09 Nov 2022

LA MINDFULNESS COME RIMEDIO CONTRO IL BURNOUT

LA MINDFULNESS COME RIMEDIO CONTRO IL BURNOUT

Definizione di burnout e conseguenze sul lavoro
Il burnout è una sindrome da affaticamento accompagnato da un forte stress di tipo emotivo, che si manifesta nei contesti lavorativi. E’ caratterizzato da depersonalizzazione e senso di inefficacia personale. Chi lo sperimenta spesso riferisce di sentirsi come “consumato”, “svuotato”, privo di entusiasmo ed energie. Possiamo identificare, inoltre, un ridotto impegno (con conseguente minor produttività), perdita di creatività e manifestazioni di aggressività nei confronti di colleghi e clienti. Tutto ciò genera malessere fisico e psicologico e innesca la messa in atto di ritardi e assenteismo sul lavoro fino ad arrivare, in taluni casi, all’abbandono dell’organizzazione.

Cos’è la mindfulness? In che modo può essere impiegata per contrastare il burnout?
La pratica della mindfulness punta al raggiungimento della consapevolezza di sé e dei propri pensieri, prestando maggiore attenzione al momento presente. Più nello specifico, essa permette di riuscire a “controllare” i propri stati interni e i pensieri negativi con l’obiettivo raggiungere uno stato di benessere ottimale, dato dall’accettazione di sé e della realtà che ci circonda.

Grazie alle tecniche di rilassamento e meditazione tipiche di tale approccio, essa è in grado di aumentare la flessibilità cognitiva e di ridurre la percezione di inefficacia, oltre che la ruminazione cognitiva.

Inoltre, aumenta la resilienza e può avere un impatto positivo sulla motivazione dei lavoratori e sulle relazioni tra colleghi, con conseguente riduzione di comportamenti di assenteismo.

Visti gli effetti benefici di questa pratica, le organizzazioni stanno implementando sempre più la mindfulness in modo tale da poter contrastare il fenomeno del burnout.

É bene, dunque, che l’utilizzo di questa tecnica venga sempre più diffuso in ambito organizzativo, in modo da sviluppare un più ampio bagaglio di skills, gestire al meglio le situazioni sfidanti e favorire soprattutto un livello ottimale di benessere, risorsa del tutto imprescindibile sul proprio posto di lavoro.

12 Ott 2022

CLARK E WEELS: LE FOBIE SOCIALI E COME AFFRONTARLE

CLARK E WEELS: LE FOBIE SOCIALI E COME AFFRONTARLE

La fobia sociale o ansia sociale è una paura nelle situazioni sociali in cui si interagisce col prossimo o si deve fornire una performance di qualsiasi tipo, insieme al loro evitamento. La maggior parte delle persone con fobia sociale teme più di una situazione. Alla base del disturbo vi è la paura del giudizio negativo, che viene irrimediabilmente esagerata sia nella probabilità che nella gravità delle previste conseguenze negative. Lo studio più importante su questo fenomeno lo si deve a CLARK e WEELS, che nel 1995 formulano un modello teorico basato sull’influenza di due meccanismi sulla prestazione:

  • convinzioni condizionali: La caratteristica principale delle convinzioni condizionali è che sono strutturare in forma SE > ALLORA. SE mi mostro intimorito>ALLORA verrò giudicato. Hanno una componente emotiva ed emozionale molto forte e possono innescarsi senza accorgersene.
  • pensieri automatici negativi: i pensieri catastrofici che invadono quando si è tesi e monitorano la performance come se ci si guardasse dalla prospettiva di un osservatore esterno, per giudicare come si sta svolgendo proprio la performance, inevitabilmente danneggiandola.

Questi due meccanismi deformano la nostra elaborazione di sé come oggetto sociale. Questo continuo automonitoraggio sottrae risorse cognitive al compito e, inoltre, darà di una persona incerta, in ansia, in pericolo con dei chiari sintomi fisici, come nel caso del public speaking e dei classici vuoti di memoria, fino sintomi sempre più gravi come tachicardia, vertigini e vomito. I fobici sociali hanno un’immagine di sé negativa proprio perché si creano un’autorappresentazione, già in partenza, caratterizzata dall’idea di fallimento della performance cercano in tutti i modi di evitarla nella maniera più categorica, attraverso comportamenti protettivi che, come dice il nome stesso, in teoria dovrebbero servire da scudo difensivo dall’ansia e dallo stress della situazione. Lo schema di Clark e Wells mostra quindi come in realtà l’ansia sia il risultato delle convinzioni condizionali, dei pensieri catastrofici e dell’automonitoraggio e come, a sua volta, essa li peggiori.

La terapia ideale per affrontare la Fobia Sociale è mirata al ripristino dell’attenzione sul momento presente e sul compito, rendendo l’individuo più efficace perché libero di concentrarsi su ciò che sta facendo. Padroneggiare l’attenzione, infatti, è l’unico modo per controllare l’ansia in condizioni di stress.

28 Set 2022

GLI ASPETTI NEGATIVI E LE AZIONI POSITIVE PER SCONFIGGERE IL PERFEZIONISMO

GLI ASPETTI NEGATIVI E LE AZIONI POSITIVE PER SCONFIGGERE IL PERFEZIONISMO

In una ricerca pubblicata su “Review of general psychology” si è potuto riscontrare come il fenomeno del Perfezionismo, inteso come attitudine alquanto diffusa ad apparire perfetti e a voler eccellere nel proprio campo professionale, o in generale nella propria vita, stia diventando una tendenza che può sviluppare una vera e propria patologia.

Esistono però due forme di perfezionismo, quella adattiva e quella disadattiva:
nella prima l’individuo risulta meticoloso, organizzato e puntuale nelle attività per il raggiungimento dei propri obbiettivi, mentre la facciata disadattiva è alimentata sia da preoccupazioni costanti sugli eventuali errori, sia da fallimenti a seguito dell’ansia.

Quali sono, quindi, gli aspetti negativi e positivi che caratterizzano questa attitudine?

La convinzione più profonda di essere tutto tranne che perfetti

Una radicata insicurezza può spesso portare a manifestare il bisogno di perfezionismo; può accadere, infatti, che il nostro giudice interiore ci costringa in qualche modo a essere sempre in stato di allerta, tensione e quindi non permettere di rilassarci e far vivere la vita semplicemente per ciò che è.

Il perfezionista nasconde una forte ansia e un bisogno di controllo

L’ansia va a scaturire quello che è il senso di inadeguatezza che spinge i soggetti perfezionisti ad essere alquanto performanti.
A tal proposito, esiste la cosiddetta tecnica della Mindfulness, che aiuta a ridurre lo stimolo costante del fare, migliorare e perfezionare in modo tale da concedersi un momento di relax.
Anche bassi livelli di stabilità emotiva e un forte atteggiamento critico verso sé stessi e il proprio operato, possono contribuire ad aumentare il circolo vizioso ansiogeno.

Coltivare una buona stima di sé

Tra le azioni che si possono mettere in atto vi è quella di coltivare relazioni autentiche:
ciò è importante per la propria autostima in quanto essere sé stessi significa aprirsi con gli altri, condividendo in piena libertà anche i punti di fragilità senza avere la percezione di essere attaccati o giudicati.

Imparare a festeggiare

Per modificare il nostro modo di percepirci, sarebbe utile imparare a festeggiare i nostri successi nella vita con le persone a noi care. Celebrare un momento di felicità o il raggiungimento di un obiettivo è molto importante perché significherebbe dare valore e amore a quel che si sta facendo. Infatti, un aspetto che può avere un forte impatto sulle nostre vite è quello di imparare ogni giorno a essere grati con noi stessi.

Imparare a sbagliare

Un esercizio utilissimo che possiamo mettere in atto ogni qual volta che siamo in preda al perfezionismo è quello di imparare a sbagliare deliberatamente:

Un’azione pratica, per esempio, potrebbe essere arrivare volutamente in ritardo di cinque minuti ad un meeting, oppure darsi un limite nel rileggere una mail prima di spedirla.

Lo scopo di questo esercizio, in primo luogo, è di soffermarsi sull’errore per poter imparare ad ascoltarsi e notare le diverse reazioni emotive che esso ha suscitato in noi; in secondo luogo, l’esercizio sarà molto utile per gestire al meglio il senso di inadeguatezza che ci perseguita.

Le pratiche di consapevolezza per controllare i pensieri intrusivi

Spesso può accadere che l’essere eccessivamente performanti a causa del senso di inadeguatezza che ci pervade, può alimentare il continuo rimugino di pensieri giudicanti.
Imparare a controllare i pensieri attraverso le pratiche di consapevolezza può essere utile per riuscire a vedere quanto già è stato fatto e quanto possano essere assurdi, a volte, certi pensieri intrusivi.

Per concludere

essere perfezionisti non è da considerarsi un male a tutti gli effetti: a volte l’insoddisfazione ci spinge e ci motiva a lavorare meglio, ma allo stesso tempo può diventare tossico, bisognerebbe quindi accettare eventuali fallimenti in alcune circostanze.
Errare è lecito, sbagliare è una vera lezione formativa.

 

 

 

 

 

 

14 Set 2022

LA CURA DELL’ARTE: L’ARTE TERAPIA E LA SUA IMPORTANZA

LA CURA DELL’ARTE: L’ARTE TERAPIA E LA SUA IMPORTANZA

L’arte ha sempre avuto, nella storia dell’umanità, grandissimo valore e spessore, non solo per elaborare una lettura della realtà, ma anche per comunicare impressioni e sentimenti, per trasmettere la felicità, per sviluppare quelle forze propiziatorie utili per raggiungere i propri obiettivi. Per questo Psyche at Work propone il proprio corso di ARTETERAPIA, una metodologia terapeutica che utilizza le potenzialità in possesso di ogni persona, di elaborare creativamente tutte quelle sensazioni che non si riescono a far emergere con le parole e nei contesti quotidiani. Questa forma di terapia si svolge all’interno di laboratori ad hoc dove la figura professionale di riferimento utilizza l’arte come il mezzo per raggiungere il fulcro dell’esperienza, ossia creare un momento di incontro nel quale raccontare il proprio quotidiano e migliorare sé stessi. Questo percorso si basa sul divertimento e sul “principio di scambio” di esperienze, di vissuti, di pensieri, affiancando quindi il momento ludico e divertente alla vera e propria terapia, creando un setting terapeutico che crei empatia con la persona e riesca ad aiutarla a .scoprire, affrontare e risolvere le proprie sofferenze.

 

Il nostro corso, tenuto dalla Dottoressa Lucia Romito (https://www.linkedin.com/in/lucia-romito-84077265/) esperta in Educazione e Animazione Socio-Musicale per l’infanzia, pone degli OBIETTIVI FORMATIVI fondamentali:

 

  • Stimolare la comunicazione e consentire all’individuo di esprimere liberamente le proprie emozioni;
  • Mantenere o stimolare le abilità residue, migliorando la qualità di vita e il benessere psico-fisico;
  • Facilitare i rapporti interpersonali;
  • Coltivare la crescita e lo sviluppo della persona e determinare un cambiamento nell’individuo;
  • Aumentare la consapevolezza rispetto alle situazioni-problema individuali e collettive e migliorare la capacità di self-control;
  • Far acquisire i principi e le tecniche di approccio che utilizzano l’arte con finalità terapeutiche e rieducative.
31 Ago 2022

POST-VACATION BLUES, LA SINDROME DA RIENTRO AL LAVORO

POST-VACATION BLUES, LA SINDROME DA RIENTRO AL LAVORO

La Post-Vacation Blues, ovvero la sindrome da rientro a lavoro, è tra le tematiche attuali relative agli studi psicologici, su cui bisogna sicuramente prestare attenzione per poter fronteggiare lo stress al rientro dalle vacanze.

Spesso si tende a considerarla come una vera e propria patologia, ma è importante fare chiarezza poiché i sintomi della sindrome da rientro a lavoro fanno parte dei disturbi dell’adattamento; questi ultimi comprendono irritabilità, ansia, tensione, sbalzi d’umore, apatia, malinconia, tristezza, senso di vuoto, sensazione di spossatezza e affaticamento, difficoltà di concentrazione, mal di testa, dolori muscolari, disturbi del sonno, disturbi gastro-intestinali e depressione lieve.
Inoltre, è possibile che il rientro al lavoro venga vissuto con sentimenti di sconforto o impotenza, difficoltà di concentrazione o sensazione di perdita delle competenze.

In sostanza, la Post-Vacation Blues è caratterizzata da una condizione di malessere psicologico e fisico che si manifesta alla fine delle vacanze estive, in previsione al rientro nel contesto lavorativo/ambientale e della routine quotidiana.

Ma quante persone sono affette da questa sindrome?

Secondo l’ American Pyschological Association (2018) i benefici delle ferie sono decisamente fugaci; infatti, due persone su tre dichiarano che, rientrando al lavoro, tali benefici scompaiono nell’immediato (24%) o dopo pochi giorni (40%). Circa metà degli intervistati ha dichiarato di dover affrontare, al rientro dalle vacanze, sia il carico di lavoro accumulato, sia i problemi che si sono nel frattempo verificati.

I dati Istat dichiarano che un italiano su dieci soffrirebbe della sindrome da rientro.
Al contrario, lo psichiatra Claudio Mencacci dichiara che essa colpisce il 35% della popolazione tra i 25 e i 35 anni, quindi più di un italiano su tre.

Per prevenire i sintomi della Post-Vacation Blues, è importante attuare diversi accorgimenti al rientro dalle vacanze:

  1. Abituarsi gradualmente ai ritmi lavorativi

Concedersi un periodo di assestamento è importante prima di prendere in mano la routine quotidiana e tornare quindi alla realtà; un paio di giorni possono essere sufficienti, è inoltre importante ricominciare dagli impegni meno complessi.

  1. Resettare il ritmo sonno-veglia

Di solito in vacanza è meno regolare, è quindi importante aumentare nuovamente le ore di sonno.
Inoltre i dispositivi elettronici andrebbero allontanati almeno un’ora prima di andare a dormire in quanto molto attivanti. Leggere un libro aiuterebbe invece il cervello a rilassarsi più dolcemente.

  1. Prendersi cura dell’alimentazione

È importante bere molta acqua e ridurre il consumo di alcolici e caffeina, soprattutto se in vacanza è stato più abbondante del solito: organi quali fegato e reni possono essere appesantiti e avere bisogno di depurativi naturali per facilitare il loro corretto funzionamento.

  1. Praticare attività fisica

Sia lo sport che una semplice camminata a passo sostenuto facilitano il rilascio di endorfine in favore del buonumore.

  1. Non trascurare il piacere

Non dobbiamo limitare le attività che ci piacciono alle sole vacanze, ma è importante praticare assiduamente hobby e attività che ci gratificano, come la pianificazione di un weekend nel breve periodo o l’iscrizione a un corso di ballo o di formazione.

E per chi ha dei figli?

È risaputo che i bambini che vanno a scuola hanno di fatto vacanze molto più lunghe rispetto ad un lavoratore. Passare da mesi di giochi e divertimenti a diverse ore sui banchi può essere molto difficile e stressante, perciò è importante aiutarli a rientrare gradualmente nella routine applicando tutti questi accorgimenti.

Per concludere

Staccare la spina è un bisogno sia fisico che psicologico, fondamentale per il necessario equilibrio tra riposo e attività, responsabilità e leggerezza, dovere e piacere.
Ciascuno di noi ha i propri bisogni e le proprie tempistiche, pertanto, essere più consapevoli ci permette di scegliere il tipo di vacanza e le tempistiche di cui abbiamo bisogno, per rendere il ritorno alla routine il meno traumatico possibile.

 

20 Lug 2022

Il senso dell’Umorismo nei contesti lavorativi

Il senso dell’Umorismo nei contesti lavorativi

Gli studi scientifici dimostrano quanto l’umorismo, inteso come capacità intelligente di rappresentare la nostra realtà con ironia e arguzia, possa portare numerosi benefici alle esperienze dell’individuo, in particolare la costruzione e il mantenimento a lungo termine di relazioni sane.

Numerose ricerche hanno potuto evidenziare che esiste un forte legame tra il lavoro e l’umorismo, in quanto, quest’ultimo, mette in luce aspetti come scherzosità e giocosità sul luogo di lavoro; vediamo, qui di seguito, su cosa l’umorismo può influire in particolare:

Può un sano umorismo diminuire lo stress lavorativo ed aumentare le performance?

Spesso i lavoratori si trovano dinanzi alla classica routine, caratterizzata da attività noiose e ripetitive o giornate in cui si richiede un maggior sforzo lavorativo. Per tale ragione un umorismo sano ha la funzione di alleviare l’ambiente lavorativo e rendere quindi, il più piacevole possibile il luogo di lavoro, offrendo anche la possibilità di discutere di eventi personali in modo da ridurre fenomeni quali ansia e angoscia.

Inoltre, la soddisfazione sul lavoro diminuisce i livelli di burnout, una sindrome da rapido esaurimento emotivo data dal sovraccarico di lavoro: i “commenti divertenti”, infatti, contribuiscono ad aumentare il senso di autoefficacia tra colleghi e aumenta, di conseguenza, la gratificazione lavorativa.

L’umorismo è un prezioso strumento che agisce nelle relazioni sociali

È importante sottolineare come spesso sia difficile esprimere il proprio parere nei contesti di lavoro, spesso caratterizzati da ambiguità e incertezza; l’umorismo in ciò gioca un ruolo fondamentale in quanto è in grado di fornire una via d’uscita, esprimendo, per esempio, un dissenso verso il proprio superiore in modo umoristico e testando così la situazione.

Il sano umorismo, inoltre, ci libera dall’arroganza nel sovrastare gli altri e induce, quindi, a mostrarci più umili. Funge dunque da strumento positivo nell’equilibrare le relazioni di gruppo.

L’umorismo può quindi sviluppare la Creatività

È proprio la creatività, tramite il “pensiero innovativo-creativo”, che consente di cimentarsi nello sviluppo di nuove idee, ma anche di esprimere un pensiero divergente, ovvero “idee non piacevoli” da recepire per chi ci ascolta, senza che si senta offeso o minacciato. La creatività, inoltre, permette di assumere comportamenti meno rischiosi ma soprattutto di mettersi alla prova dinanzi a conflitti costruttivi.

La relazione tra umorismo, creatività e intelligenza

È stato dimostrato, che un utilizzo dell’umorismo più piacevole e creativo del normale presenta, di solito, un quoziente intellettivo più elevato nell’individuo. Uno degli esempi più eclatanti è proprio Albert Einstein, il quale affermò che il suo ingegno, intelligenza e creatività erano dovuti al suo senso dell’umorismo grazie al bambino interiore che continuava a risiedere in lui, guardando il mondo con curiosità, innocenza e con la capacità di ridere e sorprendersi. Infatti, molti studi neuropsicologici affermano che ridere aumenta la produzione di dopamina nel cervello, un neurotrasmettitore in grado di attivare meccanismi naturali che agevolano l’apprendimento.

Un buon leader deve possedere un buon senso dell’umorismo

Abilità, dialogo, empatia e intelligenza non sono le sole competenze che un buon leader deve avere; è importante che sviluppi, come preannunciato, una buona dose di umorismo e creatività.
Mesmer-Magnus e colleghi (2012) nei loro studi, hanno riscontrato che tutte queste abilità indicate portano a migliori prestazioni lavorative, ma soprattutto alla diminuzione notevole di licenziamenti.

Per Concludere

L’umorismo ci permette di osservare gli eventi da un altro punto di vista perché porta benefici al cuore e al cervello, riduce lo stress, rafforza il sistema immunitario e aumenta la produttività individuale e quella lavorativa. Nella promozione del benessere personale e organizzativo ci permette di diventare più flessibili e creativi.

 

 

 

 

06 Lug 2022

IL COPING E LE SUE STRATEGIE: COME CONTROLLARE LO STRESS DELLA VITA QUOTIDIANA

IL COPING E LE SUE STRATEGIE: COME CONTROLLARE LO STRESS DELLA VITA QUOTIDIANA

Come abbiamo già precedentemente visto, lo stress è uno dei fattori che più influenza la compromissione della propria vita privata e lavorativa. Esistono però delle STRATEGIE utili ad ovviare a questo problema tanto comune quanto pressante.

Fra queste, una delle più innovative è il COPING, ovvero, il modo in cui le persone cercano di gestire eventi traumatici o situazioni quotidiane stressanti. Difatti, differendo da individuo a individuo, si arriva a costituire una metodologia unica a seconda della propria persona, del proprio carattere e dei propri bisogni.

Già in molti studi si è evidenziato come il coping possa giocare un ruolo importante nel proteggere o addirittura eliminare le reazioni fisiologiche comunemente ritenute sintomo di stress (Connor-Smith e Compas, 2004).

Ma come funziona il Coping?

Non essendo una realtà univoca, le strategie di coping sono state descritte e classificate in vari modi, e questo dimostra l’effettiva molteplicità delle modalità a disposizione del soggetto. La maggior parte degli studi indica che le strategie di coping svolgono due funzioni principali:

  1. COPING FOCALIZZATO SUL PROBLEMA: ossia, il tentativo di ridurre il rischio delle conseguenze dannose che potrebbero risultare da un evento stressante. Tale tipologia di coping trova espressione in due fattori:
    • Coping Attivo
    • Pianificazione
  2. COPING FOCALIZZATO SULLE EMOZIONI: ossia, il tentativo di contenere le reazioni emozionali negative. Tale tipologia di coping trova espressione, invece, in quattro fattori:
    • Distanziamento (ad esempio, negare l’esistenza del problema o distrarsi)
    • Autocontrollo (non lasciarsi trascinare dalle proprie emozioni)
    • Assunzione di responsabilità (ritenersi più o meno responsabili della situazione)
    • Rivalutazione positiva (vedere la realtà da un punto di vista positivo)

Certamente, come evidenziato da Kobasa (1979), vi è una predisposizione che aiuterebbe nella gestione dello stress, ma questa condizione può essere anche raggiunta ­– da chi sembra non esserne già predisposto – tramite la continua ricerca e il periodico miglioramento. Tale condizione in letteratura prende il nome di “HARDINESS”, e sta appunto ad indicare l’insieme di caratteristiche di personalità che proteggono l’individuo dagli effetti dannosi dello stress e che si compone di controllo, impegno e senso di sfida della persona.

Quali sono i benefici del Coping?

Studi recenti sembrano confermare che le persone con elevato livello di hardiness vedano la propria vita con maggior positività e maggior grado di controllo (Beasley, Thompson e Davidson, 2003). Hardiness e Coping hanno in effetti mostrato un legame diretto con lo stress percepito e le malattie, in quanto alti livelli di hardiness in lavoratori sono risultati collegati a bassi livelli nello stress esperito, una riduzione dei sintomi e, addirittura in alcuni casi, miglioramento nel decorso di patologie potenzialmente fatali (Soderstrom, Dolbier, Leiferman, e Steinhardt, 2000). Inoltre, considerando il rapporto che intercorre tra coping e benessere, diversi studi (ad es. Zani e Cicognani, 1999) hanno ben evidenziato come sintomi depressivi, di ansia, alimentari e della personalità siano fortemente associati (forte correlazione negativa) con l’applicazione delle strategie di Coping per un aumento della salute psicologica e fisica.

In sintesi, la letteratura sull’argomento è concorde nel sostenere come buone strategie di coping siano positivamente associate al benessere psicofisico degli individui e negativamente associate ad alti livelli di stress e allo sviluppo di quadri psicopatologici.

22 Giu 2022

MIGLIORARE I PROPRI LEGAMI MEDIANTE LE ABILITA’ SOCIALI

MIGLIORARE I PROPRI LEGAMI MEDIANTE LE ABILITA’ SOCIALI

Per interagire con gli altri in modo adeguato, utilizziamo in modo strategico quelle che vengono definite come abilità sociali. In genere, quest’ultime, hanno bisogno di essere apprese e sviluppate, anche se in molti individui vi è una certa predisposizione ad avere queste abilità sin dalla nascita.

Al contrario di quanto si possa pensare, possedere abilità sociali non significa essere estroversi o avere tanti amici o follower sui social, bensì essere in grado di stabilire ed elaborare relazioni con gli altri, evitando conflitti e costruendo relazioni sane e durature.

A tal proposito, vediamo insieme, nel dettaglio, tutti i fattori che possono influenzare le nostre abilità sociali:

Avere autostima significa accettare e valorizzare sé stessi
Spesso attribuiamo all’autostima un’accezione negativa, ma possedere questa abilità non significa sentirsi migliori degli altri, essere conformisti o passivi; al contrario, avere autostima significa perdonare facilmente i propri errori e cogliere gli aspetti positivi anche dalle piccole cose.

L’ autocontrollo è la capacità di gestire le emozioni
Avere autocontrollo significa porre volontariamente dei limiti a nostri comportamenti ed è importante per non danneggiare sé stessi o chi ci circonda; non va confuso, quindi, con la capacità di reprimere le nostre emozioni. Nello sviluppo delle abilità sociali l’autocontrollo è un fattore decisivo, in quanto attribuisce unicamente la responsabilità a sé stessi.

L’ assertività consente di far valere i propri punti di vista, bisogni ed esigenze nel rispetto dei diritti ed esigenze altrui.
Essere assertivi è una qualità frutto dell’apprendimento e della pratica, soprattutto se sono i nostri genitori ad insegnarla. A tal proposito, l’empatia gioca un ruolo fondamentale nell’aiutarci ad esprimere le nostre idee ed emozioni.

L’ empatia è una colonna portante delle abilità sociali
Essa è un’abilità che, come abbiamo preannunciato, si lega molto bene con l’assertività:
Infatti, non vi è modo di avere buoni rapporti con gli altri senza un’elevata dose di empatia, che permette, quindi, di percepire e rispettare i sentimenti altrui.
La persona empatica, inoltre, facilita il riconoscimento, il valore e il rispetto della diversità, contribuendo a rendere a sua volta empatico chi la circonda.

Una buona conversazione è data dallo scambio coerente ed equilibrato di informazioni, idee e sentimenti.
La comunicazione è un’abilità sociale fortemente legata all’assertività: infatti, si presume che le persone coinvolte stiano parlando di qualcosa di cui vogliono veramente parlare, esprimendosi e ascoltandosi a vicenda, senza il desiderio di imporsi sull’interlocutore.

La persuasione è un’abilità caratteristica dei leader
Una persona persuasiva è in grado di influenzare convinzioni, comportamenti, atteggiamenti, intenzioni e motivazioni altrui; ma quando la persuasione può definirsi sana?

Una sana persuasione si basa sull’impegno concordato, sull’autorità morale e sulla reciprocità; per comprenderla al meglio, possiamo schematizzarla in questi tre semplici esempi:

  • “Accetto quello che dici perché hai validi motivi per dirlo.”
  • “Non mi menti e credi in quello che dico.”
  • “Accetto di fare quello che suggerisci perché dai l’esempio e posso fidarmi di te.”

La presenza, ovvero, come facciamo sentire gli altri
In presenza di alcune persone proviamo armonia e serenità, altre persone, invece, ci sfiniscono in pochi minuti. La presenza dipende dall’atteggiamento che abbiamo nei confronti degli altri, dalle aspettative e dalle richieste consce e inconsce di fronte all’altro. In altre parole, è ciò che chiamiamo colloquialmente come “vibrazioni” buone o cattive.

Per concludere
Migliorare le nostre abilità sociali significa migliorare anche la nostra qualità di vita; per fare ciò, bisogna guardarsi dentro piuttosto che guardare le relazioni con gli altri. È quindi lecito domandarsi:
Quali di queste abilità devo rafforzare per avere legami sociali migliori?

08 Giu 2022

COME BILANCIARE GRINTA E PASSIONE PER PERSEGUIRE I NOSTRI OBIETTIVI

COME BILANCIARE GRINTA E PASSIONE PER PERSEGUIRE I NOSTRI OBIETTIVI

Si tende spesso ad attribuire agli elite performers il fatto che dispongono di qualità innate per perseverare ed eccellere nel loro campo, ma, al di là di questo aspetto, è lecito domandarsi:

Esistono aspetti della personalità da cui origina l’eccellenza?

Se esistessero, potremmo impegnarci a coltivarli per migliorare la nostra prestazione negli ambiti di nostro interesse (siano sport, lavoro o tempo libero) ed aumentare, quindi, il nostro benessere e la nostra soddisfazione.

A tal proposito, le teorie motivazionali forniscono delle risposte utili a inquadrare i processi o i tratti di personalità, generati dagli sforzi individuali della persona, per il raggiungimento del risultato desiderato.

Cosa spinge una persona ad essere grintosa?

È proprio il costrutto di grinta a cogliere quegli sforzi individuali, di tipo non cognitivo, che promuovono il perseguimento di obiettivi a lungo termine. La persona grintosa, infatti, affronta le sfide e mantiene alti i livelli di impegno e interesse nonostante i possibili fallimenti; inoltre, dimostra di possedere un alto grado di resistenza, vedendo noia e sconforto come segnali per proseguire con costanza e dedizione. Secondo gli studi, quindi, la grinta è alla base della performance di alto livello in molti campi dell’esperienza umana.

Quali sono gli effetti della grinta sul benessere psicologico?

La ricerca dimostra come ad alti livelli di grinta si associno maggiori livelli di percezione di benessere soggettivo, speranza e ottimismo, così come livelli inferiori di stress, ansia e depressione.

Infatti, le due dimensioni della grinta, ovvero la passione e interesse per il compito, insieme alla perseveranza nel raggiungere gli obiettivi sono tre elementi che, insieme, permettono la realizzazione della felicità, nel senso di provare piacere per ciò che si fa, impegnarsi in modo genuino e sapere perché lo facciamo.

Ma cos’è la passione?

La passione è un sentimento che genera soddisfazione e felicità interiore per le attività che stiamo realizzando, infatti, essa nasce senza forzare l’attività in cui siamo impegnati.
Inoltre, la passione genera elementi quali perseveranza e motivazione, aiuta a mantenere in vita i nostri sogni e i nostri obiettivi e ci spinge a fare quel che ci piace.

È possibile tornare a fare ciò che ci piace?

Riportare al presente il nostro bambino interiore è un qualcosa che può aiutare a ritrovare entusiasmo, aggiungendo curiosità e interesse in quel che si fa come se fosse la prima volta.
Tuttavia, non è sempre facile connettere le nostre passioni, man mano che diventiamo adulti assimiliamo credenze atte a limitarci e allontanarci da quella che si presenta come la nostra essenza più naturale e spontanea.

Ma attenzione ai risvolti negativi!

La passione può anche diventare ossessione e causare, quindi, comportamenti disadattivi e talvolta problematici. Può essere un esempio il portare al termine diverse relazioni per conseguire un obiettivo professionale.

 

E se non fosse tutto lavoro quel che luccica?

Come disse Confucio: “Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita”. Infatti, vivere con passione significa godere intensamente di ogni momento, vedere il lato positivo di ogni circostanza, apprezzare ciò che si ha e capire che al di là degli obiettivi, del lavoro e dei sogni c’è la realtà.

Per concludere

A volte non basta solo la grinta per perseguire i nostri obiettivi, perché spesso ci dimentichiamo dei nostri sogni e desideri dedicandoci ad una vita rigida, succube di obblighi giornalieri; infatti, anche i sogni sono il timone che può governare e dare un senso alla nostra vita!

 

25 Mag 2022

OTTIMISMO: COME RITROVARE LA FELICITA’

OTTIMISMO: COME RITROVARE LA FELICITA’

Oggigiorno, la nostra società ruota attorno al raggiungimento della propria felicità, alla cura di sé e al benessere personale.

In questo senso si sente sempre più spesso discutere di ottimismo e di come questo tratto permetta di vivere una vita piena e ricca di benessere.
Come evidenziato dalla ricerca, l’ottimismo è infatti uno dei tratti di personalità più importanti per il benessere psicologico, si configura come una risorsa emotiva che contribuisce in modo diretto alla nostra salute mentale.

L’ottimismo è una capacità innata?
Lo psicologo Dacher Keltner, docente all’Università di Berkeley, sostiene che le persone sono biologicamente predisposte ad essere ottimiste a causa di un meccanismo di sopravvivenza: Il cervello dà sempre priorità ad ottimismo, evoluzione e resilienza dinnanzi a una sconfitta.

Si può diventare ottimisti? Quali sono gli effetti positivi?
Martin Seligman, padre della psicologia positiva, sostiene che, nonostante ci siano predisposizioni innate, tale tratto può essere acquisito anche dalle persone più pessimiste. Vivere in modo ottimista porta ad un miglioramento della salute fisica, nei processi di decision making e, più in generale, nella qualità della vita. E’ inoltre anche un antidoto efficace contro stress e ansia in quanto provoca maggiore motivazione e fiducia in sé stessi e nel futuro.
La persona ottimista presenta, in genere, stili decisionali razionali e logici, caratterizzati dalla capacità di cercare informazioni, una maggiore definizione degli obiettivi e la capacità di definire piani alternativi.

Ma come possiamo concretamente “allenarci all’ottimismo”?

Studi recenti suggeriscono alcune semplici strategie che possono aiutarci a rafforzare la nostra capacità di pensare positivo:

Pensare a breve termine
Porsi obiettivi realistici che possono essere raggiunti in pochi giorni, favorisce l’abbassamento dei livelli di stress e dà una maggiore sensazione di controllo. Quello che accadrà tra un anno è un incognita e concentrarsi su quel vuoto può creare malessere.

Smettere di guardare indietro
Pensare troppo al passato potrebbe portare ad una sensazione di nostalgia e ciò non permette di andare avanti nella propria vita. Bisogna allenare il cervello a mantenere viva la speranza per arrivare ad un maggior controllo dei propri pensieri.

Dare un senso alle piccole cose
Avere valori, passioni o obiettivi da raggiungere nella vita di tutti i giorni ci offre un appiglio per sentirci sicuri, esattamente come un faro capace di illuminarci il futuro. Un modo per applicare nel concreto quest’ultima strategia è quello di un utilizzare un diario su cui trascrivere tutte le cose per cui ci sentiamo grati o che ci hanno fatto sentire bene durante la giornata.

La tecnica dell’ABCD di Seligman
Lo scienziato Daniel Seligman ha strutturato un’ottima e valida tecnica per esercitarsi con il pensiero positivo. Essa si basa sulla presa di coscienza dello sviluppo dei propri pensieri e sull’elaborazione delle emozioni che ne derivano. Si divide in quattro sezioni:

A – Si tratta di avversità, anche molto semplici. Sono eventi descritti con imparzialità come, ad esempio, un rubinetto che perde, una grossa spesa, una disattenzione da parte del partner o un bambino che piange.

B – Si tratta dei pensieri immediatamente successivi ad un evento, ovvero l’interpretazione dell’avversità “il rubinetto perde per colpa mia”, “il mio amico è arrabbiato con me”.

C – Sono le conseguenze dei pensieri; questa sezione indaga come si è sentito il soggetto, e cosa ha fatto, come conseguenza di tale pensiero. Ad esempio: “non avevo energia”, “sono tornato a letto”.

D – La disputa è invece il rimedio per i pensieri negativi che accompagnano le avversità, essa mette in discussione le convinzioni, quindi i pensieri (B). Ciò può avvenire solo dopo aver preso consapevolezza del legame tra emozioni di disagio (C) e pensieri (B). L’individuo deve quindi contestare in modo deciso le condizioni che seguono le avversità, e per fare ciò è importante farsi domande quali:
“Ci sono prove che giustificano il mio pensiero?”, “Ci sono spiegazioni alternative?”, “Quali sono le implicazioni anche se i miei pensieri sono corretti?”, “Mi è utile soffermarmi su questi pensieri?”.

Una volta compresi questi concetti, è importante prendere nota su un foglio, per sette giorni consecutivi, di tutte le avversità affrontate durante la giornata e cercare con attenzione il collegamento tra il pensiero e la sua conseguenza.

Questa pratica permette dunque di prendere consapevolezza del fatto che le spiegazioni pessimistiche scatenano la passività e lo sconforto, mentre le spiegazioni ottimistiche generano energia.