06 Dic 2017

Tecniche inclusive per bambini B.E.S. [43]

Tecniche inclusive per bambini B.E.S. [43]

La Circolare MIUR n. 8 del 6 marzo 2013 indica alcune linee guida in presenza di bambini con bisogni educativi speciali (B.E.S.). Questo è il documento attraverso il quale il MIUR fornisce informazioni per favorire l’inclusione dei bambini B.E.S.

Cosa significa, in altre parole, l’acronimo B.E.S.? A chi si fa riferimento?

Ad ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, che può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta”.

(direttiva ministeriale 27 dicembre 2012)

 

Dunque, possono esserci casi in cui l’alunno, per un motivo od un altro, abbia maggiori difficoltà rispetto ai suoi compagni e per il quale il processo di apprendimento sia eccessivamente complesso.

Il MIUR identifica tre categorie di alunni B.E.S.:

– Alunni con disabilità

– Alunni con DSA (disturbi specifici di apprendimento), deficit di linguaggio, ADHD (deficit di attenzione e di iperattività)

– alunni con svantaggio sociale, culturale e linguistico

In alcuni di questi casi, come i DSA o i casi di disabilità, è opportuno che si presenti un’apposita certificazione, mentre in tutti gli altri casi è compito del docente considerare se un alunno abbia delle carenze di apprendimento o sia particolarmente svantaggiato.

Cosa può fare il docente per intervenire in maniera opportuna?

In primo luogo, è necessario comunicare la situazione ai genitori, con i quali si spera di poter collaborare al fine di intervenire per il bene dell’alunno. Ad ogni modo, però, compito principale del docente è quello di elaborare un piano educativo individualizzato (PEI).

Il piano educativo personalizzato viene redatto dal docente sulla base delle reali esigenze dell’alunno e della sua situazione di svantaggio: è possibile stabilire delle progettazioni didattico-educative basate sui livelli di attesa minimi, in base anche alle capacità dell’alunno e fornire strumenti compensatori o misure dispensative.

Il workshop organizzato da Psyche at Work, in programma il 15 – 16 – 17 Dicembre è mirato a fornire conoscenze e competenze teorico-pratiche per intervenire in maniera adeguata nei casi in cui siano presenti in classe alunni B.E.S.

Il corso intensivo, della durata di 12 ore, sarà tenuto dalla docente Rita Laneve, Educatrice e Pedagogista, esperta in disturbi dello sviluppo e bisogni educativi speciali. Secondo disponibilità della classe, la lezione di Domenica potrà essente anticipata al Sabato Pomeriggio con orario 14.30-18.30.

Per le iscrizioni, è possibile contattare la segreteria di Psyche at Work all’indirizzo info@psycheatwork.com oppure chiamare il numero verde 800.301657.

04 Dic 2017

*Pillole Operatore all’Infanzia*

*Pillole Operatore all’Infanzia*

Modulo VI: Bandi e finanziamenti per avviare una struttura socio-educativa innovativa: quali scegliere e come presentare la domanda

Ami i bambini e desideri trasformare questa tua passione in un vero e proprio lavoro? Con i nuovi bandi e i finanziamenti messi a disposizione per le nuove imprese è possibile avviare un servizio per l’infanzia ed intraprendere la via per l’autoimprenditorialità.

Ma come ci si muove attraverso le tortuose vie burocratiche? È necessario avere assolutamente una preparazione a riguardo ed avvalersi di figure competenti che possano aiutarci ad evitare inutili noie.

Il sesto modulo del Corso per Operatore all’Infanzia sarà tenuto dal Dott. Francesco Schettini, Pianista Finanziario, che ti aiuterà a capire le fasi che vanno dall’idea al progetto reale e come realizzare un Business Model Canvas.

Innanzitutto, facciamo un po’ di chiarezza. In cosa consiste un business plan aziendale e perché è fondamentale per avviare un’azienda?

Il primo passo per aprire un asilo nido privato (o una ludoteca, un babyparking, un agrinido) è chiedersi, appunto, che tipo di struttura si voglia avviare e passare dunque alla fase della pianificazione, momento nel quale viene definito nel concreto il Business Model Canvas.

Il BMC, dice il suo creatore Alexander Osterwalder, descrive la logica con la quale un’organizzazione crea, distribuisce e cattura valore. In altre parole, è un modello diviso in vari settori che l’imprenditore andrà a sviluppare in base alla propria idea di business. Ad esempio, la sezione ‘Proposta di valore’ presente all’interno del modello, così come si vede in foto, rappresenta il valore aggiunto che l’imprenditore vuole dare alla sua azienda e che permetterà ai clienti di scegliere lui e non qualcun altro.

Nel concreto, una proposta di valore riguardante il tema ‘strutture per l’infanzia’, potrebbe essere il miglioramento degli spazi di gioco, ad esempio con pareti colorate o con giochi innovativi che altre strutture non possiedono. Questo per fare non che un esempio.

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Una delle sezioni più importanti da tener presente per elaborare una propria strategia di business è, poi, quella del rapporto tra costi e ricavi, quindi tenere in considerazione le schede ‘Flussi di ricavi’ e ‘Struttura dei costi’.

Perché questo modello è così importante per le imprese?

Perché permette di innovare un servizio sulla base del ‘visual thinking’, cioè permette di condividere con i soci o i collaboratori le idee aziendali in maniera semplice. In più permette di passare dalla teoria alla pratica elaborando facilmente strumenti e strategie per affrontare un investimento.

Il modulo del corso per Operatore all’Infanzia, dedicato all’argomento, è forse uno dei più importanti: non solo una formazione teorica e pratica sul servizio all’infanzia dunque, ma anche una formazione per avviare una propria struttura, avvalendosi di docenti esperti nel settore.

Il corso è alla sua IV edizione a Bari (a partire dal 19 Gennaio) e nelle nuove sedi di Lecce (a partire dal 24 Febbraio) e Matera (a partire dal 17 Marzo).

27 Nov 2017

*Pillole Operatore all’Infanzia*

*Pillole Operatore all’Infanzia*

Modulo V: Primo soccorso pediatrico [PBLS]

Quando si lavora a contatto con i bambini è inevitabile che si debba essere preparati per eventuali lesioni o graffi dei bambini che, quando giocano sono poco attenti e spesso richiedono l’intervento dell’operatore.

L’operatore, dunque, per essere preparato per eventuali ferite deve conoscere bene le norme di primo soccorso pediatrico, in attesa che arrivi l’ambulanza (nei casi più gravi). Infatti, l’attuazione di procedure più complesse spetta esclusivamente al personale sanitario, mentre il primo soccorso attuato dall’operatore consiste in semplici manovre da mettere in atto per prevenire complicazioni.

Il V Modulo del Corso per Operatore all’Infanzia organizzato da Psyche at Work è dedicato proprio alle tecniche di primo soccorso pediatrico al fine di insegnare alle partecipanti come intervenire in maniera adeguata in casi di incidente o malessere dei piccoli. Vediamo alcuni esempi di tecniche di primo soccorso:

  • Quando si ha a che fare con i bambini più piccini, i casi di incidenti più comuni sono quelli di ingerimento di sostanze tossiche o di corpi estranei, per cui è necessario attuare le principali manovre di disostruzione da corpo estraneo: la più conosciuta è la manovra di Heimlich. Come riportato in foto, ci si deve porre dietro il bambino con una mano chiusa a pugno sull’ombelico ed esercitare delle spinte finché l’oggetto non viene espulso.

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  • Le azioni base di rianimazione pediatrica possono essere attuate anche da personale non medico senza l’utilizzo di dispositivi sanitari; riconoscere lo scompenso in fase iniziale è la chiave del successo del trattamento. È necessario, innanzitutto, valutare quale sia la frequenza respiratoria del bambino e rendersi conto se vi sia qualcosa che intasi le vie aeree.

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In tutti i casi sopra citati ed anche nel caso in cui ci si trovi dinanzi a casi di ferite, fratture, trauma cranico, vi sono alcuni accorgimenti che potrebbero permettere un lieve rilassamento del bambino in attesa dei soccorsi: per prima cosa è necessario presentarsi in maniera semplice sia per tranquillizzare il bambino, sia per capire l’entità del danno se questo ha avuto un trauma cranico; essere sempre sorridenti aiuterà il bambino a rilassarsi senza andare in panico; creare un contatto con il bambino toccandogli un piede o una mano lo farà sentire al sicuro; allontanare la folla di gente che potrebbe essersi creata attorno al bambino per farlo respirare.

Questi ovviamente sono solo alcuni degli accorgimenti che possono essere messi in atto in caso di bisogno. I medici dell’IRC, che terranno la lezione del quinto modulo del corso, ti insegneranno ad intervenire e operare nella maniera opportuna nel caso in cui vi fosse necessità.

Psyche at work, con il corso di ‘Operatore all’infanzia’ (in partenza a Bari il 19 Gennaio e da quest’anno nelle nuove sedi di Lecce -dal 24 Febbraio- e Matera -dal 17 Marzo), da anni è attenta anche alla sicurezza e alla salute del bambino per formare personale altamente qualificato.

Il quinto modulo del corso, dedicato a fornire informazioni utili a riguardo, prevede il rilascio della certificazione di Primo soccorso pediatrico [PBLS], titolo preferenziale per l’inserimento lavorativo in strutture per l’infanzia.

22 Nov 2017

Facebook per le ludoteche. Come promuovere via social la tua attività [42]

Facebook per le ludoteche.  Come promuovere via social la tua attività [42]

Manifesti, volantini e cartelloni pubblicitari sono sicuramente efficaci per promuovere la propria azienda ma è necessario essere consapevoli che negli ultimi anni il web ha progressivamente oscurato tutte le tradizionali metodologie pubblicitarie a favore di una visibilità strategica sui social.

Facebook, tra tutti, è lo strumento social più conosciuto ed utilizzato al mondo con i suoi 2 miliardi di utenti attivi mensili. Conosciamo tutti il noto social network ma, probabilmente, sono ancora molti coloro che ignorano le opportunità di crescita delle aziende se queste sono visibili su Facebook tramite una pagina aziendale.

Come creare una pagina aziendale e pubblicare contenuti sponsorizzati? Come monitorare il tasso di crescita?

Attraverso un apposito servizio per le aziende, Facebook for Business, è possibile creare in pochi minuti una pagina aziendale che sia pubblica e il più possibile visibile ad un gran numero di persone. La procedura è uguale a quella della creazione di un profilo privato con un’unica differenza, far sapere a Facebook che la tua è la pagina di un’azienda (o di un’impresa locale, di una comunità o di un artista).

Una volta conclusa la procedura di iscrizione, puoi iniziare a compilare tutti i campi dedicati al riconoscimento della tua azienda (nome, numero di telefono, via, indicazioni stradali). Più sei scrupoloso nel fornire i dettagli, più sarai facilmente raggiungibile per i clienti.

Da questo momento sarai libero di pubblicare foto e video della tua azienda o dei prodotti che vendi e post di vario genere a tua scelta.

Ma davvero basta solo questo per essere visibili? Pubblicare i propri articoli o servizi nella pagina aziendale?

Lo scopo della presenza di un’azienda su Facebook è quello di aumentare l’engagement e fidelizzare i clienti attraverso una strategia di social media marketing. Limitarsi a pubblicare articoli e contenuti senza mettere in atto una strategia online equivale quasi ad essere assenti dal web.

Per ottenere più interazioni ed aumentare le vendite è necessario conoscere Facebook Advertising per creare campagne mirate.

Attraverso questo utile strumento, Facebook ti concede la possibilità di creare inserzioni o notizie sponsorizzate da mostrare a persone che hanno un’età, una posizione geografica o degli interessi che rientrino nel target che hai stabilito.

Ad esempio, per una ludoteca un possibile target di riferimento potrebbe essere un insieme di persone che siano in età adatta ad avere dei figli e che si trovino in zone vicine alla struttura o che abbiano interessi di pedagogia, educazione o infanzia.

Una volta impostata la propria campagna di social media marketing è possibile monitorare gli accessi, le interazioni con i post e le azioni sulla pagina, tramite gli strumenti di Insights che Facebook (come Instagram, Linkedin, etc.) mette a disposizione degli amministratori per avere sotto mano risultati visibili della presenza online dell’azienda.

Il 2 Dicembre Mirco Peragine, esperto di Marketing, durante il workshop ‘Facebook per le Ludoteche: strumenti di engagement online’, ti parlerà di come sponsorizzare la tua struttura per l’infanzia e curare l’immagine dell’azienda sui social; ti fornirà strumenti per utilizzare al meglio Facebook for Business e creare campagne di marketing efficaci.

Per le iscrizioni, è possibile contattare la segreteria di Psyche at Work all’indirizzo info@psycheatwork.com oppure chiamare il numero verde 800.301657.

Sei ancora sicuro che investire nei social network sia una perdita di tempo? Il nostro workshop ti farà cambiare idea.

20 Nov 2017

*Pillole: Operatore all’Infanzia*

*Pillole: Operatore all’Infanzia*

Modulo IV. Il metodo Montessori: dalla teoria alle attività ludico ricreative

Tra i vari metodi pedagogici utilizzati all’interno delle strutture dell’infanzia, quello più conosciuto e largamente apprezzato è il modello Montessori, garanzia di un’educazione infantile ispirata ai principi di libertà e autonomia del piccolo.

Perché questo metodo pedagogico è così diffuso? E qual è stato il motivo scatenante che ha portato Maria Montessori a rivedere il tradizionale metodo educativo?

La Montessori, brillante studentessa, inizia a frequentare la Regia Scuola Tecnica Michelangelo Buonarroti di Roma. È in questo periodo che inizia a pensare ad un metodo alternativo a quello dell’insegnamento tradizionale, considerato dalla studiosa troppo monotono e rigido.

Lo stato d’animo di sconforto dinanzi alla scuola di allora è alimentato durante gli anni universitari presso la facoltà di Medicina e durante quelli in cui era impegnata come volontaria nella clinica psichiatrica dell’Università di Roma.

In quegli anni si interessò al problema dei cosiddetti ‘idioti’, i bambini minorati, ma la Montessori iniziò a pensare che, a discapito di quello che si credeva allora, il problema degli ‘idioti’ non fosse tanto sanitario quanto piuttosto educativo.

Inizia, dunque, sulla base degli studi contemporanei che man mano si facevano strada, ad elaborare un metodo alternativo per educare i maestri ai metodi speciali per bambini frenastenici (con disturbi mentali) e nel 1900 apre la prima scuola ortofrenica.

“…fu così che interessandomi agli idioti, venni a conoscere il metodo speciale di educazione per questi infelici bambini ideato da Seguin e in genere a penetrare l’idea allora nascente anche tra i medici pratici dell’efficacia di cure pedagogiche per varie forme morbose come la sordità, l’idiozia, il rachitismo…”

Da qui iniziano a delinearsi in maniera più nitida quelli che saranno i principi base del metodo Montessori. Tre sono gli elementi chiave di questa pedagogia scientifica: l’ambiente, il materiale e l’adulto.

L’ambiente deve essere curato e funzionale, un luogo che sia promotore della crescita, entro il quale il bambino e l’adulto si sentano a casa, liberi di sperimentare lo spazio e le dimensioni.

Il materiale è forse l’elemento più importante della pedagogia montessoriana: il tatto, la scoperta della realtà attraverso i sensi, la distinzione del bagnato dall’asciutto, del ruvido dal liscio, dello sporco dal pulito, in maniera autonoma per sperimentare gli oggetti ed imparare a conoscerli.

L’adulto, infine. L’adulto che troppo spesso impone al bambino quello che deve o non deve fare, con cosa deve o non deve giocare. Piuttosto che imporre, secondo la Montessori l’adulto deve saper guidare ed educare senza giudicare, incitare o sostituirsi al bambino.

Il metodo Montessori è garanzia dello sviluppo sano e attivo del bambino, della sperimentazione del proprio io e delle proprie capacità, della crescita di un individuo consapevole.

Psyche at Work questo lo sa da anni e concede ampio spazio ai corsi di impronta montessoriana. Il corso per Operatore all’Infanzia comprende un intero modulo dedicato alla pedagogia Montessori ed è diretto dalla Dott.ssa Rita Laneve, Educatrice e Pedagogista, esperta in pedagogia montessoriana

Il Corso si svolgerà a partire dal 19 Gennaio a Bari e, da quest’anno, anche nelle nuove sedi di Lecce (dal 24 Febbraio) e di Matera (dal 17 Marzo).

15 Nov 2017

Il metodo Montessori a Natale [41]

Il metodo Montessori a Natale [41]

Il periodo natalizio è quello più amato dai bambini. Giochi, regali, atmosfera di festa, luci e pranzi in famiglia.

Anche nelle scuole l’aria è quasi magica; addobbi ed alberi di Natale fanno da cornice ad un ambiente che i piccoli frequentano ogni giorno e che riveste di gioia un periodo così bello.

Quali sono le attività da poter svolgere in classe per attirare i bambini e renderli più partecipi? Il metodo Montessori è sicuramente adatto a questa esigenza.

Per chi insegna già da anni, ma anche per chi è mamma, il metodo Montessori è una garanzia per favorire lo sviluppo del piccolo in modo sano e costruttivo. L’elemento base di questo metodo pedagogico è sicuramente l’esplorazione del mondo circostante attraverso la manualità e i lavoretti in classe.

“Il bambino, come tutti gli esseri umani, ha una personalità tutta sua. Egli porta in sé la bellezza e la dignità dello spirito del creatore, che non possono mai essere cancellate, e per cui la sua anima, pura e sensibile, esige le nostre cure più delicate”

Durante il periodo di Natale ci si può davvero sbizzarrire con la fantasia utilizzando semplici oggetti di uso comune per permettere ai nostri bambini di esprimere il proprio lato creativo e sviluppare le proprie capacità.

La Dott.ssa Rita Laneve, Educatrice e Pedagogista, che sarà docente del workshop organizzato da Psyche at Work il 24 e 25 Novembre ‘Il metodo Montessori a Natale’, organizzerà il corso in modo tale da fornire alle partecipanti delle idee e ispirazioni per lavoretti di Natale da svolgere insieme al gruppo classe.

Sarà, dunque un workshop completamente pratico che permetterà alle partecipanti di mettere in campo le tecniche montessoriane già conosciute a livello teorico.

Che tipo di lavoretti le partecipanti impareranno a realizzare sotto la supervisione della docente? Facciamo degli esempi:

Albero di Natale in stile Montessori utilizzando del feltro colorato e pannolenci per le decorazioni.

albero montessori

Personaggi del presepe creati con la pasta di sale colorata.

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Calendario dell’Avvento realizzato con feltro colorato.

calendario avvento

Se anche tu desideri imparare a realizzare lavori manuali da proporre ai tuoi piccoli per stimolare la loro creatività, il workshop pratico di Psyche at work, in programma il 24 e 25 Novembre, è adatto a te. Il disegno, il lavoro manuale, lo ‘sporco’ dei gessetti colorati tra le dita, aiutano il bambino ad esprimersi in totale libertà, ad essere privo di schemi mentali e a sperimentare appieno, senza limiti e imposizioni, la realtà utilizzando tutti e cinque gli organi di senso.

13 Nov 2017

*Pillole: Operatore all’Infanzia*

*Pillole: Operatore all’Infanzia*

Modulo III. HACCP manipolazione cibi e bevande

L’HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point) è un sistema di autocontrollo igienico che ha lo scopo di tutelare la salute del consumatore.

La normativa HACCP attualmente in vigore, il D.Lgs. 193/07 che ha sostituito il D.Lgs. 155/97, prevede che tutte le aziende del settore alimentare (e con esse, anche quelle che indirettamente gestiscono la manipolazione di cibi e bevande) siano dotate di un sistema di autocontrollo aziendale che garantisca l’igiene dei prodotti alimentari.

Di questo tipo di aziende fanno parte anche quelle strutture dell’infanzia che siano dotate di una cucina interna o che somministrino in qualche modo dei cibi ai bambini. La tutela dei piccoli in questo senso è fondamentale, così come fondamentale è la preparazione degli operatori all’infanzia che operano in contesti simili.

I sette principi fondamentali su cui si basa l’elaborazione di un piano HACCP (fonte: goo.gl/yb47eB) sono:

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  1. Identificare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre.
  2. Identificare i punti critici di controllo (CCP – Critical Control Points) nelle fasi in cui è possibile prevenire, eliminare o ridurre un rischio.
  3. Stabilire, per questi punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano l’accettabilità dalla inaccettabilità.
  4. Stabilire e applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo.
  5. Stabilire azioni correttive se un punto critico non risulta sotto controllo (superamento dei limiti critici stabiliti).
  6. Stabilire le procedure da applicare regolarmente per verificare l’effettivo funzionamento delle misure adottate.
  7. Predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa alimentare.

La normativa attuale prevede anche che le aziende debbano individuare e registrare qualsiasi attività che possa rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti attraverso un proprio manuale HACCP.

Tale manuale deve presentare diagrammi di flusso che mostrino attentamente ogni passaggio degli alimenti dalla fase di acquisizione alla fase di distribuzione, così come devono essere presenti una dettagliata descrizione di tutti gli ambienti della struttura e tutte le informazioni sulla provenienza dei prodotti.

È, dunque, importante che oltre ai requisiti igienico-sanitari siano registrati tutti i movimenti degli alimenti attraverso una documentazione scritta dei controlli effettuati.

Anche la preparazione del personale addetto deve essere certificata con documentazione attendibile ed allegata al manuale HACCP: oltre ai cuochi e aiuto cuochi, anche le educatrici che servono a tavola i bambini hanno l’obbligo di formarsi adeguatamente per ciò che riguarda la sicurezza e la salute negli ambienti di lavoro.

Psyche at work, con il corso di ‘Operatore all’infanzia’ (in partenza a Bari il 19 Gennaio e da quest’anno nelle nuove sedi di Lecce -dal 24 Febbraio- e Matera -dal 17 Marzo), da anni è attenta anche alla sicurezza e alla salute del bambino a livello igienico-sanitario, elementi fondamentali per lavorare a contatto con i piccoli.

Il terzo modulo del corso, dedicato a fornire informazioni utili a riguardo, prevede il rilascio della certificazione HACCP, titolo preferenziale per l’inserimento lavorativo in strutture per l’infanzia.

06 Nov 2017

*Pillole: Operatore all’Infanzia*

*Pillole: Operatore all’Infanzia*

Modulo II. Disturbi dello Sviluppo

I disturbi dello sviluppo sono denominati ‘pervasivi’ perché compromettono in modo pervasivo tutte le funzioni mentali essenziali per il processo evolutivo del bambino.

Dei disturbi dello sviluppo fanno parte: l’Autismo, l’Asperger, la sindrome di Rett, il disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato, il disturbo disintegrativo della fanciullezza.

Di questi, quello più conosciuto e studiato è sicuramente l’Autismo, inteso come sviluppo anormale o, addirittura, blocco dello sviluppo, in un’età compresa tra 0 e 3 anni. Le aree compromesse possono essere quelle del linguaggio e della comunicazione, il campo delle relazioni sociali e la ripetizione continua e stereotipata di azioni e attività quotidiane.

È necessario, inoltre, abbandonare alcuni falsi miti e credenze sull’autismo, come l’eccessiva intelligenza del bambino, la mancanza assoluta di emozioni e sentimenti o la responsabilità dei genitori nell’educazione dei figli.

È sempre vero, invece, che i bambini affetti da autismo hanno difficoltà ad esprimersi correttamente ed hanno uno stile linguistico bizzarro caratterizzato da ecolalia (ripetizione di parole), difficoltà di conversazione e un difficile accesso al linguaggio metaforico e all’ironia. E poi, soprattutto, hanno una grande difficoltà nelle relazioni sociali perché infastiditi dalla presenza o dal contatto con l’altro e da una scarsa iniziativa sociale.

L’intelligenza del bambino autistico è fortemente concreta, difficilmente riesce a ragionare in maniera astratta o a far parte di giochi simbolici (pensiamo, ad esempio, all’interpretazione di un supereroe). Ha, dunque, difficoltà a staccarsi dal dato concreto:

“Mettiamo che tu sappia che lo shampoo è un flacone di una certa grandezza e di un certo colore. E ora nel nostro bagno c’è un flacone minuscolo e papà dice che è shampoo anche quello. È una bugia! Come fai a interpretare le risposte, le regole, l’ordine, a capire se ci si può fidare? Come puoi affrontare tutte le incomprensioni che si verificano, con il tuo autismo? Con l’aiuto di chi ti sta attorno, chiaramente, ma non è una cosa facile per nessuno.”

Il labirinto dei dettagli, Hilde De Clercq

 

Nei casi di autismo diagnosticato un intervento precoce è fondamentale per intervenire nel modo più opportuno. Perché?

Per il fatto che l’identificazione precoce permette di intervenire in un periodo in cui molti processi di sviluppo possono ancora essere modificati. La maggior parte delle diagnosi viene effettuata intorno ai 4 anni, ancora relativamente tardi, quando i genitori si accorgono dei sintomi più evidenti e iniziano a cercare aiuto, ma dei professionisti esperti potrebbero riconoscerne i sintomi già a partire dai 12-13 mesi.

Vi è anche da dire che la difficoltà di una diagnosi precoce è legata anche al fatto che dell’autismo non sono note le cause intrinseche e non si conosce bene la sintomatologia precoce nel neonato.

Il team di Psyche at Work, con il corso di ‘Operatore all’infanzia’ (in partenza a Bari il 19 Gennaio e da quest’anno nelle nuove sedi di Lecce -dal 24 Febbraio- e Matera -dal 17 Marzo) promuove la formazione psicologica affianco a quella pedagogica per fornire una preparazione adeguata nella gestione dei piccoli e comprendere meglio le loro necessità ed esigenze per intervenire in maniera opportuna nei vari casi di difficoltà.

02 Nov 2017

Il bambino aggressivo: normalità o patologia? [40]

Il bambino aggressivo: normalità o patologia? [40]

Urlare, graffiare, picchiare: perché alcuni bambini sentono l’esigenza di comunicare il proprio stato d’animo e la propria insofferenza attraverso comportamenti violenti?

Innanzitutto, è opportuno fare una precisazione. Non tutti i comportamenti aggressivi dei bambini sono indici di problematiche più serie, ma, certo, lo diventano quando possono compromettere la sicurezza propria e delle persone vicine.

Nei primi anni di vita l’aggressività serve come risposta alla tristezza e come modalità esplorativa per conoscere meglio il mondo esterno e richiamare l’attenzione del genitore (si pensi al bambino che tira i capelli della madre o ad un oggetto amato che viene continuamente strapazzato con furia).

Diversa è invece l’aggressività che caratterizza la fascia d’età dai 2-3 anni, periodo in cui il bambino inizia a distinguere l’IO dal TU e l’aggressività continua ad essere utilizzata come modalità esplorativa per comprendere, però, le relazioni, ovvero per capire gli effetti che tali comportamenti hanno sulle altre persone.

Quando l’aggressività si limita a comportamenti di questo tipo, rientra all’interno di un processo di sviluppo normale del bambino.

Il pediatra e psicoanalista Donald Winnicott sostiene che l’aggressività faccia parte del mondo interno del bambino e che sia posta al servizio della crescita: “L’aggressività è un’energia, una forza vitale presente nel bambino sin dalla nascita, quindi ancor prima che possa esprimere i suoi impulsi intenzionalmente”.

Diversamente, invece, sono da considerarsi quegli atteggiamenti che possono compromettere la sicurezza del bambino e delle persone attorno: tali comportamenti, che da aggressivi diventano seriamente violenti, possono essere un campanello d’allarme per problemi più seri, derivanti dai diversi stili genitoriali o da disturbi del comportamento di tipo oppositivo-provocatorio.

Se il comportamento violento è una conseguenza dello stile genitoriale sarà compito del genitore modificare il proprio atteggiamento per far capire al bambino che si comprendono e si accettano le sue paure ma non le reazioni violente.

I figli di genitori autoritari, nervosi o eccessivamente permissivi, sono più soggetti a comportamenti di questo tipo in quanto l’atteggiamento aggressivo potrebbe essere attuato proprio come risposta ai comportamenti aggressivi e di rabbia degli stessi genitori o per attirare attenzioni da parte dei genitori troppo permissivi o distratti.

Quando non è più possibile gestire tali comportamenti ed iniziano a diventare eccessivamente preoccupanti e pericolosi, è opportuno rivolgersi a degli specialisti per assicurarsi che ci si trovi dinanzi a disturbi del comportamento di tipo oppositivo-provocatorio.

Nei bambini con disturbo oppositivo-provocatorio, l’aggressività e la violenza si presentano in modo amplificato tanto da compromettere il loro inserimento sociale. Essendo l’aggressività una componente stabile nell’individuo, si può parlare di disturbo quando l’atteggiamento negativo piuttosto che diminuire con il passare dell’età, persiste nel tempo in forme accentuate.

Alla base del disturbo oppositivo-provocatorio possono esservi fattori biologici, per cui risulterebbero seriamente compromessi il sistema di inibizione del comportamento (che impedisce l’azione quando questa potrebbe portare conseguenze spiacevoli) e il sistema di attivazione del comportamento (che inizia un’azione quando se ne presenta l’opportunità), così come potrebbero risultare alterate le funzioni esecutive e dell’inibizione di risposte non appropriate.

Il 10 e 11 Novembre 2017, la Dott.ssa Grazia Delezotti, Psicologa e Psicoterapeuta, esperta in Autismo e Disturbi dello Sviluppo terrà un workshop incentrato sull’argomento “I comportamenti aggressivi nei bambini: come riconoscerli e intervenire”, per capire come distinguere le normali fasi di sviluppo del bambino dai comportamenti patologici.

Per le iscrizioni, è possibile contattare la segreteria di Psyche at Work all’indirizzo info@psycheatwork.com oppure chiamare il numero verde 800.301657.

30 Ott 2017

*Pillole: Operatore all’infanzia*

*Pillole: Operatore all’infanzia*

MODULO I. Psicologia dello Sviluppo: sfera cognitiva, emotiva e dinamiche familiari

La psicologia dello sviluppo studia l’evoluzione del comportamento e delle capacità dell’individuo durante tutto il percorso di vita. L’obiettivo di uno studio di questo tipo è la descrizione, spiegazione e comprensione dei vari processi di sviluppo lungo tutto l’arco di vita.

Si è generalmente portati a pensare che l’età adulta sia una fase di stabilità e l’età senile una fase di decadimento, ma è errato pensarla così se consideriamo i possibili nuovi apprendimenti degli adulti e le nuove acquisizioni degli anziani dovute alla plasticità neuronale.

Nelle prime fasi di sviluppo, che in questa sede (e per lo scopo del corso) interessano di più, vi è la creazione dei primi legami di attaccamento e il raggiungimento di una iniziale autonomia rispetto al contesto di crescita.

Perché ci interessa molto questo aspetto? Per il fatto che per noi è fondamentale capire le dinamiche che stanno alla base del comportamento infantile e della relazione di attaccamento tra il bambino e la madre (o un altro caregiver) per l’inserimento del piccolo all’interno di strutture educative per l’infanzia.

Il processo di inserimento al nido è formato da tre tappe: accoglienza, distacco, ricongiungimento.

Il momento dell’accoglienza serve ad individuare le strategie comunicative tra il nido e la famiglia, attraverso colloqui preliminari per conoscersi meglio ed instaurare un solido rapporto per rendere più serena la permanenza del bambino.

Al momento del distacco, il bambino si sentirà inizialmente spaesato, molto probabilmente piangerà o si dispererà, ma questo non sempre è un indice negativo, anzi, attraverso il pianto il bambino sfoga la sua frustrazione e la sua rabbia ma queste sono tappe a volte inevitabili, fino a quando il bambino non comprenderà che la madre sarà di ritorno a prenderlo e finché non avrà trovato nelle operatrici delle figure consolatorie alternative alla madre.

Il riconoscimento della centralità delle relazioni familiari del bambino è importante per tutta la durata del nido e, una particolare attenzione, deve essere data al momento del distacco e a quello del ricongiungimento, due momenti ponte che quotidianamente segnano il passaggio e l’ambientamento dalla casa al nido e viceversa.

È proprio per questo che un buon rapporto tra scuola e famiglia è importante sia per genitori che per il bambino: il colloquio di pre-inserimento prima, e il successivo colloquio con l’educatrice durante i primi giorni di inserimento, sono occasioni utili per conoscere la persona a cui affiderete il vostro bimbo, spiegare le vostre esigenze, esporre le vostre ansie e preoccupazioni.

Nei casi in cui vi sia un rapporto di interazione tra i due ambienti, quello scolastico e quello familiare, si riesce a garantire un percorso di crescita del bambino in cui ogni intervento educativo non si esaurisce in se stesso ma è parte di un sistema molto più ampio di relazioni.

Quando tornano a casa i bambini portano all’interno del contesto familiare le sensazioni e gli stimoli vissuti all’esterno, e allo stesso modo accade al contrario che emozioni e sensazioni vissute all’interno della famiglia vengono trasmesse anche nel contesto educativo.

Cosa accade, però, quando viene a mancare un solido rapporto tra scuola e famiglia?

Il bambino viene considerato come individuo slegato dal nucleo familiare e, ignorando i vari legami affettivi, i metodi pedagogici utilizzati si esauriscono in semplici metodologie tecniche che permettono al bambino di svolgere determinate azioni. Questa modalità educativa non tiene conto della realtà sociale nel quale il bambino vive e determina una eccessiva rigidità del servizio infantile.

Il team di Psyche at Work, con il corso di ‘Operatore all’infanzia’ (in partenza a Bari il 19 Gennaio e da quest’anno nelle nuove sedi di Lecce -dal 24 Febbraio- e Matera -dal 17 Marzo) promuove la formazione psicologica affianco a quella pedagogica per fornire una preparazione adeguata nella gestione dei piccoli e comprendere meglio le loro necessità ed esigenze per intervenire in maniera opportuna nei vari casi di difficoltà.