggressore, e dunque la sua effettiva intenzione nel colpirle. Considerando però che il mobbing consiste nel susseguirsi di azioni negative che permangono nel tempo, è difficile pensare che non vi sia l’effettiva intenzione dell’aggressore di creare nocumento.
Per quanto concerne la relazione che intercorre tra gli attori del mobbing è stata posta molta enfasi sulla relazione tra superiore e subordinato considerando le situazioni in cui la vittima percepisce di essere inferiore all’aggressore e di non potersi difendere. Il potere, cioè la capacità di produrre un cambiamento negli altri, è una condizione fondamentale nel funzionamento dell’organizzazione e conseguenti disuguaglianze di potere sono inevitabili.
Riguardo alla frequenza del fenomeno, condizioni di conflitto “momentanee” non sono indicative, ma situazioni in cui i comportamenti vessatori sono all’ordine del giorno e di significativa intensità, determinano un’insostenibilità psicologica che può condurre ad un cedimento psico-fisico del soggetto mobbizzato.

Quali sono le cause?

Tra le determinanti del fenomeno del mobbing si individuano tre aree di indaginepersonalità dei soggetti interessatidinamiche di gruppo e  contesto organizzativo.
Considerando i tratti di personalità si presuppone che le persone siano a priori destinate ad essere dei mobber o dei mobbizzati sulla base delle proprie caratteristiche, indipendentemente dalla specifica situazione. In particolare, le principali categorie di vittime più frequentemente riscontrate dalla Clinica del Lavoro di Milano sono:

  • “i creativi”. Propositivi, innovatori, brillanti, spiccano nel proprio gruppo di lavoro caratterizzato da  valori medi di capacità. Essi possono divenire obiettivi da colpire da parte dei colleghi (mobbing emozionale o orizzontale);
  • “gli onesti”. Soggetti operanti in gruppi molto uniti in cui chi non è complice può essere escluso o emarginato dagli altri (fenomeno tipico nelle manifestazioni di disonestà sul posto di lavoro);
  • “i disabili”. Persone deboli e facilmente escluse e ghettizzate.
  • “i superflui”. Categoria che si costituisce in occasione di fusioni tra aziende, accorpamenti, riorganizzazioni. In questi casi, il mobbing si configura come una strategia di “alleggerimento” del personale (mobbing pianificato dai vertici aziendali)

Un’altra tipologia di soggetti divenuta attualmente “a rischio” sono coloro che hanno un’elevata anzianità lavorativa e, pertanto, hanno un costo più elevato rispetto a risorse più giovani.

Per quanto concerne le dinamiche di gruppo è argomento controverso stabilire quali possano essere i fattori scatenanti dell’emarginazione. L’elemento considerato il più probabile consiste nella diversità del soggetto emarginato dal resto del gruppo. Accade, infatti, che nel contesto lavorativo si costituisca una piccola comunità coesa e chi si discosta da questa può esserne escluso. La figura considerata “il capro espiatorio” possiede perciò caratteristiche comportamentali “devianti” rispetto al gruppo, tali da considerarlo un bersaglio.

Riguardo al fattore organizzativo, invece, le principali determinanti del mobbing riscontrate sono: comportamento inefficace della leadership, carenze nell’organizzazione del lavoro, cattivo clima aziendale. Una leadership autoritaria e accentratrice, fondata sulla critica, sulla supervisione esasperata ed orientata ad una logica di “premi e punizioni”, può favorire un clima sociale poco sereno caratterizzato da competizione e invidia. La leadership dovrebbe ricoprire un ruolo di supervisione nel controllare che siano rispettate le regole in vigore nell’ambiente di lavoro sorvegliando, riconoscendo e risolvendo tempestivamente i conflitti. Non ottemperando a questo dovere promuove volutamente o inconsapevolmente l’escalation del conflitto nella direzione del mobbing. Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, l’Inail (allegato 1 alla circ. n. 71/2003) riconosce quadri patologici ricollegabili a “fattori di costrittività” dell’organizzazione, rappresentati da:

  • Demansionamento, mancanza di adeguati strumenti di lavoro, trasferimenti ingiustificati ripetuti;
  • Attribuzione di compiti declassanti rispetto al proprio ruolo professionale;
  • Prolungata attribuzione di compiti eccessivi che il lavoratore non è in grado di svolgere anche in relazione ad eventuali handicap psico-fisici;
  • Difficoltà o impossibilità all’accesso di notizie;
  • Fornitura di informazioni inadeguate all’ordinaria attività di lavoro;
  • Ripetuta estromissione del lavoratore rispetto ad iniziative qualificanti, formative e di aggiornamento professionale;
  • Forme di controllo esasperate e superflue.

Come difendersi?

La vittima di mobbing mette in atto dei tentativi di fronteggiamento (coping) per difendersi dagli attacchi subiti. Tali strategie di coping attuate dai mobbizzati per affrontare le situazioni di disagio vissute sul lavoro sono:

  • Manifestazione di una forte riduzione del livello di commitment nei confronti del proprio lavoro (abbandono);
  • Strategie di problem solving attivo quali il confronto con i diretti responsabili del loro disagio, o ricerca di conforto e appoggio da colleghi e/o familiari (dialogo);
  • Strategie di problem solving passivo, proseguendo con il lavoro con devozione verso l’organizzazione sperando nell’aiuto del management (fedeltà);
  • Abbandono del posto di lavoro (uscita).

Tali strategie sono tendenzialmente messe in atto con questa successione, poiché le vittime intraprendono un complesso percorso di tentativi diversi per risolvere il problema, dove la scelta di abbandonare il posto di lavoro rappresenta “l’ultima spiaggia”.

Qual è il rapporto tra stress lavoro correlato e mobbing?

Il tema specifico delle molestie e della violenza tipiche del mobbing sul posto di lavoro non è oggetto dell’accordo europeo sullo stress lavoro correlato siglato dal sindacato europeo e dalle associazioni datoriali europee in data 8 Ottobre 2004 (recepito in Italia il 9 Giugno 2008). Tuttavia appare evidente che molte delle dinamiche messe in atto per esercitare maltrattamenti morali sono analoghe ai fattori di stress presenti in organizzazioni inadeguate, anche senza una precisa volontarietà lesiva.
Le condizioni lavorative che causano stress lavoro correlato sono in grado di rendere l’ambiente di lavoro un focolaio in cui possono prender vita fenomeni di mobbing. Di conseguenza, valutare e tenere sotto controllo tutti i possibili stressors legati al contesto organizzativo ed ai rapporti interpersonali sul lavoro, è fondamentale per creare un ambiente che scoraggi l’esercizio di forme di violenza di natura volontaria.

30 Gen 2018

Team Building: cos’è e a cosa serve?

Team Building: cos’è e a cosa serve?

Al giorno d’oggi a livello quotidiano si parla senza distinzione di gruppi o team all’interno delle organizzazioni, ma questi concetti si riferiscono ad un unica definizione o vi sono delle differenze?

Si parla di gruppo solitamente per identificare due o più individui classificati allo stesso modo, mentre, quando si parla di team, si intende un insieme di persone che sono legate tra loro al fine di raggiungere un obiettivo comune.

La differenza è sottile ma fondamentale per comprendere il concetto di team building e perché esso è importante all’interno di un’organizzazione.

Per Team Building si intende proprio il processo di trasformazione di un gruppo di singoli individui in un team coeso, organizzato per lavorare insieme in maniera interdipendente e cooperativa.

Tutto ciò permette di andare incontro ai bisogni e alle richieste dei clienti in maniera consapevole e di raggiungere con successo i propri propositi e obiettivi.

Il Team building solitamente è composto dalle più svariate attività che legano tra loro le persone di un team, incoraggiando la collaborazione e il gioco di squadra. I partecipanti, infatti, attraverso attività diverse , possono imparare a guardare i propri colleghi in un’ottica differente, e a connettersi con gli stessi in diversi contesti.

Lavorare su questo tipo particolare di gruppi utilizzando metodologie innovative e divertenti permette di far vivere in prima persona ai partecipanti lo scambio e il contatto con gli altri in un clima di interazione disteso.

Ciò facilita la possibilità che l’esperienza si trasformi in un apprendimento di successo, facendo comprendere ai partecipanti le regole che fanno parte della vita di un gruppo. Queste, successivamente, costituiranno un’importante risorsa per ogni individuo e potranno essere applicate anche al di fuori del contesto aziendale, per un benessere a tutto tondo.

Un gruppo di lavoro non nasce spontaneamente, per il solo fatto di occuparsi di una mansione simile o comune, ma ha bisogno di essere costruito, e per farlo gli strumenti più importanti sono proprio la condivisione e la formazione.

Queste attività portano ogni singolo individuo ad interagire con gli altri a seconda degli obiettivi, dei metodi, del proprio ruolo all’interno del gruppo, della comunicazione con gli altri e dei feedback che possono essere tratti dalla stessa, dal clima generale e dalla possibilità di crescere insieme.

Psyche at Work si occupa di fornire alle aziende strategie di Team Building efficaci e innovative volte a favorire un clima di benessere aziendale. Ciò aiuta a ridurre al minimo le problematiche relative allo stress e ad un cattivo clima lavorativo, nonché ad aumentare la produttività e la soddisfazione del team aziendale.

Per informazioni, chiarimenti e appuntamenti potete contattare la segreteria organizzativa scrivendo a info@psycheatwork.com o chiamando il numero verde 800.301657.

23 Gen 2018

Stress lavoro correlato: strategie e interventi

Stress lavoro correlato: strategie e interventi

Qual è il ruolo dello psicologo nel contesto aziendale? E perché ogni azienda dovrebbe attivare dei controlli per una valutazione sullo stress lavoro correlato?

Cerchiamo di rispondere a queste domande facendo riferimento alla normativa vigente per capire in che modo un’azienda può avviare valutazioni di questo tipo.

Secondo l’Accordo Europeo riguardante lo stress lavoro correlato del 2004, lo stress è “una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro”.

Cosa significa questo in ambito lavorativo?

Il lavoratore stressato avverte uno squilibrio tra i propri ritmi e quelli imposti dall’azienda nel caso in cui quest’ultima imponga un carico di lavoro eccessivo o inadeguato rispetto alla capacità individuale. Altre cause di stress sul lavoro sono i casi di molestie (fisiche e/o verbali), un supporto inadeguato da parte dei colleghi o dei superiori, non essere coinvolti o informati delle varie decisioni aziendali che riguardano il lavoratore stesso.

Lo stress non è una malattia i cui sintomi sono evidenti a tutti, però osservando bene gli atteggiamenti e i comportamenti dei lavoratori è possibile capire se questi hanno problemi sul posto di lavoro. La cosa più importante è saper riconoscere i sintomi prima possibile per evitare che questo stato emotivo peggiori e porti a una situazione di salute fisica e mentale ben più grave.

Ma come si fa a capire quando lo stress lavoro è arrivato ormai al limite?

In primis, aumentano le assenze sul posto di lavoro (per malattia, morale basso, scarso coinvolgimento, ecc.) ed aumenta la scarsa prestazione del lavoratore che, così, rende di meno e costa di più all’azienda (lavora svogliatamente, è stanco, non è concentrato).

Ancora, aumentano i rischi di incidenti sul lavoro e le assenze causate dallo stress sono molto più lunghe rispetto a quelle causate da altri fattori.

Tutto questo, dunque, a discapito dell’azienda che vede ridurre le prestazioni ed aumentare i costi del lavoro.

Si capisce allora il ruolo chiave dello psicologo all’interno di un’azienda, di un professionista che abbia gli strumenti e le competenze per intervenire in maniera opportuna nell’individuazione e valutazione dei rischi, nell’azione di prevenzione e in quella di sorveglianza.

Ad ogni modo, l’obiettivo della valutazione del rischio stress lavoro correlato è quello di identificare i fattori di rischio in un determinato ambiente lavorativo; lo psicologo del lavoro è figura principale e procede alla valutazione esaminando le criticità emerse, con un miglioramento della vita aziendale e un progressivo aumento della competitività di questa all’interno del mondo lavorativo.

Per informazioni, chiarimenti e appuntamenti potete contattare la segreteria organizzativa scrivendo a info@psycheatwork.com o chiamando il numero verde 800.301657.

09 Gen 2018

Benessere e Lavoro. Lavorare serenamente per aumentare la produttività

Benessere e Lavoro. Lavorare serenamente per aumentare la produttività

Nel 1948, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce il termine ‘salute’ come “stato di benessere fisico, mentale e sociale”. In che modo è possibile spiegare la condizione di benessere nei tre ambiti che sono strettamente collegati tra loro?

Per offrire una panoramica completa occorre soffermarsi sull’ambiente sociale, quello in cui l’uomo è più sottoposto a pressioni ed ansie costanti. Ovviamente non per tutti è così, ma chi di voi non si è mai sentito a disagio almeno una volta nel parlare in pubblico o durante i primissimi giorni in un nuovo ambiente di lavoro?

È, in particolare, dunque, l’ambito sociale che influisce sui primi due, sull’ambito fisico e su quello mentale.

Negli ultimi anni è aumentata notevolmente l’attenzione dello Stato e dell’Unione Europea per tutelare le condizioni di lavoro: basti pensare ad alcuni dati allarmanti, risultati di statistiche che mostrano quanto il livello di stress nei lavoratori sia aumentato anche a causa di un periodo di crisi economica e di incertezza finanziaria, periodo in cui si ha davvero paura di perdere il proprio lavoro da un momento all’altro.

Interventi aziendali a riguardo non mancano ma si può fare molto di più e Psyche at Work, in prima linea nella promozione del benessere aziendale, lo sa bene: prima ancora di intervenire con strategie di miglioramento, bisogna innanzitutto educare i manager e gli imprenditori poiché molti di loro, fermi ancora all’antico concetto di lavoro aziendale, considerano questi interventi delle vere e proprie ‘perdite di tempo’.

Al contrario, investire nel benessere aziendale non apporta solo un vantaggio al lavoratore (che sarebbe meno stressato), ma soprattutto al profitto aziendale. I dati parlano da sé: se il lavoratore è in salute migliora la produttività poiché le assenze per malattia diminuiscono drasticamente; vengono ridotte, inoltre, le indennità e i costi per l’assistenza sanitaria.

In breve, le statistiche dimostrano che per ogni euro investito nella SSL (Sicurezza e Salute sul Lavoro) si ha un ritorno economico di 2,2 euro.

Gli incentivi economici previsti per le aziende, sono un ottimo metodo per spingere le organizzazioni ad investire in lavori e interventi di welfare aziendale. L’Italia, con il regime di assicurazione pubblico, ha predisposto un’offerta che prevede non solo l’abbassamento dei premi assicurativi e delle aliquote fiscali ma anche programmi veri e propri per investimenti nell’SSL.

Psyche at Work ha sperimentato nuove strategie per aumentare il livello di benessere aziendale ed è riuscita a farlo in modo divertente tramite giochi e interventi di gruppo in cui sono stati coinvolti tutti i lavoratori della Merck, multinazionale tedesca.

I risultati sono stati assolutamente positivi e, oltre ad essere intervenuti in ambito di benessere aziendale, molti dipendenti ci hanno ringraziato per aver avuto modo di socializzare e passare una mattinata insieme a colleghi con cui non avevano mai avuto modo di rapportarsi.

Della giornata alla Merck ne parleremo la prossima settimana in un nuovo articolo del blog.

Per informazioni, chiarimenti e appuntamenti potete contattare la segreteria organizzativa scrivendo a info@psycheatwork.com o chiamando il numero verde 800.301657.

20 Dic 2017

Arrivederci a Gennaio!

Arrivederci a Gennaio!

Psyche at work chiude con successo la stagione dei workshop.

Lo staff di Psyche at Work prende una pausa in occasione delle feste natalizie e ne approfitta per ringraziare e augurare buone feste a tutti i partecipanti dei workshop, ai precedenti allievi e a coloro che inizieranno a Gennaio con il corso per Operatore all’Infanzia.

Questo primo semestre, ricco di attività e workshop ha ricevuto un ampio consenso da parte della clientela, felice di aver partecipato a corsi altamente professionali con docenti molto qualificati.

Psyche at Work crede in questo. Crede che per far sì che un’azienda continui il suo percorso sia essenziale curare i propri clienti ed essere a loro disposizione per qualsiasi dubbio o necessità.

Dalla formazione psicologica alle attività pratiche, fino a corsi specialistici dedicati all’imprenditoria, al marketing e alla gestione di inserzioni pubblicitarie, Psyche at Work cerca di offrire sempre il meglio al proprio pubblico per far sì che si diverta e apprenda allo stesso tempo.

Un esempio di questa filosofia aziendale è il workshop pratico dedicato al metodo Montessori, con un’alternanza tra insegnamento teorico ed esercitazioni pratiche durante il quale le partecipanti hanno imparato a realizzare personalmente lavoretti di Natale da riproporre ai propri allievi.

Nell’augurarvi un sereno natale e un felice anno nuovo, vi ricordiamo che dopo le festività natalizie saremo nuovamente operativi con il Corso per Operatore all’Infanzia a Bari, a partire dal 19 Gennaio presso la sede di Psyche at Work in Via Calefati 177.

Forte delle precedenti edizioni baresi del corso, da quest’anno Psyche at Work sarà presente nelle due nuove sedi di Lecce e Matera. A Lecce il corso partirà il 24 Febbraio presso la sede di Vecchio Stampo in Via Sozy Carafa 74, mentre a Matera partirà il 17 Marzo e si terrà presso la sede di Casa Netural in via Galileo Galilei 1.

 

Buone feste dallo staff di Psyche at Work!

18 Dic 2017

*Pillole Operatore all’Infanzia*

*Pillole Operatore all’Infanzia*

Modulo VIII: Marketing online e offline

Negli articoli precedenti della sezione ‘Pillole per operatore all’infanzia’ si è parlato abbondantemente di questioni teoriche e pratiche che riguardano l’apertura di un asilo nido e lo svolgimento delle attività quotidiane assieme ai bambini.

L’ultimo modulo del corso per Operatore all’Infanzia, prevede, dunque, una lezione in due giornate dedicate al tema della sponsorizzazione della struttura avviata.

Sappiamo bene quanto i social siano diventati ormai parte integrante della vita di ciascuno di noi, ma è necessario conoscere meglio i servizi che essi offrono per le aziende. Servizi online che uniti alla pubblicità offline possono diventare il tuo canale preferenziale per aumentare le vendite (in questo caso, per aumentare le iscrizioni dei bambini) e per fidelizzare i tuoi clienti.

Vediamo insieme qual è la differenza tra marketing online e offline e i servizi aziendali che i social offrono alle imprese.

La pubblicità su carta stampata (cartelloni, brochure, volantini, …) non è diventata del tutto obsoleta come molti fautori del digitale continuano ad affermare. La tendenza comune tra gli imprenditori che hanno compreso il valore aziendale dei social è, piuttosto, quella di far avanzare contemporaneamente il marketing online e quello offline.

Il marketing online è sicuramente più immediato, questo non lo si può negare, ed anche chi non è esperto del settore può imparare facilmente a gestire le opzioni per definire il target di utenti, creare campagne di sponsorizzazione e gestire gli Insight.

Non bisogna pensare, allora, che una strategia escluda l’altra. Facciamo un esempio pratico per comprendere meglio il processo mentale dell’acquirente:

Fabio, papà di una bambina di un anno e mezzo, sta cercando per sua figlia un asilo che abbia del personale affidabile, strutture adeguate e un ambiente in cui la bambina possa sentirsi a suo agio. Fabio nota per strada un cartellone pubblicitario di un asilo nido che lo ispira molto, così, tornato a casa, cerca la struttura su internet e Facebook per vedere delle foto dei locali e per leggere le recensioni delle mamme e dei papà che hanno mandato i propri figli in questo asilo.

Fabio, in questo modo, sarà più convinto nel contattare la struttura per un appuntamento.”

Fabio, ovviamente, è un papà-tipo, non esiste realmente, ma esiste realmente, invece, il processo mentale che porta il consumatore a guardare la carta stampata, cercare maggiori informazioni e recensioni di altri utenti e concludere l’acquisto in modo più immediato.

Se Fabio avesse visto il cartellone e, cercando su internet, non avrebbe trovato informazioni sulla struttura, avrebbe sicuramente optato per un altro asilo nido che fornisce più informazioni e rassicura maggiormente gli utenti.

Allora, che cosa aspetti ad imparare le tecniche di marketing più efficaci?

Iscriviti alla IV edizione del corso per Operatore all’Infanzia, in partenza a Bari il 19 Gennaio e, da quest’anno, anche nelle nuove sedi di Lecce (a partire dal 24 Febbraio) e Matera (a partire dal 17 Marzo).

Alla fine del corso potrai decidere se proseguire la tua formazione con un tirocinio da svolgere nelle sedi proposte da Psyche at Work o in strutture di tuo gradimento.

Ti aspettiamo!

27 Nov 2017

*Pillole Operatore all’Infanzia*

*Pillole Operatore all’Infanzia*

Modulo V: Primo soccorso pediatrico [PBLS]

Quando si lavora a contatto con i bambini è inevitabile che si debba essere preparati per eventuali lesioni o graffi dei bambini che, quando giocano sono poco attenti e spesso richiedono l’intervento dell’operatore.

L’operatore, dunque, per essere preparato per eventuali ferite deve conoscere bene le norme di primo soccorso pediatrico, in attesa che arrivi l’ambulanza (nei casi più gravi). Infatti, l’attuazione di procedure più complesse spetta esclusivamente al personale sanitario, mentre il primo soccorso attuato dall’operatore consiste in semplici manovre da mettere in atto per prevenire complicazioni.

Il V Modulo del Corso per Operatore all’Infanzia organizzato da Psyche at Work è dedicato proprio alle tecniche di primo soccorso pediatrico al fine di insegnare alle partecipanti come intervenire in maniera adeguata in casi di incidente o malessere dei piccoli. Vediamo alcuni esempi di tecniche di primo soccorso:

  • Quando si ha a che fare con i bambini più piccini, i casi di incidenti più comuni sono quelli di ingerimento di sostanze tossiche o di corpi estranei, per cui è necessario attuare le principali manovre di disostruzione da corpo estraneo: la più conosciuta è la manovra di Heimlich. Come riportato in foto, ci si deve porre dietro il bambino con una mano chiusa a pugno sull’ombelico ed esercitare delle spinte finché l’oggetto non viene espulso.

manovra-di-heimlich

  • Le azioni base di rianimazione pediatrica possono essere attuate anche da personale non medico senza l’utilizzo di dispositivi sanitari; riconoscere lo scompenso in fase iniziale è la chiave del successo del trattamento. È necessario, innanzitutto, valutare quale sia la frequenza respiratoria del bambino e rendersi conto se vi sia qualcosa che intasi le vie aeree.

images

In tutti i casi sopra citati ed anche nel caso in cui ci si trovi dinanzi a casi di ferite, fratture, trauma cranico, vi sono alcuni accorgimenti che potrebbero permettere un lieve rilassamento del bambino in attesa dei soccorsi: per prima cosa è necessario presentarsi in maniera semplice sia per tranquillizzare il bambino, sia per capire l’entità del danno se questo ha avuto un trauma cranico; essere sempre sorridenti aiuterà il bambino a rilassarsi senza andare in panico; creare un contatto con il bambino toccandogli un piede o una mano lo farà sentire al sicuro; allontanare la folla di gente che potrebbe essersi creata attorno al bambino per farlo respirare.

Questi ovviamente sono solo alcuni degli accorgimenti che possono essere messi in atto in caso di bisogno. I medici dell’IRC, che terranno la lezione del quinto modulo del corso, ti insegneranno ad intervenire e operare nella maniera opportuna nel caso in cui vi fosse necessità.

Psyche at work, con il corso di ‘Operatore all’infanzia’ (in partenza a Bari il 19 Gennaio e da quest’anno nelle nuove sedi di Lecce -dal 24 Febbraio- e Matera -dal 17 Marzo), da anni è attenta anche alla sicurezza e alla salute del bambino per formare personale altamente qualificato.

Il quinto modulo del corso, dedicato a fornire informazioni utili a riguardo, prevede il rilascio della certificazione di Primo soccorso pediatrico [PBLS], titolo preferenziale per l’inserimento lavorativo in strutture per l’infanzia.

22 Nov 2017

Facebook per le ludoteche. Come promuovere via social la tua attività [42]

Facebook per le ludoteche.  Come promuovere via social la tua attività [42]

Manifesti, volantini e cartelloni pubblicitari sono sicuramente efficaci per promuovere la propria azienda ma è necessario essere consapevoli che negli ultimi anni il web ha progressivamente oscurato tutte le tradizionali metodologie pubblicitarie a favore di una visibilità strategica sui social.

Facebook, tra tutti, è lo strumento social più conosciuto ed utilizzato al mondo con i suoi 2 miliardi di utenti attivi mensili. Conosciamo tutti il noto social network ma, probabilmente, sono ancora molti coloro che ignorano le opportunità di crescita delle aziende se queste sono visibili su Facebook tramite una pagina aziendale.

Come creare una pagina aziendale e pubblicare contenuti sponsorizzati? Come monitorare il tasso di crescita?

Attraverso un apposito servizio per le aziende, Facebook for Business, è possibile creare in pochi minuti una pagina aziendale che sia pubblica e il più possibile visibile ad un gran numero di persone. La procedura è uguale a quella della creazione di un profilo privato con un’unica differenza, far sapere a Facebook che la tua è la pagina di un’azienda (o di un’impresa locale, di una comunità o di un artista).

Una volta conclusa la procedura di iscrizione, puoi iniziare a compilare tutti i campi dedicati al riconoscimento della tua azienda (nome, numero di telefono, via, indicazioni stradali). Più sei scrupoloso nel fornire i dettagli, più sarai facilmente raggiungibile per i clienti.

Da questo momento sarai libero di pubblicare foto e video della tua azienda o dei prodotti che vendi e post di vario genere a tua scelta.

Ma davvero basta solo questo per essere visibili? Pubblicare i propri articoli o servizi nella pagina aziendale?

Lo scopo della presenza di un’azienda su Facebook è quello di aumentare l’engagement e fidelizzare i clienti attraverso una strategia di social media marketing. Limitarsi a pubblicare articoli e contenuti senza mettere in atto una strategia online equivale quasi ad essere assenti dal web.

Per ottenere più interazioni ed aumentare le vendite è necessario conoscere Facebook Advertising per creare campagne mirate.

Attraverso questo utile strumento, Facebook ti concede la possibilità di creare inserzioni o notizie sponsorizzate da mostrare a persone che hanno un’età, una posizione geografica o degli interessi che rientrino nel target che hai stabilito.

Ad esempio, per una ludoteca un possibile target di riferimento potrebbe essere un insieme di persone che siano in età adatta ad avere dei figli e che si trovino in zone vicine alla struttura o che abbiano interessi di pedagogia, educazione o infanzia.

Una volta impostata la propria campagna di social media marketing è possibile monitorare gli accessi, le interazioni con i post e le azioni sulla pagina, tramite gli strumenti di Insights che Facebook (come Instagram, Linkedin, etc.) mette a disposizione degli amministratori per avere sotto mano risultati visibili della presenza online dell’azienda.

Il 2 Dicembre Mirco Peragine, esperto di Marketing, durante il workshop ‘Facebook per le Ludoteche: strumenti di engagement online’, ti parlerà di come sponsorizzare la tua struttura per l’infanzia e curare l’immagine dell’azienda sui social; ti fornirà strumenti per utilizzare al meglio Facebook for Business e creare campagne di marketing efficaci.

Per le iscrizioni, è possibile contattare la segreteria di Psyche at Work all’indirizzo info@psycheatwork.com oppure chiamare il numero verde 800.301657.

Sei ancora sicuro che investire nei social network sia una perdita di tempo? Il nostro workshop ti farà cambiare idea.